Quando si diffonde la voce che il premier potrebbe non arrivare allappuntamento con il Popolo delle libertà, non ci vogliono neanche credere. «É uno scherzo». I 50mila arrivati da tutte le regioni del nord per il gran finale della festa nazionale al Castello Sforzesco e il primo comizio di Silvio Berlusconi a Milano dopo laggressione dello scorso dicembre in piazza Duomo hanno occupato tutti gli spazi possibili. Alle tre del pomeriggio nella tensostruttura dove è piazzato il palco non si entra già più, fuori sono montati i maxischermi e la gente con le bandiere e le magliette bianche con lo slogan «lamore vince sempre sullinvidia e sullodio» che vengono distribuite agli stand stendono i teli sullerba e trasformano la grande adunata in una scampagnata. E cè pure la colonna sonora del «meno male che Silvio cè», partono i coretti. Berlusconi è atteso alle ore 16 ma dopo mezzora di ritardo ancora non arriva, chi sta dietro alle transenne aspetta con i cellulari puntati per immortalare larrivo. Ma una volta è lauto blu del ministro Mariastella Gelmini, una volta lex ministro Pietro Lunardi che arriva a piedi. É un falso allarme sicurezza a far traballare fino allultimo la presenza di Berlusconi, la questura ha dovuto verificare delle telefonate minatorie ma le ha giudicate inattendibili e ha dato lok. «Sono felice di essere ancora una volta insieme a voi anche se qualcuno ha tentato di non farmi venire» è la prima battuta sul palco che scalda i supporter, in standing ovation. Massima allerta e poliziotti, carabinieri e finanzieri schierati a ogni angolo del parco, viene chiuso al pubblico lingresso tra via Paleocapa e piazza del Cannone. Nei torrioni del Castello tiratori scelti non perdono docchio la zona e gli organizzatori della festa hanno assoldato anche una quarantina di giovani sostenitori del partito con indosso le felpe del servizio di sicurezza e il coordinamento dellassessore regionale alla Sicurezza Romano La Russa che li dirigeva come un vigile da un punto allaltro del parco.
Applausi per i temi caldi, dallo strappo con i finiani ai numeri della lotta allimmigrazione. Ma le ovazioni sono per il premier «mattatore», quando anticipa che invierà a casa di ogni famiglia gli opuscoli che raccontano tutti gli obiettivi già raggiunti dal governo e «ci sarà da stropicciarsi gli occhi». O quando con una battuta gela la sinistra e anche Fini finito nel mirino per la casa di Montecarlo: «Continuano a dire che Berlusconi se deve andare a casa, ma mi mettono in grande disagio perchè ne ho venti e non saprei dove andare». «Noi intendiamo andare avanti, intendiamo governare perchè è la responsabilità che ci hanno affidato gli italiani» assicura. E dalla platea di alzano i «vai avanti». Non è solo Milano ad aver risposto alladunata, i pullman sono arrivati dallEmilia Romagna, dalla Toscana, dalla Liguria. «Giovane Italia, Rieti», «Grazie presidente, Torino», «Veneto e Padova presenti» è scritto sui cartelli. Accanto a quelli provocatori, come «Di pietro vade retro».
Le prime file sotto al palco sono occupate da ministri, sottosegretari e colonnelli del partito (cè il parterre rosa con Mariastella Gelmini, Giorgia Meloni, Mara Carfagna, Daniela Santanchè), seduti a fianco il sindaco Letizia Moratti, Guido Podestà, Roberto Formigoni.
Milano dà la carica al premier: «Vai avanti»
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