Chi era Piersanti Mattarella, erede di Aldo Moro ed ex presidente della Sicilia ucciso nel 1980

Fratello maggiore di Sergio, attuale capo dello Stato, era presidente della Regione Sicilia quando venne freddato con un colpo di pistola nel giorno dell'Epifania di 45 anni fa

Chi era Piersanti Mattarella, erede di Aldo Moro ed ex presidente della Sicilia ucciso nel 1980
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A più di 45 anni di distanza dal suo omicidio, la figura di Piersanti Mattarella è tornata di strettissima attualità con l'arresto odierno di Filippo Piritore. Il fratello del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, era a capo della Regione Sicilia quando venne assassinato il 6 gennaio 1980, a Palermo, da sicari rimasti senza nome. Era considerato, nel mondo politico, l'erede di Aldo Moro. L'omicidio avvenne in via della Libertà e il killer non fu mai identificato: quello che si sa è che sparò con una pistola e poi fuggì, salendo su una Fiat 127 dove lo aspettava un complice, anche lui rimasto senza nome.

Non appena Piersanti Mattarella entrò in una Fiat 132 insieme alla moglie Irma Chiazzese, alla suocera Franca Chiazzese Ballerini e alla figlia Maria per andare a messa, un uomo si avvicinò al finestrino e lo freddò a colpi di pistola. Quel giorno fu proprio il fratello Sergio a tirarlo fuori da quell'autovettura, sorreggendo la testa al fratello morente così come immortalato nella storica foto di Letizia Battaglia, che ha fatto il giro del mondo.

Quattro anni prima dell'attentato, Piersanti Mattarella era entrato nel Consiglio nazionale della Democrazia Cristiana per volontà di Moro che poi lo portò anche nella Direzione nazionale nel partito: Mattarella divenne, così, non soltanto il leader della sinistra Dc in Sicilia, ma soprattutto il punto di riferimento del partito a livello nazionale. Tuttavia, quando il suo maestro politico venne sequestrato e ucciso dalle Brigate Rosse nel 1978, il giorno del rapimento del suo mentore, Mattarella commentò: "È finita anche per me, è finita anche per noi", con la consapevolezza quindi che dall'uccisione di Moro sarebbe diventato tutto più complicato anche per lui, visto che per la sua amministrazione regionale aveva adottato il modello del governo Dc con l'appoggio esterno del Pci, dunque simile allo schema ideato dallo statista pugliese.

Tre mesi prima del suo assassinio, Mattarella era volato a Roma per conversare in privato con l'allora ministro dell'Interno Virginio Rognoni, e al ritorno disse alla sua capo di Gabinetto: "Se dovesse succedermi qualcosa si ricordi di questo incontro con Rognoni, perché ad esso è da ricollegare quanto di grave mi potrà accadere". A dimostrazione del fatto che Mattarella vivesse nella paura e con la certezza che qualcosa gli sarebbe capitato.

In seguito alla morte di Piersanti Mattarella, il vicepresidente socialista Gaetano Giuliano, guidò la giunta regionale fino al termine della legislatura, avvenuta cinque mesi dopo. Nel luogo dove è avvenuto l'omicidio è stata posta una targa in suo ricordo. Inizialmente fu considerato un attentato terroristico, poiché subito dopo il delitto arrivarono rivendicazioni da parte di un sedicente gruppo neo-fascista. Pur nel disorientamento del momento, il delitto apparve però anomalo per le sue modalità, portando il giorno stesso lo scrittore Leonardo Sciascia ad alludere a "confortevoli ipotesi" che avrebbero potuto ricondurre l'omicidio alla mafia siciliana.

La pista neofascista, a partire dal ritrovamento nel 1982 di spezzoni di targhe in un covo dell'estrema destra a Torino, fu ipotizzata già nel 1989 dal giudice Loris D'Ambrosio in un report finito di recente, alla Procura generale di Bologna che ha avocato a sé l'inchiesta sulla strage della stazione del due agosto 1980. I familiari delle vittime ritengono infatti ci siano "elementi di prova che collegano come mandanti del delitto Mattarella e della strage di Bologna la P2 e spezzoni deviati dei servizi". La Dda di Palermo aveva avviato nuovi accertamenti sull'omicidio. Le piste sono state molte.

A indagare sull'assassinio di Mattarella fu anche Giovanni Falcone, che per primo ipotizzò che la rete di responsabilità potesse andare dalla mafia al terrorismo nero (con la testimonianza di Cristiano Fioravanti, che accusava il fratello Giusva, membro di gruppi di estrema destra, di essere il responsabile). Il movente era da ricercare, come spiegò Falcone, nella "manovra moralizzatrice" della vittima, tesa a "rendere la classe dirigente siciliana molto meno permeabile a influenze di qualsiasi genere".

Adesso, la possibile svolta. La Dia ha notificato la misura degli arresti domiciliari a Filippo Piritore, ex funzionario della Squadra Mobile di Palermo ed ex prefetto. Lo rende noto la Procura di Palermo. Piritore è indagato per il depistaggio delle indagini sull'omicidio di Piersanti Mattarella.

Sentito dai pm sul guanto trovato il giorno del delitto a bordo della Fiat 127 utilizzata dai killer, mai repertato né sequestrato, secondo i magistrati "ha reso dichiarazioni rivelatesi del tutto prive di riscontro, con cui ha contribuito a sviare le indagini funzionali (anche) al rinvenimento del guanto (mai ritrovato)".

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