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Gli strani affari della società biotech vicina al Pd e il bluff delle monoclonali italiane

L'Italia ha rinunciato a 10mila dosi di un farmaco Usa che ha salvato anche Trump investendo milioni in un hub a Siena. A cui oggi ha fatto causa l'ex partner scientifico Menarini

Gli strani affari della società biotech vicina al Pd e il bluff delle monoclonali italiane

«Smettetela di usare le istituzioni per i vostri interessi, Giuseppe Conte si dimetta dalla commissione Covid che usa come scudo per impedire di essere sentito come i suoi amici Federico Cafiero De Rao e Roberto Scarpinato che non vogliono la verità sulle stragi di mafia», tuonava ieri in aula il capogruppo Fdi alla Camera Galeazzo Bignami parlando delle critiche della sinistra alla manovra finanziaria. Sono lontani i tempi del Covid, quando Pd e M5s investivano con la legge di Bilancio milioni di euro nella ricerca di vaccini e monoclonali italiani per combattere il virus, rispedendo al mittente - come ha ricostruito «il Giornale» anche attraverso le testimonianze dei protagonisti di allora - 10mila dosi gratuite di anticorpi Eli Lilly che avremmo ricomprato carissimi qualche mese dopo.

Nell’agosto 2020, sul piatto della ricerca e dello sviluppo di vaccini e monoclonali prodotti da industrie nazionali, il governo Conte aveva messo 380 milioni, 80 subito e 300 milioni nel 2021 anche «attraverso l'acquisizione di quote di capitale a condizioni di mercato», con apposito decreto di Mef, Mise e Salute e su proposta del commissario straordinario all’Emergenza Covid Domenico Arcuri, graziato dallo scudo di Conte per i suoi errori.

Ma che fine hanno fatto quelle sperimentazioni? Il 12 maggio 2020 Rino Rappuoli, chief scientist e head of external R&D della Gsk vaccine con base a Siena, annuncia al mondo che la Fondazione Toscana Life Sciences (sempre con base a Siena, collegio in cui venne eletto l’ex leader dell’allora Partito democratico Enrico Letta, originario di Pisa) e l’Istituto Spallanzani di Roma stanno sviluppando «un farmaco monoclonale derivato dal sangue dei pazienti convalescenti», che sarebbe stato fornito dallo Spallanzani, il cui direttore scientifico dell’epoca era Giuseppe Ippolito e che sarebbe stato pronto nel giro di pochi mesi.

Siena è infatti anche la sede della Fondazione Biotecnopolo, istituita per decreto nel 2021 da Mef, Mise e Ministro della Salute, e meglio conosciuta come Centro Nazionale Anti-Pandemico. Una fondazione che si sarebbe dovuta occupare dello sviluppo di vaccini e monoclonali sponsorizzata dal Pd: «Toscana Life Sciences come il Biotecnopolo di Siena è una realtà nata e cresciuta grazie al progetto e alle politiche del Partito democratico».

La Fondazione Toscana Life Sciences vanta tra i suoi consiglieri numerose figure di spicco di Monte Paschi di Siena e - si legge sul sito - «con l’emergenza dovuta al diffondersi dell’infezione da Sars-CoV-2, Tls si impegna in un progetto di ricerca e sviluppo di una cura specifica contro il Covid-19 a base di anticorpi monoclonali umani». È allora che nasce «la società Tls Sviluppo, partecipata dalla Fondazione e da Invitalia, che traccia la strada per un progetto più ampio nell’ambito della realizzazione di un centro antipandemico di riferimento nazionale».
Il 7 settembre 2020 l’allora ministro della Salute Roberto Speranza visita il laboratorio e ha parole di elogio: «Esprimo apprezzamento e orgoglio per quello che viene fatto qui dai nostri ricercatori e scienziati sugli anticorpi monoclonali. Ci sarà ancora molto da lavorare e da verificare ma apriamo una strada per avere cure certe e sicure che possano portarci a un risultato positivo rispetto a questa sfida drammatica che il Covid ha portato a tutta l’umanità».

Il coordinatore della ricerca sui monoclonali è sempre il chief scientist di GSK Vaccines, Rino Rappuoli, direttore del laboratorio Monoclonal Antibody Discovery (Mad) Lab. Una fondazione privata, esattamente come la Fondazione Bruno Kessler, che nel marzo 2020 «ha siglato un accordo strategico di collaborazione con l’Istituto Spallanzani di Roma, centro nazionale di riferimento per le malattie emergenti ed ha accesso a persone infettate da agenti patogeni emergenti».

