"Sei mesi", "A casa in primavera". Le profezie sbagliate della sinistra "gufa" su Meloni

Da Calenda a Boccia, passando da Conte, Renzi, Bonelli e Fratoianni: i leader politici del "campo largo" hanno fallito ogni tipo di previsione sulla durata dell'esecutivo nazionale, giunto a mille giorni

"Sei mesi", "A casa in primavera". Le profezie sbagliate della sinistra "gufa" su Meloni

Nella giornata di oggi, venerdì 18 luglio, il governo presieduto da Giorgia Meloni ha compiuto ufficialmente i suoi primi mille giorni di vita politica. Un dato numerico che colloca la leader di Fratelli d'Italia all'undicesimo posto nella classifica dei presidenti italiani del Consiglio che sono durati di più in questo ruolo istituzionale da quando è nata la Repubblica: Giuseppe Conte (988 giorni) è stato sorpassato una decina di giorni fa) e adesso la premier sta seriamente tallonando Matteo Renzi (1.024) per l'ingresso nella top-10 che verrà certificato il prossimo 12 agosto. E pensare che proprio questi due primi ministri uomini citati rientrano nel "gruppone" di leader di partito che in questi ultimi tre anni scarsi hanno dispensato "celebri" profezie secondo le quali la coalizione di centrodestra avrebbe vissuto un'esistenza alquanto breve una volta insediata a Palazzo Chigi. Ma andiamo con ordine.

Il primo esponente delle forze di opposizione che aveva storicamente garantito una durata concisa dell'attuale governo era stato Carlo Calenda: "È una destra che non sarà capace di governare e che, secondo me, dura quattro, massimo sei mesi", sosteneva il leader di Azione il 28 settembre 2022 (ovvero tre giorni dopo la vittoria di FdI, Lega e Forza Italia alle elezioni politiche) perché "è una coalizione super litigiosa, con una classe dirigente inesperta e incompetente". Concetto ribadito un mese dopo, a giuramento ormai avvenuto al Quirinale: "Sei mesi, non un giorno di più". Di mesi, per la precisione, da quel giorno ne sono già trascorsi in realtà 33; ma, insomma, si tratta evidentemente di minuscoli dettagli tecnici.

C'è stato poi Stefano Bonaccini, reduce ai tempi dall'inaspettata scoppola subita nelle primarie del Partito Democratico vinte a sorpresa da Elly Schlein, a garantire una rapida involuzione dell'alleanza a guida Meloni: "Io sento che la luna di miele del governo con il Paese è finita - disse nell'ottobre del 2023 -. Sono convinto che quest'anno andrà in difficoltà soprattutto per la questione economica perché ha previsto una crescita doppia rispetto a quella che sarà realmente. Noi dovremo farci trovare pronti per essere l'alternativa". Non si sa se il cosiddetto "campo largo" sia effettivamente pronto per prendere il posto del centrodestra al potere: di certo è molto più credibile la sensazione che debba aspettare il 2027 rispetto alla previsione che aveva dettato l'ex governatore un paio d'anni fa.

Non è stato da meno Conte - superato pochi giorni fa nella speciale graduatoria dei premier - il quale stava già pregustando una rapida caduta del governo nazionale in carica dopo il successo del centrosinistra in Sardegna con Alessandra Todde: il primo dopo quattro anni consecutivi di sole batoste alle urne. "La vera sconfitta è Giorgia Meloni. Il risultato in Sardegna è anche il segno di un clima che nel Paese sta cambiando, evidentemente i cittadini, anche coloro che avevano creduto alle promesse di Meloni, iniziano a sentirsi traditi. La prima amara lezione per lei". Un clima talmente cambiato che, appena tre mesi dopo questa dichiarazione, alle elezioni europee Fratelli d'Italia ottenne quasi il 30% dei voti con il 10% scarso dei consensi del Movimento 5 Stelle.

Niente (o quasi) in confronto al piano di "destabilizzazione" immaginato da Renzi un anno fa esatto, subito dopo il flop alle urne delle Europee. La leva doveva essere quella rappresentata dal referendum abrogativo sull'Autonomia. "Se si raccolgono 500mila firme entro il 30 settembre, nella primavere del 2025 si va a votare. E là, è vero, non sarà facile raccogliere il quorum, ma ci sarà una straordinaria mobilitazione che metterà in luce le divergenze interne all'esecutivo, non solo nel Mezzogiorno - era il pensiero del leader di Italia Viva -. Se scatta il quorum, il governo va a casa". Ne avesse azzeccata una: la consultazione sull'Autonomia non verrà ammessa dalla Corte costituzionale, per via di una sua potenziale distorsione nell'utilizzo, e tutti gli altri quesiti non vedranno nemmeno con il cannocchiale la percentuale del 50% di affluenza ai seggi.

E che dire delle "gufate" della coppia formata da Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni? Subito dopo il trionfo di Silvia Salis alle elezioni Comunali di Genova dello scorso mese di maggio, i due co-leader di Alleanza Verdi-Sinistra ne erano certi: "Questo è il messaggio che viene da tutte i comuni in cui si è votato, è l'avviso di sfratto a Meloni e al suo governo". E poi ancora; "È un segnale inequivocabile per questo governo e la sua falsa propaganda: la destra si può battere, Giorgia Meloni è minoranza nel paese. Continueremo a batterci perché dopo Genova si possa liberare presto l'Italia dalla peggior destra della storia repubblicana". E chissà se, nella "falsa propaganda", rientra anche quella ostentata dalla nuova sindaca di Genova che ha recentemente deciso di stangare 27mila alloggi alzando l'aliquota dell'Imu dallo 0,78 all'1,06 senza ovviamente averlo mai sventolato in campagna elettorale.

Infine, Francesco Boccia. Subito dopo gli ultimi referendum bocciati dal popolo italiani un mese fa, cantava vittoria: "15 milioni di italiani hanno partecipato dicendo con chiarezza che le politiche del lavoro del governo non vanno e danno una indicazione chiara. Io penso che sia un grande risultato". Perché? Il 25 settembre 2022 il centrodestra "ha avuto 12,3 milioni di voti" ovvero - sempre parole sue - "una minoranza che è maggioranza in Parlamento". E quindi questo sarebbe stato un numero inferiore rispetto a chi si era recato alle urne l'8 e il 9 giugno 2025. Peccato che il numero di persone andate a votare a fine primavera non erano 15milioni, bensì poco più di 14milioni. E, siccome bisognerebbe andare a contare in termini assoluti il numero dei "Sì", la cifra si aggirava al di sotto della cifra di 12 milioni e 250mila.

Quindi, per restare al confronto offerto da Boccia, meno dei voti presi dall'alleanza azzurra per il Parlamento poco più di due anni e mezzo fa. Insomma: l'unico numero sicuro, a oggi, è raffigurato dai 1.000 giorni del governo Meloni.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica