La verità su Guerra, Piano pandemico e Covid che Report nasconde

Sigfrido Ranucci ha attaccato Il Giornale dicendo che scrive cazz... sulla pandemia. Ecco i documenti che dimostrano il contrario

La verità su Guerra, Piano pandemico e Covid che Report nasconde

Sigfrido Ranucci dice su Facebook che il sottoscritto sul «Giornale», quando parla di Report, non ne azzecca una e scrive cazzate. L’ultima l’avrei scritta su l’ex dg della Prevenzione Ranieri Guerra e sul Covid. Ora, quando uno ha ragione, ha ragione. Sul Covid, in passato, insieme a tanti altri giornalisti della stampa nazionale che hanno ceduto acriticamente alla narrazione mainstream del facile capro espiatorio ed alle propaggini di Report, ho scritto delle cose che non erano vere. Due, in particolare. Che il mancato aggiornamento del Piano pandemico del 2006 era responsabilità esclusiva di Ranieri Guerra e che il rapporto dei ricercatori Oms guidati da Francesco Zambon fu ritirato per colpa di Guerra perché avrebbe inchiodato l’Italia proprio sul mancato aggiornamento del Piano pandemico. Su questi fatti, ora Report si nasconde giustamente dietro le sentenze che danno ragione alle sue inchieste (l’ultima risale a gennaio 2025) e torto a Guerra, che si è sentito diffamato da Report e La7 e da Zambon a cui ha chiesto rispettivamente 500mila e 1 milione di risarcimento. Chi ha davvero ragione? Lo sapremo in Appello, fissato nel 2027. Anche perché tra le motivazioni della sentenza dietro a cui si arrocca Ranucci si legge che nell’ambito del giornalismo d’inchiesta «la verità è attenuata dalla manifestazione del libero pensiero».

Ranucci ha ragione, sono del Toro e mi agito quando qualcuno scrive cazzate. E non lo dico io. Lo mettono per iscritto sentenze di tribunali nazionali ed internazionali che i giornalisti di Report dicono di rispettare religiosamente, ma che Ranucci probabilmente non ha letto, che se ha letto non ha evidentemente ritenuto mandare in onda. È molto curioso infatti che Report si sia prodigato a dare immediata notizia della rogatoria internazionale che la Procura di Bergamo aveva trasmesso all’Oms nell’ambito dell’indagine per epidemia e che invece abbia deciso di ignorarne la risposta. Così come è curioso che Ranucci non conosca i contenuti del decreto di archiviazione del Tribunale di Venezia nei confronti di Guerra a seguito di una querela di Zambon per violenza privata. Qui non si tratta di stare dalla parte dell’uno o dell’altro. A Zambon, per esempio, «il Giornale» ha sempre dedicato tanto spazio. Qui si tratta di ristabilire la verità dei fatti, proprio quella che Ranucci non ha contestato nel suo piuttosto violento post Facebook in cui a fronte di un articolo di giornale di un’intera pagina, Ranucci si è limitato a rivendicare la correttezza del metodo della sua inchiesta. Ma andiamo per ordine.

Perché è stato rimosso il rapporto dell’Oms e chi lo ha rimosso? Non c’è bisogno di inventarsi nulla né di fare speculazioni. Nella sentenza N. 5000 del Tribunale del Lavoro di Ginevra Ilo (reperibile open source, ma che Ranucci forse non è riuscito a trovare) datata 6 febbraio 2025 (quindi dopo la sentenza sui 15mila euro), si legge: «Il 13 maggio è stato pubblicato il rapporto sul Covid. Entro 24 ore dalla sua pubblicazione, è stato rimosso dal sito web dell’Oms, su richiesta della Cina (in quanto Stato membro dell’Oms)». E ancora, «il ricorrente [ZAMBON, NDR] fa riferimento al ritiro del rapporto sul Covid dal sito web dell’Oms, ai motivi di tale ritiro, ai comunicati stampa dell’Oms del 23 settembre 2020 e del 4 dicembre 2020, che spiegavano alla stampa e ai media le ragioni della ritrattazione di detto rapporto. Egli sostiene, in sostanza, che: – il signor G. avrebbe “sabotato” la pubblicazione del rapporto sul Covid; – il rapporto sul Covid sarebbe stato ritirato per coprire il conflitto di interessi del signor G. e il fatto che l’Italia non disponesse di un piano pandemico nazionale aggiornato al momento dello scoppio della pandemia di Covid-19, e che il signor G. fosse, presumibilmente, corresponsabile di tale mancanza nella sua precedente funzione di direttore presso il ministero della Salute italiano».

