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Strage di Ustica: Amato ora finisce davanti al Copasir

L’ex presidente del Consiglio aveva riacceso i riflettori sulla tragedia del 27 giugno del 1980 accreditando la pista del missile francese

Strage di Ustica: amato ora finisce davanti al Copasir

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A poche settimane dall’intervista che ha riacceso il dibattito sulla strage di Ustica, il Copasir martedì, alle ore 13.30, sentirà in audizione l'ex presidente del consiglio Giuliano Amato. L'ordine del giorno è come sempre secretato e l'audizione si tiene ai sensi dell'articolo 31, comma 3, della legge n. 124 del 2007 secondo cui il Comitato può ascoltare "ogni altra persona non appartenente al Sistema di informazione per la sicurezza in grado di fornire elementi di informazione o di valutazione ritenuti utili ai fini dell'esercizio del controllo parlamentare".

Il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica sentirà Amato in merito alle dichiarazioni rese ai microfoni di Repubblica, in cui aveva rilanciato l'ipotesi che la strage di Ustica del 27 giugno del 1980 fosse da ascrivere ad un missile lanciato da un aereo francese. “La versione più credibile è quella della responsabilità dell’aeronautica francese, con la complicità degli americani e di chi partecipò alla guerra aerea nei nostri cieli la sera di quel 27 giugno. Si voleva fare la pelle a Gheddafi, in volo su un Mig della sua aviazione [...] Gheddafi fu avvertito del pericolo e non salì sul suo aereo. E il missile sganciato contro il Mig libico finì per colpire il Dc9 dell’Itavia che si inabissò con dentro ottantuno innocenti. L’ipotesi più accreditata è che quel missile sia stato lanciato da un caccia francese partito da una portaerei al largo della costa meridionale della Corsica o dalla base militare di Solenzara, quella sera molto trafficata. La Francia su questo non ha mai fatto luce”, la versione dell’85enne. Parole che avevano suscitato un ampio dibattito, con l’intervento del premier Giorgia Meloni: "Chiedo al presidente Amato di sapere se, oltre alle deduzioni, sia in possesso di elementi che permettano di tornare sulle conclusioni della magistratura e del parlamento".

Da quell’intervista in poi Amato si è reso protagonista di diverse giravolte, tra passi indietro e smentite di vario genere. “Non ho mai detto che stavo dando la verità sulla tragedia. Ho detto che portavo avanti una delle ipotesi, specificando che io non avevo alcuna verità da offrire, e che il mio scopo era quello di provocare un avvicinamento alla verità", le sue parole alla stampa estera. Emblematico un passaggio sul presidente francese. "Mi chiedo perché un giovane presidente come Macron, anche anagraficamente estraneo alla tragedia di Ustica, non voglia togliere l'onta che pesa sulla Francia. E può toglierla solo in due modi: o dimostrando che questa tesi è infondata oppure, una volta verificata la sua fondatezza, porgendo le scuse più profonde all'Italia e alle famiglie delle vittime", le parole di Amato a Repubblica. Poi, sempre nel dialogo con la stampa estera:"Non ho detto a Macron di chiedere scusa, ma che sono scemo? Ho chiesto di occuparsi della cosa".

Nel recente vertice in Procura a Roma sul caso Ustica tra il Procuratore capo Francesco Lo Voi, l’aggiunto Michele Prestipino e il pm Erminio Amelio, non è emersa l’esigenza di ascoltare Amato anche alla luce degli elementi già agli atti. L’obiettivo degli inquirenti è quello di definire l’inchiesta entro la fine del 2023. Nell’ambito dell’indagine sono state inviate richieste di rogatorie a vari Paesi – tra cui proprio la Francia – sono stati acquisiti atti e ascoltate persone come testimoni, a partire dal già citato Amato. Ospite pochi giorni fa di Sky Tg24, l’ex premier non si è sbilanciato: “L’ipotesi che mi è parsa la più accreditata è quella del missile scagliato per errore da un aereo francese. Ci sono altre ipotesi, che hanno i loro sostenitori e i loro argomenti. Ciò che mi interessa è: chi ancora è in condizione di farlo, dica la verità. Io non la so, ma altri la sanno. La Francia può dare un grande contributo al chiarimento. Macron contribuisca a fare chiarezza”.

Ora anche il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica proverà a vederci chiaro.

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