E all'alba il sottomarino "Toti" attraccò a Milano

L'esercito costruì passerelle per non farlo sprofondare. Atm tagliò i cavi del tram per farlo arrivare al museo dove oggi è visitabile non lontano dal "Biancamano"

E all'alba il sottomarino "Toti" attraccò a Milano
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Chiaro che l'immagine a cui tutti pensarono era l'onirico transatlantico "Rex" dell'Amarcord di Federico Fellini. Perché quello del "Toti" è lo stranissimo destino di un sottomarino (non sommergibile) rimasto più nella storia per il suo viaggio sull'asfalto di Milano che per aver solcato per un trentennio le profondità del Mediterraneo.

Sono passati vent'anni, eppure sembra un secolo. Quanto era diversa la città in quella notte di metà agosto nella quale un gigante d'acciaio l'attraversò, fendendo due ali di folla entusiasta che alla fine contò più di 150mila persone (220mila aggiungendo il tragitto da Cremona) per accompagnarlo alla sua dimora definitiva. Con partecipazione e addirittura affetto, quasi i milanesi e non solo loro volessero dimostrargli di averlo già adottato in tempi senza selfiemania da social e intelligenza artificiale. Una vera impresa di ingegneria e logistica, per una città che ancora non brillava tra le stelle d'Europa. I grattacieli non erano ancora la sua immagine nel mondo, l'Expo era di là da venire, l'overtourism un desiderio considerato irrealizzabile e tutto era confezionato all'interno di una dimensione di rito ambrosiano tradizionalmente molto operoso, ma di fatto anche molto provinciale. Se per i milanesi fosse meglio o peggio di oggi, sta a ognuno deciderlo.

Magari in questi giorni nei quali si celebra il ventennale di quel viaggio pazzesco lungo 93 chilometri percorsi dal mezzo costruito in Italia dopo la Seconda Guerra Mondiale alla tartarughesca velocità di 6 all'ora dal porto fluviale di Cremona a Milano, al Museo nazionale della Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci. Quattro tappe attraverso le campagne lombarde dove c'erano perfino le bande dei paesi ad accoglierlo e gli ultimi 7 km in città per approdare in via Olona trasportato da un eccezionale carrello appositamente costruito: lungo oltre 60 metri, con 30 assi e 250 ruote pneumatiche. Per caricare il mastodonte da 340 tonnellate e 46 metri di lunghezza, a Cremona servirono sei gru. Un'impresa studiata nei minimi dettagli e realizzata con perizia dagli ingegneri e dagli esperti di logistica della "Fagioli" che, pur abituati a trasporti eccezionali, si trovarono di fronte un cliente veramente fuori scala. E dovettero gestire anche l'incontenibile entusiasmo di chi accompagnò il sottomarino in quel suo ultimo e trionfale viaggio.

Protagonista entusiasta fu anche l'allora sindaco Gabriele Albertini, i ghisa milanesi con il vice comandate Emiliano Bezzon che a cavallo della sua moto seguì l'ingombrante creatura passo passo dirigendo le operazioni, le forze dell'ordine che gestirono la folla, palombari e sommozzatori del Comsubin incaricati delle operazioni preliminari in acqua, i militari del 2º Reggimento pontieri di Piacenza che costruirono le passerelle su cui farlo passare per non farlo sprofondare dove sotto l'asfalto c'erano cavità o fognature e l'Atm che doveva interrompere i cavi del tram per poi ripristinarli rapidamente, spostare i pali della luce e perfino ventidue semafori. Per non bloccare la città, pur svuotata per Ferragosto, era stato organizzato un piano che prevedeva chiusure e veloci riaperture di blocchi di strade. Un'organizzazione che funzionò come un orologio milanese (non svizzero) e che alle 6,30 del 15 agosto vide l'approdo in via Oglio, nel cortile del museo, dove fu salutato dal liberatorio applauso di benvenuto di chi lo aveva fin lì accompagnato.

Il "Toti" Ssk, acronimo di Submarine-Submarine Killer, ovvero destinato all'attacco e alla distruzione di altri sottomarini, è stato il primo in Italia dopo la Seconda Guerra mondiale, quando erano ormai decadute le clausole del trattato di pace che ci vietavano di averne in dotazione: costruito a Monfalcone dalla Italcantieri, ora Fincantieri, fu consegnato alla Marina militare il 22 gennaio 1968 e fino al 1997 il suo compito era pattugliare le acque del Mediterraneo per individuare il passaggio di sottomarini o imbarcazioni sovietiche. Messo a riposo, fu cercato e ottenuto dai vertici del museo milanese che ancora oggi lo espone nel Padiglione aeronavale accanto al sempre suggestivo transatlantico "Biancamano". E nel quale, dal 22 luglio, conclusi i lavori nell'area, si può entrare approfittando delle visite guidate (www.museoscienza.org).

Immaginando quando a bordo si dormiva sulla "branda calda", perché chi smontava dal turno prendeva il posto di chi cominciava e il cuoco che cucinava benissimo, ma non usava aglio, perché l'odore troppo forte e simile al cloro delle batterie, avrebbe fatto scattare il sistema d'allarme.

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