E ora leggete bene: «L’Oms respinge questa ricostruzione dei fatti. Dai documenti risulta che, poco dopo la pubblicazione, il rapporto sul Covid fu rimosso su richiesta dell’Ufficio di Oms per la Cina e non fu mai pubblicato nuovamente». Sempre l’Ilo scrive: «Il 14 maggio, l’Ufficio di Rappresentanza dell’Oms in Cina contattò direttamente Euro e il ricorrente con una richiesta urgente di rimuovere il rapporto sul Covid dal sito web di Euro: “Si prega gentilmente di rimuovere immediatamente il documento dal web. Considerate questa un’emergenza. Questo documento contiene inesattezze e contraddice in alcuni punti la cronologia della sede centrale. Il riquadro relativo alla Cina deve essere urgentemente verificato dalla sede centrale. Dunque, [...]il rapporto sul Covid «fu rimosso dal sito web di Euro a seguito di una richiesta del ricorrente (Zambon, ndr) che scrisse quanto segue a Euro/PUB: “Cari colleghi del team PUB, mi dispiace molto ma ci è stato chiesto dall’Ufficio Oms Cina di rimuovere immediatamente il documento, a causa di un problema con un riquadro nel testo. Potete per favore togliere (temporaneamente) il documento dal sito web e confermare che sia stato fatto? [...]”». E ancora, come se non bastasse, l’Ilo ribadisce il concetto «Il rapporto sul Covid è stato ritirato su richiesta della Cina». Le conversazioni riportate dall’Ilo non sono nuove. Ma erano incluse anche nella risposta dell’Oms alla rogatoria internazionale della Procura di Bergamo. Guerra non c’entra nulla.

C'è da pensare che Ranucci non abbia mai letto neanche questo documento, di cui il Giornale ha parlato qui. Eppure, queste circostanze, sebbene in maniera meno elaborata, erano già emerse nel decreto di archiviazione del procedimento penale in cui Zambon accusava Guerra di violenza privata e datato 2 novembre 2022, in cui il giudice scrive che l’Oms ha ritirato il rapporto «per ragioni inerenti i rapporti con la sede di Pechino, cui il Guerra era del tutto estraneo». Chi scrive prende atto che Ranucci, in rigorosa osservanza del suo buon operato e della propria deontologia, pur avendo avuto tre circostanze distinte per ristabilire la verità dei fatti almeno sulla circostanza del ritiro del rapporto Oms, abbia legittimamente deciso di non informare i suoi telespettatori sui nuovi sviluppi della vicenda.

Ranucci scrive anche che ho tentato di riabilitare Ranieri Guerra. Peró non nega il passaggio dell’articolo in cui si specifica che proprio Guerra (così come i suoi successori) chiese di aggiornare il Piano pandemico, non il contrario. Del resto, come fa a negarlo? Lo comprova la nota mandata al «suo» ministro Beatrice Lorenzin, lo dicono le sommarie informazioni testimoniali della Procura di Bergamo, lo dicono i verbali [...]sul Piano pandemico [/...] desecretati dalla commissione Covid di cui il Giornale scrive da settimane, in cui gli ex componenti di Cts e task force sottolineano che la politica - vale a dire gli ex ministri della Salute che la stessa Procura di Bergamo aveva chiesto di mandare a processo per il mancato aggiornamento del piano pandemico del 2006 - non aveva mai finanziato l’aggiornamento del Piano. Un piano, quello del 2006, che anche se non aggiornato si poteva adattare, come scrive l’Oms in due circostanze nei primi giorni di febbraio del 2020.

Sulle responsabilita espressamente politiche della vicenda si espresse anche il generale Pier Paolo Lunelli, piùú volte intervistato proprio dai giornalisti di Report che a La7 nel dicembre 2020 disse testualmente: «Un piano deve indicare chi fa cosa e deve anche assegnare le risorse per poterlo eseguire… se queste risorse non sono state sviluppate tra il 2007 e il 2012 è chiaro che non ci siamo fatti trovare pronti». Anche di questo deve rispondere un funzionario che arrivò alla Prevenzione molto tempo dopo, solo nel 2014, e partì lo stesso anno in cui l’Ecdc europeo che si occupa di malattie e pandemie aggiornò le linee guida sulla preparazione dei piani pandemici in ottemperanza alla Direttiva UE 1082/2013 ed alle linee guida ad interim dell’Oms che sarebbero da lì a breve diventate ufficiali? Ci sono molti altri articoli pubblicati da «Il Giornale» proprio su quanto emerso dalla commissione d’inchiesta Covid che - evidentemente anche in questo caso - Ranucci non si è preso la briga di leggere. Sull’aggiornamento del Piano pandemico del 2006 e sulla sua applicazione, forse Ranucci non ha neanche mai letto quello che Francesca Nava aveva scritto sul Fatto quotidiano nel dicembre 2020.

