Il sole a mezzodì illumina Talamone. Siamo quasi a novembre. Tempo meraviglioso. Luce intensa, caldo perfetto e brezza leggera. Un solitario dalla spiaggia di rocce si bagna nelle acque lievemente ondulate. Sembra Prometeo. In realtà è Marcello Veneziani, filosofo e scrittore, «intellettuale controcorrente» in perenne movimento.
Ha appena pubblicato un nuovo saggio. Se cominci a leggerlo non riesci a smettere sino all’ultima pagina: Nietzsche e Marx si davano la mano. Vita, intrecci e pensiero di due profeti che sconvolsero il mondo (Marsilio, pagg. 240, euro 18).
Prima di iniziare la conversazione canticchio, come posso, la strofa di Antonello Venditti: «Tutti al bar dove Nietzsche e Marx si davano la mano /e parlavano insieme dell’ultima festa/ e del vestito nuovo, buono, fatto apposta / e sempre di quella ragazza che filava tutti/ meno che te». 1975. La pellicola della memoria torna indietro di mezzo secolo. Album strepitoso: Lilly .
Canzone strepitosa: Compagno di scuola . Conclusione strepitosa: «Compagno di scuola / ti sei salvato dal fumo della barricate/ ti sei salvato o sei entrato in banca pure tu?». Diamo un taglio alla nostalgia! Parliamo del libro. Marx è morto nel 1883; Nietzsche nel 1900. Ma quando mai si sono dati la mano? «L’inizio è frutto della fantasia narrativa, risponde sornione Marcello. Sia Marx che Nietzsche cercavano spasmodicamente il sole quale sollievo alla loro salute cagionevole. Ho ipotizzato il loro incontro in una locanda a Nizza, città dal clima mite e salubre. Un incontro casuale, come spesso accade, concluso con una stretta di mano. Due Titani. Due giganti dell’Ottocento che hanno marcato a fuoco il Novecento».
Sin qui siamo alla fantasia. Ma la storia reale?
«Pur nelle differenze tra i due sono tante le somiglianze. Entrambi hanno praticato il ragionamento filosofico con il martello fra le mani, cercando di fracassare quanto non era di loro gradimento. Senza troppi convenevoli. Per il romanticismo nutrivano entrambi una venerazione. E soprattutto entrambi non amavano né Dio né la Patria né tantomeno la Famiglia».
Hanno però dato vita o, meglio, sono stati adottati da due differenti scuole di pensiero politico...
«È vero. Marx ha ispirato il materialismo progressista; Nietzsche il conservatorismo tradizionalista. Ma i punti di contatto tra i due esistono e sono molteplici. Lo aveva già osservato in un pionieristico saggio, pubblicato nel 1960, Ernst Nolte, dedicato alla congiunta influenza dei due filosofi sul giovane Benito Mussolini, all’epoca socialista massimalista. Nietzsche e Marx, pensatori ottocenteschi impegnati nella critica della modernità, delineeranno il quadro di riferimento filosofico della «guerra civile europea» combattuta tra il 1917 e il 1945. Per Nolte l’ideologia che si richiama a Marx trionfa nel 1917; l’ideologia di segno opposto che si richiama a Nietzsche trionfa prima in Italia nel 1922, poi in Germania nel 1933. Quindi per comprendere il Novecento – giusta o sbagliata che sia la diagnosi di Nolte – occorre gettare lo sguardo essenzialmente su due pensatori dello scorcio finale dell’Ottocento: appunto Marx e Nietzsche».
Allora essendosi chiusa la «guerra civile europea», al nostro tempo i due «filosofi a braccetto» non hanno più niente da dire?
«Direi il contrario. Hanno molto da dire. La cultura di sinistra e progressista ha depurato Marx della “lotta di classe”, rimpiazzandola con la lotta alla Tradizione. Oggi quanti si richiamano al marxismo non provano più ad abbattere i Padroni ma i Patriarchi. E quanti si richiamano a Nietzsche a all’impellenza di “oltrepassare l’umano”, lo hanno sin troppo oltrepassato nel Transumanesimo, nell’adorazione della Tecnologia priva di limiti, nell’esaltazione dell’Intelligenza Artificiale. Assistiamo alla cavalcata senza ostacoli del Nuovo Prometeo. Ha divorato sia Marx che Nietzsche. Ormai lavora in solitaria, incarnando lo spirito più estremista della “volontà di potenza”, senza numi tutelari e senza alcuno in grado di frenarlo. È il “deserto che avanza”, come aveva intuito Martin Heidegger, nell’Occidente sempre più secolarizzato e americanizzato».
Fa ancora caldo. L’orizzonte è limpido. Ma è ora di concludere. Un’ultima questione. Chi sono i due italiani che hanno compreso il martellamento filosofico dei due pensatori?
«Per Marx non ho dubbi: è stato Antonio Gramsci. Certo lo ha letto a modo suo. Ne aveva compreso l’importanza scorrendo anche le pagine di Giovanni Gentile. Un testo che Lenin suggeriva ad ogni buon comunista di leggere, gettando alle ortiche la paccottiglia marxista. E non ho dubbi neppure su Nietzsche: Benito Mussolini. Giovane e furioso rivoluzionario per un semplice e povero giornaletto di provincia, riassunse il pensiero di Nietzsche, o almeno quello che riteneva essere il pensiero di Nietzsche. Più volte, nel corso degli anni, si definì suo discepolo. Ma non rifiutò Marx. Tutt’altro. Cercò di coniugare la “lotta di classe” con la “volontà di potenza”. Aveva compreso la portata rivoluzionaria di entrambi. Non intendeva separarli uno dall’altro, ma fonderli in un unico contenitore, certo filologicamente non ortodosso, ma efficace sul piano pratico. C’era bisogno di una “rivoluzione conservatrice”. C’era bisogno di una sintesi tra Marx e di Nietzsche.
E che le vette astratte della filosofia dovessero farsi mondo, calandosi nella mischia dell’attività politica ». Possiamo arrestarci qui. Il tramonto sta calando rapidamente su Talamone. Anche noi, semplici mortali e non Titani, abbiamo bisogno del sole benefico e ristoratore.