Il 2 ottobre 2020, in una intervista a «Repubblica», l’allora presidente del Consiglio superiore di Sanità Franco Locatelli è ottimista: «Va chiarito bene che quanto abbiamo affrontato la scorsa primavera, il lockdown, non lo rivivremo. La chiusura non si prende in considerazione. Ora il Paese è preparato, ci sono comunque terapie per rallentare la malattia, presto arriveranno vaccini e medicinali efficaci come gli anticorpi monoclonali». Non andrà così, purtroppo.

Come sappiamo dalle mail di Ranieri Guerra depositate in commissione Covid, il 9 ottobre 2020, il professor Guido Silvestri, docente di Patologia generale alla Emory University di Atlanta, offre 10mila dosi di monoclonali al governo italiano. La trattativa è in salita ma ci sono degli spiragli. Il 23 ottobre 2020 il direttore generale dell’Aifa Nicola Magrini dichiara al «Corriere della Sera» che ai primi del 2021 «arriveranno gli anticorpi monoclonali, opzione preziosissima». Non sono quelli della società farmaceutica Usa, per colpa di «pressioni di Pd, M5s e renziani» e i niet di Nicola Magrini (Aifa) e Giuseppe Ippolito (Spallanzani) che fanno saltare l’accordo il 5 novembre 2020. Cinque giorni prima che la Fda americana dia il via libera d’urgenza al trattamento anti-Covid a base di anticorpi monoclonali Eli Lilly, quelli che salveranno Donald Trump.

L’11 novembre 2020 Rappuoli fa una diretta su Instagram insieme al sindaco di Firenze Dario Nardella (puro caso, città che ospita la sede europea di Eli Lilly) e promette che entro la fine dell’anno si sarebbe iniziato a sperimentare gli anticorpi monoclonali per la cura del Covid su pazienti positivi al tampone, «nel giro di due mesi vedere se funziona e cominciare a metterli a disposizione». Quelli già pronti e gratis che Francia, Spagna e Regno Unito comprano a mani basse noi li respingiamo finché «non c’è l’ok della Commissione europea». Il 3 dicembre 2020 gli Usa ne comprano 650mila dosi a poco più di 800 milioni di dollari.

Il 21 dicembre 2020 il «Fatto Quotidiano» denuncia l’ostruzionismo di Magrini ed Ippolito sulla donazione di Eli Lilly. Il giorno dopo Magrini smentisce clamorosamente tutto in una conferenza stampa: «Aifa non ha ricevuto alcuna proposta di donazione. Alla conferenza stampa c’è anche l’allora neo-presidente di Aifa Giorgio Palù: «Gli anticorpi monoclonali sono antivirali che possono essere efficaci in pazienti già infettati ma se somministrati nelle fasi iniziali della malattia» e «possono essere un presidio fintanto che non riusciremo a immunizzare la popolazione». Su Radio Rai1, qualche giorno dopo, vengono definiti «salvavita», tesi ribadita anche nell’intervista a noi concessa l’altro giorno.

Per il più importante virologo italiano i monoclonali sarebbero stati fondamentali per evitare ospedalizzazioni e morti fino ad una soddisfacente campagna di immunizzazione vaccinale. Il 5 gennaio 2021, solo nella seconda ondata iniziata ad ottobre 2020, in Italia sono già morte decine di migliaia di persone. Contrariamente alle previsioni di Locatelli il Paese è ripiombato nel lockdown. Il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, si trova in diretta su Facebook: «Toscana Life Sciences (Tls) di Siena ci sta portando a dei grandi risultati e sta realizzando, uno dei pochi centri al mondo, un anticorpo monoclonale per la lotta al Coronavirus, tutto il computo di come seguirà il percorso di sperimentazione ci porta a dire che gli anticorpi monoclonali prodotti a Siena saranno pronti ad aprile». Doveva essere fine anno, quelli di Eli Lilly erano pronti a ottobre 2020. Alla fine i monoclonali Tls sarebbero arrivati molti mesi più tardi, a seconda ondata conclusa.

