
Il quarto capitolo del film di Quentin Tarantino Bastardi senza gloria (2009), "Operazione Kino", è ambientato nella Francia occupata dai tedeschi. Il racconto si apre però in Inghilterra. Il tenente Archie Hicox appena entrato in una sala è sorpreso nel vedere seduto davanti al pianoforte un uomo anziano, vestito in maniera elegante, con il papillon, intento a fumare un grosso sigaro (è Winston Churchill). Nella stanza c'è un altro ufficiale, il generale Ed Fenech (un omaggio alla bellezza di Edwige Fenech). Il generale saluta Archie e gli pone una domanda: "che mestiere esercitava prima della guerra?". Ha scritto svariati articoli, recensioni e due libri sul cinema tedesco. Alla nuova domanda se conosce bene il cinema del Terzo Reich, Archie risponde affermativamente, anche se non ha potuto vedere i film usciti negli ultimi tre anni. Il generale vuole sapere come sta andando la cinematografia tedesca guidata con mano ferma dal "ministro delle illusioni", Joseph Paul Goebbels. "Piuttosto bene è la risposta in effetti, da quando Goebbels ha le redini in mano, l'affluenza di pubblico è aumentata costantemente in Germania negli ultimi otto anni".
In Bastardi senza gloria Tarantino ritrae il signore incontrastato della "celluloide con la svastica" nei panni del gaudente, dalla parlantina inarrestabile, spesso in preda ad attacchi d'ira. Il ritratto del libidinoso, peraltro privo di scrupoli, era stato fissato sullo schermo nel film di propaganda bellica Enemy of Women (1944), diretto dal regista americano di origini tedesche Alfred Zeisler. Del resto, Goebbels è stato un instancabile corteggiatore di signore del bel mondo, soprattutto attrici, guadagnandosi il titolo di "stallone di Babelsberg" (Potsdam-Babelsberg, poco distante da Berlino, sede degli imponenti e modernissimi studi cinematografici tedeschi). È uno dei tanti soprannomi affibbiatogli, e, tutto sommato, il più benevolo. Ma la figura di Goebbels è davvero essenziale per comprendere nella totalità l'avventura del nazionalsocialismo, dalle origini alla caduta. Il "ministro delle illusioni" non è una figura ridicola ma tragica. Nel senso che nella sua vita si riflette la tragedia del Terzo Reich. Del quale egli è stato l'instancabile propagandista.
Ormai sulla vita di Goebbels abbiamo un testo di riferimento: la biografia di Peter Longerich uscita nel 2010 (in Italia l'ha pubblicata Einaudi). Ciò non toglie che vi siano tanti aspetti ancora da approfondire. È quanto da qualche anno sta facendo meritoriamente il giornalista Giovanni Mari. Dopo aver dedicato uno studio al quotidiano Panzerbär ("orso corazzato"), uscito miracolosamente in otto numeri dal 22 al 29 aprile 1945, nella Berlino prossima alla resa (La propaganda nell'abisso, 2021) e uno sulle trenta ore intercorse tra la successione di Goebbels a Hitler e il suo suicidio (Il governo Goebbels, 2023), esce ora per lo stesso editore Lindau un terzo approfondimento: L'orchestra di Goebbels (pagg. 264, euro 23). Nel 1942 Raymond Aron osservava come i tedeschi abbiano attribuito la loro sconfitta nella Grande guerra all'inefficacia dei carri d'assalto e della propaganda, mentre nel 1939 la realtà si è rovesciata. Tale ribaltamento, nel settore specifico della propaganda, è merito di Goebbels. Quest'ultimo ha le idee chiare sin dalla presa di potere dei nazionalsocialisti. Scrive il 16 marzo 1933: "La situazione ideale sarà quella di una stampa così bene organizzata da essere un pianoforte su cui il governo potrà suonare per influenzare le masse". Sarà lui, ovviamente, dal 1933 al 1945, a dirigere l'orchestra.
Goebbels è un intellettuale che viene da studi di germanistica. Ha provato senza fortuna a fare il giornalista e lo scrittore durante i turbolenti anni di Weimar. Poi è salito sul carro della politica, accanto a Hitler. Ed è diventato uno dei principali se non il principale protagonista della "rivoluzione culturale" nazionalsocialista. Oratore formidabile e instancabile, provocatore e agitatore privo di scrupoli, organizzatore abile e spregiudicato, è un "rivoluzionario di professione". Alla guida del partito a Berlino riesce a conquistare la città più operaia e social-comunista della Germania. Diventato "ministro della propaganda" controlla meticolosamente stampa, radio, teatro, editoria, arte, cinema e nascente televisione. L'allineamento della cultura e dell'informazione deve essere totale. Il "direttore d'orchestra" sorveglia e indirizza ogni settore. Detesta i nemici della Germania, di qualsiasi colore, a cominciare dagli ebrei. È lui il vero antisemita del Terzo Reich. Se fosse nato negli Stati Uniti si sarebbe occupato di grandi campagne promozionali per la vendita di qualsiasi bene di consumo: automobili, frigoriferi, vestiti. Per conto di Hitler diffonde capillarmente il "mito del Führer". Ha successo nella cavalcata delle continue vittorie del Reich. E non si perde d'animo nella gestione del lento ma inarrestabile arretramento, sino alla caduta finale. Avendo sposato il nazionalsocialismo, gli è totalmente fedele.
La propaganda non deve servire la verità ma contribuire alla vittoria. Mari si sofferma su alcuni capolavori del capovolgimento della realtà attraverso la comunicazione. Nell'agosto del 1939 viene firmato un trattato di alleanza con l'Unione Sovietica. Sino al giorno prima Stalin è il principale nemico. Per non sconcertare i tedeschi Goebbels mette in atto una strategia perfetta. E nel giugno del 1941, quando la Germania attacca l'Unione Sovietica, con una giravolta cambia repertorio. La disfatta di Stalingrado (febbraio 1943) va ribaltata: è stata una sconfitta salutare, premonitrice di vittoria. Escogita il ricorso alla "guerra totale".
In gioventù Goebbels aveva ammirato I nibelunghi (1924) di Fritz Lang. Sangue e morte. Alla fine, la finzione cinematografica lasciava il posto alla realtà. La Germania bruciava. Per il "ministro delle illusioni", senza alcun rimorso, ne era valsa la pena.