La Nava non è certo una giornalista «di destra», anzi. Eppure nel suo articolo scrive: «Le polemiche intorno al ruolo del direttore aggiunto dell’Organizzazione mondiale della Sanità, Ranieri Guerra - che avrebbe fatto pressioni sui ricercatori della sede dell'Organizzazione mondiale della sanità di Venezia per far levare dal web il dossier critico verso l’Italia - hanno tutta l’aria di essere un’arma di distrazione di massa». Nel suo articolo, Francesca Nava (a cui si deve molta della chiarezza fatta su quanto accaduto in Valseriana) riporta una serie di misure che il Piano pandemico del 2006 prevedeva al fine del contenimento dei focolai ed a cui l’Ospedale di Schiavonia aveva dato piena applicazione con successo. Ma Ranucci, non ha evidentemente letto neanche questo articolo.

Ha ragione Ranucci a dire che il prossimo 17 ottobre a Roma ci sarà l’udienza del processo a Guerra, «insieme ad altri funzionari del ministero della Salute che gestirono la preparazione alle pandemie per reato di omissione o rifiuto di atti d’ufficio in relazione al mancato aggiornamento del Piano pandemico», come ho scritto nel pezzo, ma siamo sicuri che a processo ci siano finite le persone giuste?

A proposito. Ranucci chiude il suo post dicendo che dovrei chiedere scusa agli italiani per avere tentato di riabilitare Ranieri Guerra. Si da il caso che nel primo anniversario della strage di Bergamo il sottoscritto era sullo stesso palco su cui sedeva il suo giornalista Valesini, insieme a Francesca Nava, Francesco Borgonovo, Fabrizio Gatti e Maddalena Oliva, premiato per i numerosi articoli dedicati all’infame gestione della pandemia proprio dai familiari della Bergamasca.

Ora, se il Piano pandemico non è stato aggiornato è colpa dei politici, non di Guerra. Lo aveva capito la Procura di Bergamo, la cui inchiesta si è arenata e che oggi potrebbe rianimarsi grazie a una sentenza della Cassazione che ha sdoganato il reato di epidemia colposa per condotta omissiva, rinforzata da un’inchiesta della Procura di Roma innescata dal whistleblower delle Dogane Miguel Martina, storia che Ranucci conosce benissimo: a suo dire l’ex funzionario (per questo risarcito dal Tribunale del Lavoro di Roma) sarebbe stato «disinnescato» mentre indagava con i Nas per aver scoperto l’orrendo mercato delle mascherine cinesi farlocche eppure costose, sdoganate in spregio alla legge. «Un affare di Stato che ci stritola tutti», gli avrebbe detto il suo superiore prima di fermarlo. Bisognerebbe indagare su questa procedura, come il Giornale fa da anni e di cui persino Report chiese conto a Giuseppe Conte in una famosa intervista. Ma di questo Ranucci non parla più, nonostante ciò che è emerso in questi mesi in commissione Covid, le cui risultanze sono ignorate dal sedicente giornalismo d’inchiesta mainstream. Forse questa commissione d’inchiesta crea su molti fronti un profuso prurito per avere creato un precedente da cui certa politica ha sempre cercato di sottrarsi: quello di dover rispondere della proprie azioni. Se c’è una responsabilità, i morti di Covid e la gestione «caotica e creativa» della pandemia non sono «solo» colpa di Guerra. Lo dicono verbali e sentenze che Report ha legittimamente ignorato pur di non demolire una verità ormai parziale se non del tutto falsa di cui Ranucci è evidentemente geloso.

È giusto chiedere scusa quando si sono scritte cose sbagliate in buona fede, insistere su una verità claudicante emersa dai lavori di una commissione parlamentare e da diversi tribunali (anche internazionali) non fa onore al servizio pubblico e non rende giustizia ai morti della Bergamasca, per cui «il Giornale» si è sempre battuto.

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