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La riforma del Tuf e quelle bugie di Fatto e Domani

Approfittando dell'agitazione di questi giorni, il Fatto e il Domani hanno annunciato allarmati che sono gli "amici della cordata" Caltagirone-Delfin ad aver scritto la riforma del Tuf

La riforma del Tuf e quelle bugie di Fatto e Domani
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Nel teatrino prevedibile delle indignazioni a comando, c'è chi ieri si è affannato a denunciare la cordata che ha scritto la riforma del Testo unico della finanza (Tuf), dimenticando che per anni sono stati altri e ben noti a indicare nomi, ruoli e percorsi all'interno dei comitati tecnici. Approfittando dell'agitazione di questi giorni, il Fatto e il Domani - la cui credibilità lascia alquanto a desiderare - hanno annunciato allarmati che sono gli "amici della cordata" Caltagirone-Delfin ad aver scritto la riforma del Tuf. Ebbene, quei sedicenti giornalisti beninformati, dovrebbero forse prendersi la briga di leggere bene le carte - cosa che evidentemente non hanno fatto - e magari anche il Giornale. Perché, se davvero vogliamo parlare di influenze, rapporti, e prossimità con i grandi centri del potere finanziario italiano, conviene partire proprio da quanto pubblicato dal Giornale un anno e mezzo fa quando la Commissione per la riforma del Tuf prendeva le prime mosse. Allora segnalammo agli osservatori distratti, che alla Champions League del diritto d'impresa la squadra MediobancaGenerali prometteva di lottare ferocemente per la finale. Diversi membri di quella Commissione come scrivemmo allora erano legati, per storia e incarichi, all'orbita MediobancaGenerali. Basti citare Lorenzo Caprio, docente presso l'Università Cattolica e consigliere di Banca Generali; oppure Stefano Caselli, prorettore in Bocconi (di cui è rettore il presidente delle Generali) e consigliere di Unipol (allora azionista rilevante di Mediobanca) e di Generali Real Estate. E ancora Marco Ventoruzzo, presidente di Assosim e partner dello studio Gattai, presso cui utile ricordare anche questo si tenne un incontro riservato fra vertici Pd e la comunità finanziaria proprio durante la discussione sulla Legge Capitali, la madre della riforma. Fermandoci qui perché rifiutiamo fermamente il meschino gioco a chi fa la lista più lunga, possiamo solo ricordare che lo studio Chiomenti ha affiancato il vecchio cda di Mediobanca nel processo di formazione della propria lista.

Non si tratta di accuse. Si tratta di fatti. Fatti di cui non si vede traccia negli articoli del Fatto e del Domani, e che mostrano come, nella delicata fase di riscrittura delle regole del mercato e della governance delle società quotate, anche una parte ben precisa dell'establishment finanziario milanese abbia giocato un ruolo di primo piano.

La nostra non è una denuncia, non siamo usi ricorrere a certi mezzi calunniosi per fare valere le nostre ragioni, ci limitiamo a rilanciare la verità sotto forma di promemoria.

La riforma del Tuf è per sua natura, così come ogni riforma che tocca interessi compositi e articolati, un terreno politico prima ancora che tecnico, dove le logiche di prossimità sono funzionali alla difesa del processo tecnico-normativo. E ciò vale per tutte le parti in commedia.

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