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"Quel documento è una patacca. Ecco perché". Giannuli sulla Gladio parallela

A pochi giorni dal clamore generato dalla pubblicazione di un documento in cui si parla della creazione di una struttura riservata all'interno del Sismi, l'esperto ridimensiona tutto

"Quel documento è una patacca. Ecco perché". Giannuli sulla Gladio parallela

“Non esistono documenti falsi, esistono solo documenti capiti male”. La frase è di Aldo Giannuli, storico ed esperto di servizi segreti, tra i massimi conoscitori di archivi. Negli anni Giannuli è stato consulente di diverse procure per fare luce su alcuni dei capitoli più oscuri della nostra storia recente. Tanto per dirne una, il suo ultimo ruolo istituzionale è stato per la procura generale di Bologna riguardo le indagini a carico di Paolo Bellini sulla strage del 2 agosto 1980. Insomma, Giannuli di carte se ne intende.

Il motivo per cui riportiamo la sua frase è semplice: è dei giorni scorsi la pubblicazione – con grande e giustificato clamore – di un documento scovato dal giornalista Andrea Palladino. Si tratta di un documento, un “appunto” del Sismi, il vecchio servizio segreto militare, che fa parte di quelle 190 mila pagine provenienti dagli archivi ufficiali di Gladio che sono state declassificate nel 2021 dall’allora presidente del Consiglio Mario Draghi.

Nel documento, datato 13 luglio 1990, un anonimo direttore di Divisione [anonimo perché il nome è oscurato, ma alla cui identità si potrebbe facilmente risalire, ricostruendo l’organigramma del Sismi in quell’anno, ndr] consiglia all’allora direttore del servizio, l’ammiraglio Fulvio Martini, la creazione di una “nuova struttura” da impiegare per operazioni sporche, non riconducibili direttamente all’attività ufficiale del Sismi.

Un documento sconvolgente, non c’è che dire. Talmente sconvolgente che il giorno stesso della sua pubblicazione – il 31 marzo scorso – un senatore PD, Walter Verini, ha invocato un’immediata interrogazione al governo e l’intervento del Copasir. Ma siamo davvero sicuri che questo documento sia autentico? Attenzione, non mettiamo in dubbio il lavoro del collega Palladino, né la sua buona fede, ci mancherebbe. Quello che però è mancato nel clamore suscitato da questo scoop è stato il fermarsi un attimo e ragionare sulla natura stessa di questo documento.

Davvero è credibile che direttore di Divisione, per quanto sprovveduto (o solerte, dipende dai punti di vista), decida di mettere nero su bianco una richiesta del genere? Davvero è credibile che la creazione di un’unità di contractor con licenza d’uccidere possa finire su un documento su carta intestata, protocollato e archiviato, con il rischio che un giorno (cosa peraltro avvenuta) qualcuno possa ritrovarlo? A noi il dubbio è venuto. E per questo ne abbiamo parlato con Aldo Giannuli, che di “patacche” se ne intende. E infatti il suo esordio non appena abbiamo chiesto la sua opinione a riguardo è stato: “questo documento è sicuramente una patacca”.

“Una cosa del genere [la richiesta della creazione di una nuova struttura così peculiare, ndr] magari la si può alludere, ma addirittura esplicitarla in questo modo no, non esiste. Una cosa del genere non è mai stata scritta, anche quando c’era il Noto servizio”. Aldo Giannuli si riferisce al servizio segreto informale, o meglio, clandestino, da lui scoperto nel 1996. Divenuto celebre come “Noto servizio” o “Anello”, questo servizio segreto si sarebbe reso protagonista di alcune delle azioni sporche più inquietanti della storia repubblicana.

Ciononostante, il documento c’è, esiste ed è stato pubblicato. Torniamo allora alla frase di esordio “non esistono documenti falsi, esistono solo documenti capiti male”.

“Lo confermo – ci dice Giannuli – è un falso, prodotto non so dire quando. Il fatto che il nome del direttore di Divisione sia cancellato già non ci mette in buona condizione per capire. Certo che però sarebbe interessante capire per quale motivo sia stato prodotto e, soprattutto, perché sia venuto fuori proprio ora. Un conto è se il documento è effettivamente del 1990, e ne dubito. Un conto è se è stato infilato in mezzo alle carte recentemente”.

Stando alle parole di Giannuli, le tempistiche della produzione di questo documento cambiano notevolmente la sua funzione: “Ha tanto l’aria di un documento fatto o per intorbidare le acque, per fare un depistaggio, o di un documento che parla a nuora perché suocera intenda, cioè fatto uscire per mandare un messaggio a qualcuno. A trent’anni dalle stragi del 1993 il dubbio viene”.

E in effetti il riferimento alle stragi del 1993 non è peregrino. Lo stesso Andrea Palladino, nel suo articolo del 31 marzo, ha parlato di collegamenti tra la creazione di questa struttura e la strage di Capaci, l’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, le azioni sanguinarie della Falange armata. Uno scenario inquietante, non di meno se il documento fosse effettivamente falso come ritiene Giannuli.

Lo sottolineiamo ancora: la cosa incredibile non è che un servizio segreto possa avere alle sue dipendenze un’unità segreta di agenti pronti a tutto, la cosa incredibile è che ne lasci traccia documentale: “I servizi segreti italiani non fanno eccezione – conferma Giannuli – come tutti i servizi segreti del mondo anche noi abbiamo dei nuclei segreti, una costola che non deve essere ricondotta ad ambienti ufficiali. È una prassi. Un tempo c'era il Noto servizio, che ha avuto quattro epoche diverse, mai stabilite per decreto. In questi casi non esistono documenti, non è nel linguaggio, non è nella cultura dei servizi. Lo ripeto, questo documento è una patacca”.

Ma allora c’è la possibilità di risalire alla genesi di questo documento, falso o autentico che sia? Secondo Aldo Giannuli una possibilità c’è: “Con il numero di protocollo si può avere la certezza della sua non autenticità. Un errore che spesso succede è che viene messo un numero di protocollo qualsiasi, che poi è o molto antecedente o molto successivo a un altro documento protocollato in una data vicina o identica”.

Insomma, basterebbe visionare altri documenti del Sismi coevi alla data del 13 luglio 1990 per togliersi la curiosità. Ma, anche in questo caso, chiunque abbia prodotto il documento potrebbe essere stato particolarmente accorto, apponendo un numero di protocollo credibile. Vedremo. Aldo Giannuli ha preso con noi l’impegno di fare luce su questa storia.

Ma prima di chiudere l’intervista ci ha tenuto ha esprimere un concetto finale: “Se questo documento è originale, io sono Roberto Bolle”.

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