Il 26 gennaio 2020 Eli Lilly annuncia che il suo trattamento «a base di anticorpi monoclonali bamlanivimab (LY-CoV555) ed etesevimab (LY-CoV016) di Lilly riduce il rischio di ospedalizzazione e morte per Covid-19 del 70% in pazienti ad alto rischio». Silvestri mastica amaro: «La casa farmaceutica aveva messo a disposizione dell’Italia 10mila dosi di anticorpi monoclonali gratis, 555 per un trial clinico pragmatico. Che potevano arrivare anche a 20-30 mila dosi». Palù fa sapere di non aver gradito il no di Aifa alla sperimentazione: «I monoclonali, se somministrati in fase precoce, riducono i ricoveri del 70% e la mortalità in soggetti gracili», respingendo i dubbi di chi chiedeva - come Magrini e Ippolito - la validazione di Ema. «Questa ortodossia non era necessaria in questo momento, perché abbiamo sia lo strumento giuridico, cioè la possibilità di decretazione d’urgenza da parte del ministero, sia i dati pubblicati».
Il 5 febbraio 2021, il capo della struttura commissariale Domenico Arcuri comunica che per i monoclonali in Italia siamo ai dettagli: «Stiamo aspettando il perfezionamento del processo burocratico amministrativo». L’8 febbraio 2021, Speranza affida ad Arcuri la distribuzione temporanea dei monoclonali che l’Italia compra da Eli Lilly dopo averli rifiutati gratis. Mentre Tls lavora alla cura, a Siena il 29 marzo 2021 i primi pazienti vengono trattati proprio con i monoclonali di Eli Lilly. Ad aprile, dei monoclonali di Tls annunciati da Giani non c’è traccia. Il 29 aprile 2021, Rappuoli è costretto a chiarire che i monoclonali di Tls saranno pronti (forse) tra due mesi, ovvero nell’estate del 2021, quando ormai saranno inutili.

Quanti pazienti potevano essere curati con le 10mila dosi che Eli Lily voleva donare all’Italia? Basti pensare che a questa soglia in Italia ci si è arrivati solo il 27 settembre 2021, ovvero a un anno dallo stop alla donazione gratuita. Ma, dati alla mano, è da ottobre 2020 a gennaio 2021, nel pieno della seconda ondata, che in Italia sono morte 50mila persone, 15mila in più della tragica prima ondata tra marzo e maggio 2020.

Perché abbiamo detto no a dei monoclonali gratis che poi abbiamo ricomprato a caro prezzo perché i nostri non erano pronti? Audito in commissione Covid, [...]il 4 marzo 2025[/...] l’ex [...]direttore del dipartimento di Ricerca clinica dello Spallanzani fino al 30 giugno 2021 [/...]ammette che «i monoclonali erano efficaci» ma che furono sacrificati sull’altare dell’«amichettismo» Pd, mentre l’Italia veniva chiusa per la seconda volta.

Il senatore Lucio Malan chiede: «Se erano efficaci perché non sono stati usati?». «Perché non erano ancora disponibili - tiene a precisare Petrosillo - Quando sono andato via a giugno non c’era ancora questa disponibilità di monoclonali. Vennero anche poi creati dei centri all’interno dei vari ospedali che distribuivano monoclonali e antivirali». Basta leggere la lettera di Silvestri a Ranieri Guerra per capire il clima di allora: «Ho riflettuto molto su quello che è successo ieri durante la chiamata con Aifa e Lilly, soprattutto il comportamento di Ippolito (poiché Magrini alla fine ha fatto una mezza virata verso la ragione)». È in questa missiva che lo scienziato italo-americano adombra che dietro «l’assurdità delle obiezioni scientifiche all’uso degli anticorpi» ci possano essere interessi economici e che «questo sabotaggio potesse favorire un certo business».

Secondo l’ex senatrice M5S Elena Fattori, uscita dal Movimento per dissidi con Luigi Di Maio e Paola Taverna per un emendamento al Milleproroghe considerato No Vax i monoclonali non solo avrebbero salvato delle vite ma addirittura scongiurato un secondo lockdown: «Nel 2020, quando non si avevano armi contro il Covid e ci si limitava alla famosa e fallimentare strategia della “Tachipirina e vigile attesa” - ricorda l’ex grillina sui social - il prof Guido Silvestri offrì al nostro Paese l’opportunità di avere gratuitamente 10mila dosi dell’anticorpo monoclonale Lilly per il quale c’erano evidenze scientifiche di efficacia. L’ex direttore dell’Aifa Magrini e il ministro Speranza però sabotarono questa donazione che avrebbe evitato, molto probabilmente, il secondo lockdown», mentre gli anticorpi Tls «erano indietro nella produzione e quindi non arrivarono in tempo.

Non si può calcolare quanti morti si sarebbero potuti evitare se Speranza e compari non avessero boicottato l’arrivo degli anticorpi per le loro politiche di amichettismo. Né se magari si fosse evitato il secondo lockdown. Ma questa è la triste vicenda». Per questo Conte non vuole farsi sentire? Allora meglio che lasci la commissione, come ha gia chiesto la capogruppo Fdi Alice Buonguerrieri. Lui e Giuseppe Boccia, allora ministro del governo Pd-M5s, sono in conflitto d'interessi come Scarpinato e De Raho. E forse non solo loro.

L’anno scorso, proprio sui monoclonali Tls, è scoppiata una causa giudiziaria con la società farmaceutica Menarini, partner scientifica del progetto, che oggi per la mancata produzione di 200mila monoclonali chiede indietro 23 milioni. Che cosa è successo? Lo scopriremo presto.

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