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"Not my king". Proteste e fischi per Carlo all'incoronazione in Scozia

Gli antimonarchici si sono fatti sentire anche durante la cerimonia d’incoronazione di Carlo III in Scozia

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Gli antimonarchici hanno alzato la voce anche durante la seconda cerimonia d’incoronazione di Carlo III in Scozia. Non hanno fatto molta paura, in realtà: i loro fischi e i loro cartelli con la scritta “Not My King” sono stati soffocati e oscurati dagli applausi della folla venuta ad ammirare i cortei sulla Royal Mile. Tuttavia la loro presenza e il loro peso nella società scozzese non possono essere trascurati. I manifestanti, infatti, hanno bollato l’intero rito come “antidemocratico”, un’ostentazione di ricchezza in un periodo di crisi.

Le proteste

Lo scorso 5 luglio Re Carlo III è stato “incoronato” nella Cattedrale di St. Gyles, a Edimburgo. Non sarebbe corretto definire la cerimonia un’incoronazione, dato l’Act of Union del 1707 che ha unito il Regno d’Inghilterra a quello di Scozia (e anche per questo Carlo non ha indossato la corona di Scozia, che gli è stata solo presentata: sarebbe stato inappropriato). Più che altro si tratta di un omaggio della Scozia al nuovo sovrano.

Il rito vero e proprio si è svolto lo scorso 6 maggio nell’Abbazia di Westminster. Il termine rimane comunque usato per comodità, ma il risultato non cambia, almeno per quanti sperano nella fine del potere della Corona britannica e nella formazione di un nuovo Stato repubblicano: gli antimonarchici, infatti, non hanno perso l’occasione per protestare contro la royal family (come hanno già fatto a Londra). Oltre ai cori contro la monarchia, agli ormai usuali cartelli con la scritta “Not My King”, i manifestanti hanno voluto spiegare la ragione per cui troverebbero anacronistica l’istituzione.

Al programma della Bbc Good Morning Scotland Grant McKenzie, del gruppo Republic, ha ribadito che l’evento della seconda incoronazione sarebbe “antidemocratico” e ha aggiunto: “Ci è stato imposto, stiamo attraversando una crisi senza precedenti del costo della vita”. Le proteste farebbero leva proprio sulle condizioni economiche piuttosto preoccupanti del regno. Gli antimonarchici non sopporterebbero una presunta ostentazione di ricchezza da parte della royal family, atteggiamento che verrebbe associato allo spreco e all’indifferenza nei confronti dei ceti sociali più deboli.

McKenzie ha proseguito: “Non penso che il pubblico nel Regno Unito sia particolarmente interessato al fatto che il denaro dei contribuenti venga utilizzato per una parata su e giù per il Royal Mile a Edimburgo…”. Infine il rappresentante di Republic ha affermato: “Naturalmente le persone saranno in grado di godere [di questo momento] se è ciò che vogliono fare. Le proteste, per loro stessa natura, sono destabilizzanti, faremo in modo di renderci visibili e di farci ascoltare”.

Ministri del governo scozzese a fianco dei manifestanti

Il particolare che più ha colpito i media è stata la presenza di ministri del governo scozzese tra i manifestanti. Patrick Harvie e Lorna Slater, leader dei Verdi, hanno partecipato a una protesta di fronte all’assemblea legislativa di Edimburgo. Harvie e Slater hanno declinato l’invito del Re alla cerimonia di St. Gyles.

Il primo, citato dalla Bbc e dal Guardian, ha dichiarato: “Per quelli che vogliono un Capo di Stato eletto è davvero importante essere ascoltati”, aggiungendo: “Ciò che abbiamo visto negli ultimi mesi è un tentativo davvero straordinario di elargire i vostri soldi, i nostri soldi per alcune delle persone più ricche, non solo in questo Paese, ma per alcune delle persone più ricche del mondo, in modo che loro possano fare una specie di costosissimo cosplay di Game of Thrones”.

Il ministro ha insistito sul concetto di un’istituzione che si trascinerebbe nel tempo, senza più la capacità di rinnovarsi, ma anche sull’anima indipendentista della Scozia. News.Sky.

com ha citato una sua frase emblematica in tal senso: “Ci sono molte persone in Scozia che vedono la monarchia come un tedioso spettacolo e il simbolo di valori che non ci appartengono”.

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