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Almerigo Grilz è (finalmente) tornato a casa

Il premier Giorgia Meloni ricorda la figura di Almerigo Grilz. Ecco perché i suoi occhi della guerra ci parlano ancora oggi

Almerigo Grilz è (finalmente) tornato a casa
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Almerigo Grilz è tornato a casa. No, non la sua a Trieste. Il reporter dell'Albatross, infatti, riposa ancora sotto un albero di mutongo in Mozambico. Almerigo è tornato a casa perché, dopo esser finito per 25 anni nel dimenticatoio, è stato finalmente accolto dal Paese che amava. È come se, per la seconda volta, Grilz avesse ottenuto la cittadinanza italiana. Il riconoscimento che è esistito. Che ha fatto parte di una storia.

Ci ha pensato il premier Giorgia Meloni, all'inaugurazione della mostra Bearing Witness, organizzata da Fausto Biloslavo e Francesco Semprini (e curata da Giorgia Rivera), a ricordare la sua figura: "Voglio onorare coloro che, facendo questo lavoro, sono caduti. Il mio omaggio non può che andare a uno dei pionieri di questa professione: Almerigo Grilz. Oggi avrebbe compiuto 70 anni, se il 19 maggio del 1987 non fosse stato colpito a morte in Mozambico mentre filmava gli scontri tra i guerriglieri e i governativi. Grilz ci ha portato dentro le guerre più lontane e ci ha raccontato i conflitti più dimenticati. Rappresenta un riferimento per ogni inviato di guerra". Poche parole ponderate. Poche parole che raccontano l'essenza di Almerigo: la passione, la voglia, la ricerca del rischio e, soprattutto, il desiderio di raccontare. Di esserci là dove pochi volevano (e vogliono ancora) andare.

I tre dell'Albatross - Biloslavo, Almerigo e Gian Micalessin - si erano scelti un inno: "Vita spericolata" di Vasco Rossi. Era infatti quello che cercavano. Non una vita senza pericoli. Ma una vita schivando i pericoli. Forse, proprio anche per questo, Almerigo aveva scelto di militare nel Fronte della Gioventù. Ne è stato l'anima più all'avanguardia, quella più artistica. Ma anche quella che, forse più di tutti, sapeva guardare avanti, meglio: oltre, lasciandosi alle spalle il passato (e sono quindi sciocche e inutili le commemorazioni nostalgiche che abbiamo visto in questi giorni). Almerigo, da un certo punto in poi della sua vita, è stato unicamente un reporter. Con le sue idee personali, certamente (ma chi non ne ha?). Ma sapeva metterle da parte. Sapeva davvero essere gli occhi della guerra dei suoi lettori.

Per questo sono futili e fuori dal tempo le polemiche nate attorno al premio intitolato ad Almerigo Grilz. Non ci sono anime nere. Non c'è nessun desiderio nostalgico.

C'è solo la volontà di far conoscere la storia di un reporter che, pur di far vedere ai suoi lettori ciò che stava accadendo in Mozambico, ci ha lasciato la pelle. Non è da tutti. Ed è arrivato il momento che questa "vita spericolata" venga raccontata. Bentornato a casa, Almerigo.

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