Monti dei miracoli smentito dallo spread

L'ottimismo del professore al suo debutto: "Non toccherà più quota 400". E invece è di nuovo una minaccia. Disoccupazione e crisi: dosi massicce di tasse sono una cura troppo violenta

Monti dei miracoli  smentito dallo spread

La cura ha funzionato, ma il pa­ziente è morto. Se ne stanno accor­ge­ndo anche speculatori e profes­sionisti del grande circo finanzia­rio. Il 29 febbraio 2012, giorno bise­stile, il professor Monti si lasciò an­dare a un certo ottimismo. «Non penso che gli spread si apriranno di nuovo. Non toccheranno più quota 400». E tutti a dire «è bastata l’imposizione delle mani per far ca­lare la febbre». Miracolo. Allora lo spread era a 337 punti, quasi tre mesi dopo è a 396. Il quattrocento è dietro l’angolo. Ma la finanza è un gioco. Il peggio è qui, ad altezza marciapiede, dove la crisi picchia a colpi da re­cord, negativi. I consumi pro capi­te nel 2012 sono scesi di un altro 3,2 per cento. Mai così bassi dal do­poguerra. Il Pil, anche questo pro capite, nei cinque anni che vanno dal 2008 al 2012 è sprofondato di quattro virgola quattro punti per­centuali.

L’ultima volta che è acca­duto di peggio è stato nel 1943-47. Solo che allora c’erano due eserci­ti in guerra, bombe che cadevano da Roma a Milano, il fascismo in fuga, borsa nera, soldati sbandati e poi una pace senza condizioni su un cumulo di macerie. È che quella crisi cominciata con il fallimento delle banche americane sta facendo male dav­vero. La disoccupazione è al 9,3 per cento. Il livello più elevato dal marzo 2001. Il valore delle case è sceso in media del 20 per cento, con punte del 50%. Tanto i soldi per il mutuo le banche non te li danno e gli affitti a Roma e Milano restano comunque clamorosa­mente alti. La sfiga, come sempre, ci vede benissimo. Il prossimo an­no il rapporto tra tasse e Pil salirà al 45,4 per cento. È un record asso­luto. Se invece si va a calcolare la tassazione effettiva sui contri­buenti italiani è del 55 per cento. Nessuno come noi. È un record mondiale. Ci segue il Belgio con il 48 per cento e la Svezia con il 46. In tutto questo sembra che le entrate fiscali siano minori di quelle previ­ste.

È un discorso vecchio. Non basta aumentare le tasse se chi deve pagarle guadagna sem­pre di meno. Questa è la fotografia sommaria di un Paese che non spera più, si danna per sopravvive­re e non riesce a sognare una via d’uscita.La realtà è anche peggio. Monti finora non ha fatto davvero i conti con tutto questo. Monti sta usando dosi massicce di farmaci (tasse), ma se il paziente schiatta non ci consolerà uno spread alto o basso che sia. La finanza brucia in fretta,l’economia reale è più lenta a consumarsi, ma per ricreare quello che hai perso ci vuole una generazione di uomini ecceziona­li. Il sospetto è che non si vedano più in giro dagli anni ’50. Fino a che punto quindi il mala­to può reggere? È questo lo spettro che accompagna il lavoro dei tec­nici. Sono bravi, sono professori, forse sanno perfino quello che stanno facendo. Solo che lei, la pa­ziente, stramazza. La signora in questione, sfibrata da sanguisu­ghe e accattoni vari, in overdose di cerotti e medicine, è l’Italia. La terapia del professor Monti è iniziata con due punti fermi. Con­vincere i mercati che il paziente è sano. E per farlo serviva un bluff, un placebo, chiacchiere e parolo­ni. Poi bisognava davvero ridurre il debito. Tagliando le spese? Trop­po faticoso. Come ha ammesso un ministro era impossibile fare di più del governo Berlusconi. I tecnici hanno deciso quindi di bombardare di tasse gli italiani. Quelli che già le pagavano e quelli da stanare. Una cura violenta che ha fatto terra bruciata di cellule buone e cattive. Insomma, un de­serto. Con Monti a dire: se non si abbassa il debito il paziente muo­re.

Quando qualcuno provava a chiedere se in questo modo la po­­veretta non crepava lo stesso, la ri­sposta del magnifico rettore era pacifica e piena di speranza. Non preoccupatevi, c’è una fase due. Quella ricostituente. Quello che Monti non ha detto è quando.

Quando arrivano le vitamine?Per­c­hé ormai tutti gli indici fanno suo­nare un’allarmante bip bip, come quello che vedi nei telefilm in ca­mice bianco. Tipo: lo stiamo per­dendo, lo stiamo perdendo. Figli e parenti intanto continuano a fru­gare nel portafoglio della moritu­ra.

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