La cultura è un viaggio senza bussola tra scrittori e artisti nelle città del sogno

Solinas racconta l'Africa della Blixen, l'Urss di Grossman ed Emil Cioran

La cultura è un viaggio senza bussola tra scrittori e artisti nelle città del sogno

La mia Africa era il film preferito da mia madre forse lo è ancora. Quando lo trasmettevano, mi obbligava a un estenuante tour tra leoni e melassa. Il film di Sydney Pollack era uscito nel 1985, mio padre avrebbe scelto la morte quattro anni dopo quanto a mia madre, nata a Milano, trasferitasi nella più cupa periferia torinese, fissava le Alpi lontane, inammissibili come fossero il Kilimangiaro: sognava di essere Karen Blixen. Ovviamente, come tutte, amava Denys Finch-Hatton, il figlio del Conte di Winchilsea interpretato, nel film, da un Robert Redford di cabalistica bellezza. Soltanto un giornalista purosangue uno di quelli che sublimano l'io nel crogiolo del genio, per dotarsi di sguardo d'aquila poteva snobbare Finch-Hatton, inglese con lo spleen, preferendogli l'estro del barone Bror von Blixen che nel film è l'obliquo, livido Klaus Maria Brandauer. "Non sapeva far nulla, ma con eleganza", amava "l'avventura senza fini di lucro", "fu il primo ad attraversare il deserto del Sahara in auto: fedele a uno scimpanzè, ebbe miriadi di donne". La fattoria di Karen è uno dei reportage più belli scritti da Stenio Solinas, uno che sa conferire la vita a personalità ormai palustri, presto tumulate nelle enciclopedie e che crede che un romanzo sia la bussola migliore per viaggiare.

Attenzione, però: Supervagamondo (Edizioni Settecolori, pagg. 770, euro 30), mirabile repertorio di "Viaggi e paesaggi, luoghi e incontri, miti e snobismi" (ma anche di aspirazioni & ideologie), è una mappa dei mondi perduti, delle mete dismesse dalla storia. Nel Grand Tour di Solinas si passa per l'Algeria ("un viaggio dentro le contraddizioni del mondo occidentale") e per Diyarbakir, "la cosiddetta capitale del cosiddetto Kurdistan"; si tocca "Kabul, dove "i capretti vengono sgozzati direttamente sulla strada, e Alang, il più grande porto di demolizione delle navi in India, il terzo al mondo", passeggiamo per Macao come nelle aule del Palais Idéal di Ferdinand Cheval: postino, figlio di contadini, costui passò la vita a ideare un maniero mostruoso, dove appaiono "la Casa Bianca, il tempio hindu, il castello medievale, lo chalet svizzero Cesare, Vercingetorige, Archimede, le grotte e le caverne". Come un cecchino sceglie il lato più debole, non quello più nobile, per sedare la smania di un tiranno, Solinas scansa le mete predilette dagli inviati: va nei luoghi dove la Storia mostra le vergogne, pronta alla gogna. Memorabile l'attacco di Adiós Cuba, servizio scritto in origine trent'anni fa: "A Cuba neanche le natiche hanno retto al castrismo".

Poi ci sono i personaggi. Nel folto "Indice dei nomi" ventitré pagine non troverete, alla voce "Lewis", tra Carl, Jerry e William, il nome di Wyndham, l'aitante vorticista, l'artista spericolato (a lui si devono i più bei ritratti di Ezra Pound e di T.S. Eliot), lo scrittore in delirio, che ha fondato il giornale dei nostri sogni, The Enemy, di cui era redattore, illustratore, editore: a lui Stenio ha dedicato un libro, Genio ribelle (Neri Pozza, 2018). Anche questo in questo paese imbelle va riferito all'aristocrazia della sprezzatura. Tra i tipi' catalogati in Supervagamondo, evito quelli che ci accomunano André Malraux, Drieu La Rochelle, Lawrence d'Arabia, Borges. Leggete, subito, il profilo dedicato a Henry de Monfreid, "l'anti-Rimbaud", "l'ultimo vero filibustiere della letteratura europea": anche a lui Stenio ha dedicato un libro, Il corsaro nero, edito da Neri Pozza nel 2015.

Solinas si muove tra figure e luoghi come un lucido Lord Jim: non lenisce le proprie pene per evitare di giudicare gli errori altrui. Un nutrito corpo di pezzi è dedicato a Casa Russia: se il libro più bello per capire il sistema concentrazionario sovietico resta Vita e destino di Vasilij Grossman (pagg. 495 e ss., La guerra a oltranza di Vasilij) e il saggio più utile è quello di Emil Cioran ("Emile" nel testo), La Russia e il virus della libertà, il personaggio emblematico mi pare Jacques Rossi. Nato in Germania da padre di origine italiana, "di costituzione delicata", fu agente del Komintern, "corriere del comunismo" a Parigi, in Inghilterra, in Spagna: arrestato per nulla, le sue Cronache dal gulag (edite nel 2003 da Marsilio) "sprofondano il lettore in un abisso di bestialità, cinismo, aleatorietà". Con gli stessi criteri era stato arrestato in una lussuosa stanza del Metropol, nel 1937, a Mosca per poi essere fucilato , il marito della grande poetessa Marina Cvetaeva, Sergej Efron: prima russo bianco, poi spia sovietica, organizzò a Losanna l'assassinio dell'agente trotskista Ignatij Reiss. Ma è ad Anna Achmatova "alta, corpo da danzatrice, grandi occhi grigi, lunghi capelli lisci e neri" che Solinas dedica un cammeo: non sarà inutile sapere a dire dei paradossi dell'impero dei Soviet che il figlio della poetessa, Lev Gumilëv, arrestato la prima volta nel 1935, "riabilitato" nel '53, morto con onori nel '92, ha scritto uno dei libri chiave del pensiero di Vladimir Putin, Etnogenesi e Biosfera. Per Lev, il figlio avuto da Nikolaj Gumilëv anticomunista, fanatico dei safari, poeta di genio, fu arrestato e giustiziato dai bolscevichi nel 1921 , Anna Achmatova scrive il poemetto più cupo e vertiginoso, Requiem; di lui, in Italia, si trova, a fatica, lo studio su Gli Unni, edito da Einaudi nel 1972.

Benché "vagamondo" sia un neologismo coniato da Paul Morand, il vero autore-totem di Solinas è Chateaubriand, l'autore delle memorabili Memorie dell'oltretomba: stesso gusto per il bel gesto, una scrittura piena di vento, l'amore per i vinti e per i solitari. Per lo più frainteso, in Italia ha trovato un complice in Vitaliano Brancati: sarebbe bella un'antologia delle più belle pagine di Chateaubriand curata da Solinas.

Per il resto, di sé, in queste pagine, Solinas dice pochissimo: non ha bisogno di tribù di plaudenti. Sappiamo che da ragazzo girava in autostop e leggeva Playboy, che il padre era "ufficiale dei paracadutisti a Livorno" e "a diciott'anni sapevo quello che c'era da sapere".

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