Caso Orlandi, le ossa ritrovate a Roma appartengono a una donna

A rivelare il sesso dello scheletro un primo test sul bacino ritrovato. La storia di Emanuela Orlandi, dall'inizio alla possibile svolta di oggi

Caso Orlandi, le ossa ritrovate a Roma appartengono a una donna

Sono ossa di una donna. E a rivelarlo è stato un primo esame sui resti ritrovati nella sede della Nunziatura apostolica di via Po, a Roma. L'evidenza, emersa dal test sul bacino, mostrerebbe facilmente il sesso, femminile, della persona. Quei frammenti, rinvenuti nell'edificio del custode, adiacente alla struttura, insieme a un altro scheletro, forse potrebbero essere collegati al caso di Emanuela Orlandi. Nelle prossime ore, saranno sentiti, dalla Procura di Roma, i quattro operai addetti al rifacimento della pavimentazione, perché proprio loro avrebbero ritrovato il materiale osseo durante i lavori. Laura Sgrò, avvocato degli Orlandi, ha domandato chiarezza sul perché quel ritrovamento sia stato messo in relazione proprio al caso di Emanuela Orlandi o di Mirella Gregori, entrambe sparite in circostanze mai chiarite nel 1983.

Chi è Emanuela

Indossa dei jeans chiari, una camicia bianca e le scarpe da ginnastica. Nel giorno della sua sparizione, il 22 giugno 1983, Emanuela Orlandi ha solo 15 anni, compiuti da qualche mese. La giovane, cittadina vaticana, è la quarta figlia di un commesso della Prefettura della Casa Pontificia. E dalle 19.30 di quel pomeriggio estivo, di lei si perde ogni traccia.

La ricostruzione: il pomeriggio della scomparsa

È una studentessa e ha appena finito il secondo anno di liceo scientifico. Ma frequenta anche il "Tommaso Ludovico da Victoria", una scuola di musica collegata al Pontificio Istituto di Musica Sacra, poco lontano da Palazzo Madama, in piazza Sant'Apollinare. Ci va tre pomeriggi a settimana, per le lezioni di pianoforte. La ragazza raggiunge sempre l'istituto con l'autobus. Secondo quanto raccontato da alcuni testimoni, quel pomeriggio Emanuela entra in ritardo, trafelata. Lo conferma un'amica dell'epoca, Raffaella Monzi, che ricorda il dettaglio perché la giovane, solitamente, risulta invece essere molto puntuale. Prima del termine delle lezioni, durante la prova di canto corale, la ragazza lascia l'aula per fare una telefonata a casa. Alla chiamata risponde la sorella: Emanuela le racconta di aver ricevuto, da un uomo, una proposta di lavoro fermandola per strada, ma dall'altro capo del telefono le viene sconsigliato di accettare. È l'ultimo contatto della ragazza con i familiari. Secondo Suor Dolores, direttrice della scuola di musica, Emanuela avrebbe chiesto al professore di canto di uscire dieci minuti prima per un impegno. Alla fermata degli autobus raggiunge due compagne di scuola (tra cui Raffaella). Sono, probabilmente, le ultime a vederla viva. Le tre si dividono, perché Emanuela decide di non salire su uno dei mezzi, troppo affollato. Alle amiche dice che aspetterà il successivo, ma da quel momento, di lei, non si sa più nulla.

L'allarme della famiglia

Alle 3 di notte, non vedendola rientrare, i genitori di Emanuela chiamano la direttrice dell'istituo. Chiedono a Suor Dolores di verificare se qualche compagna di corso avesse notizie della figlia. Intanto, la Polizia consiglia di aspettare a diffondere un allarma. Le forze dell'ordine pensano che, forse, la ragazza è ancora con le sue amiche. In ogni caso, nelle ore successive viene presentata denuncia di scomparsa. Il 24 e il 25 giugno, l'annuncio sui quotidiani romani Il Tempo, Il Messaggero e Paese Sera della sparizione. C'è il numero di telefono della famiglia, in caso qualcuno vedesse la giovane.

Le prime (strane) testimonianze

Alle 18 del sabato sera successivo, il 25 giugno, arriva la telefonata di Pierluigi: dice di avere 16 anni, ma ha voce da adulto e non fa discorsi da adolescente. A chi risponde alla chiamata riferisce di avere informazioni della sua fidanzata che avrebbe incontrato Emanuela a piazza Navona. Per questo Pierluigi, Emanuela, che ha appena tagliato i capelli a caschetto, dice di chiamarsi "Barbarella" e di essere scappata di casa, stanca della sua quotidianità. Pierluigi richiamerà anche il giorno successivo, all'ora di cena, dicendo che la giovane vende collanine e prodotti cosmetici per conto di qualcuno che le fornisce una percenutale. Secondo il suo racconto, la ragazza indossa occhiali bianchi che non le piacciono. I dettagli sembrano attendibili. Il 28 giugno chiama un altro uomo. Dice di chiamarsi Mario, di avere un bar vicino a Ponte Vittorio, tra il Vaticano e la scuola di musica. Anche lui racconta di una ragazza di nome Barbara, che dice di essere scappata di casa. Il 30 giugno, la capitale è tappezzata di manifesti. Sono 3mila immagini con il volto di Emanuela.

Chi sarebbe coinvolto nel caso

La scomparsa di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori, più o meno coetanee, è avvolta da 35 anni di silenzi e di misteri. Che coinvolgerebbero lo Stato Vaticano, lo Stato Italiano, l'Istituto per le Opere di Religione (IOR), la Banda della Magliana, il Banco Ambrosiano e i servizi segreti di diversi Paesi. La prima inchiesta la chiudono nel luglio del 1997, 14 anni dopo quel pomeriggio. Nel 2008, la Banda della Magliana, rientra in primo piano nella dinamica della vicenda. Sabrina Minardi, compagna di Enrico De Pedis (conosciuto come Renatino e boss della Magliana), rivela che la ragazza sarebbe stata uccisa dopo essere stata tenuta nei sotterranei di un palazzo vicino al San Camillo. Nessun riscontro, però, conferma la tesi della donna. Nulla dicono, infatti, le analisi fatte sulle ossa rinvenute nella cripta di Sant'Apollinare, in cui era stato sepolto De Pedis. Nel 2016, la Procura di Roma, archivia il caso e la Cassazione conferma. La famiglia Orlandi, però, non si ferma e si rivolge al Tribunale Vaticano, dopo aver chiesto di indagare anche sul boss mafioso Pippo Calò (condannato al 41bis al carcere di Opera), perché all'epoca dei fatti sembrava essere collegato alla Banda della Magliana.

Cosa rimane di lei

Di Emanuela non è mai stato ritrovato nulla.

A parte un flauto, nell'aprile del 2013, che si sosterrebbe possa essere appartenuto alla proprio alla studentessa della scuola di musica. Oggi, di lei, rimane un manifesto, in bianco e nero, dove Emanuela sorride. Il suo volto si è fermato a quel giorno, a quel volto di ragazza sorridente, con i capelli scuri. Che tutti continuano a cercare.

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