Palermo - Condanna ridotta a sette anni. Marcello Dell'Utri non c'è. Non è in aula alle 10 quando la Corte legge la sentenza del processo di secondo grado a suo carico per concorso esterno in associazione mafiosa. Il senatore è a Milano, in attesa. Al tribunale di Palemro i suoi legali. I giudici di Palermo hanno ridotto in appello la pena per Dell’Utri e lo hanno assolto per i reati riferiti al periodo successivo al 1992, periodo al quale l’accusa riconduce l’incontro fra l’imputato e i fratelli Graviano. La Corte ha inoltre dichiarato di non doversi procedere nei confronti di Gaetano Cinà, esponente mafioso che era l’unico altro imputato del processo e che è nel frattempo deceduto. I giudici hanno anche condannato il senatore al pagamento delle spese sostenute dal Comune e dalla Provincia di Palermo che "si liquidano per ciascuna di esse in complessivi 7mila euro". La corte ha inoltre indicato in 90 giorni il termine per il deposito della sentenza.
Delusa l'accusa "Sono deluso perché la parte relativa alla politica era quella in cui l’accusa aveva 'quagliato' meglio. Può darsi che io non capisca, ma attendo che la Corte me lo spieghi per iscritto. Magari scoprirei di avere sbagliato e con me altri, oppure continuerò a perseverare nella mia opinione". L’ha detto il procuratore generale Gatto, commentando la condanna a Dell’Utri, per il quale aveva chiesto 11 anni. "La Corte ha dunque negato che vi sia stata una collaborazione, un patto, uno scambio tra mafia e politica?" gli viene chiesto. "Dal punto di vista processuale questo fatto non esiste, ma dobbiamo anzi vogliamo capire il perché".
La difesa: "Pietra tombale sulla trattativa" "Con questa sentenza si mette una pietra tombale sulla presunta trattativa tra Stato e mafia durante il periodo delle stragi. Quello che ha detto Spatuzza non è stato evidentemente preso in considerazione come voleva l’accusa". Lo ha detto l’avvocato Nino Mormino, legale di Dell’Utri, sottolineando che la corte ha assolto il suo assistito per le condotte contestate in epoca successiva al 1992, escludendo cioè qualunque "patto" tra lo Stato e Cosa Nostra subito dopo le stragi. Per l’avvocato Pietro Federico l’assoluzione dalle accuse contestate dal '92 in poi dimostrano che "tra il senatore e i fratelli Graviano, boss di Brancaccio, non ci sono stati rapporti". Commentando la sentenza del processo di appello al senatore Federico aggiunge: "Dal ’92 in poi sono stati smentiti tutti i collaboratori di giustizia, ci auguriamo che il principio adottato dalla Corte per arrivare a questa sentenza sia applicato nel prossimo giudizio della Cassazione anche al periodo antecedente al ’92, che presenta numerose contraddizioni".
I legali e la prescrizione "Si tratta di un dato significativo visto che di questa seconda parte del processo facevano parte anche e soprattutto le dichiarazioni di Spatuzza - aggiunge il legale - . I giudici hanno evidentemente ritenuti sussistenti i rapporti fra Dell’Utri e Vittorio Mangano e le tangenti per le antenne televisive e le estorsioni ai danni dei magazzini Standa. Ora prima di valutare i termini della eventuale prescrizione, ricorreremo in Cassazione" conclude Federico. I fatti precedenti al 1992 potrebbero infatti rientrare nella prescrizione., ma i calcoli sono estremamente complessi e vanno rapportati ai singoli episodi. La Corte avrebbe potuto applicarla d’ufficio, cosa che però non è avvenuta. Il pg Gatto ha detto che per il momento non ci vuol pensare, ammettendo implicitamente che il rischio prescrizione esiste.
La campagna di stampa "C’è stata una vera campagna di stampa tale da condizionare la Corte. Non si è mai vista una Corte fare un comunicato stampa" ha detto commentato ancora Federico. "L’appello è stato trasformato in un campo di battaglia - ha aggiunto l’avvocato Federico - è stato alquanto irrituale leggere oltre al comunicato della Corte anche quelli dell'associazione nazionale magistrati e dell’Ordine degli avvocati".
La camera di consiglio Il collegio presieduto da Claudio Dall’Acqua, a latere Salvatore Barresi e Sergio La Commare, è stato riunito in camera di consiglio da giovedì scorso. In primo grado Dell’Utri era stato condannato a nove anni di reclusione.
Il pg Nino Gatto, a conclusione della sua requisitoria, aveva chiesto la condanna dell’imputato a 11 anni. Il senatore del Pdl ha preferito restare a Milano, dove, dicono i suoi legali, potrà aspettare la sentenza con maggiore tranquillità.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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