L'Unione Europea detta le regole per i nuovi Green Bond

Nuove regole europee sui Green Bond: sarà obbligatorio investire buona parte dei proventi in investimenti coperti dalla tassonomia green

L'Unione Europea detta le regole per i nuovi Green Bond

La Commissione Europea ha vidimato la svolta annunciata il 28 febbraio scorso da Consiglio Europeo e Parlamento europeo sulla proposizione dei nuovi Green Bond comunitari. Via libera dunque alle linee guida di quello che potrà essere il primo asset "verde" che sarà emesso direttamente dall'Unione Europea.

In base all'accordo, perchè un'obbligazione sia definibile come Green Bond i proventi da essa generati tramite le cedole che vengono emesse dovranno venire reinvestiti in attività economiche in linea con il regolamento sulla Tassonomia dell'Ue modificata nel 2022.

Attraverso la Tassonomia, lo ricordiamo, ciò che è "sostenibile" e ciò che non lo è viene esplicitamente indicato. Le nuove regole garantiranno agli operatori per la destinazione dei fondi dei loro prodotti "verdi" un 15% di margine di garanzia qualora emergessero nuovi campi di investimento ancora non coperti dalle richieste esplicite di garanzia verde nella Tassonomia. L'obbligo di reinvestimento di fatto è dunque all'85% per le attività coerenti con la Tassonomia.

"L'uso e la necessità di questa sacca di flessibilità saranno rivalutati man mano che la transizione dell'Europa verso la neutralità climatica progredirà e con il numero sempre crescente di opportunità di investimento interessanti e verdi che dovrebbero diventare disponibili nei prossimi anni", ha spiegato parlando della nuova regolamentazione lo studio legale Norton Rose Fulbright sul suo blog.

L'accettazione di queste regole consentirà agli emittenti di inserire l'etichetta di "European Green Bond" (Eugb) sui loro titoli. C'è da sottolineare che ad oggi l'adeguamento di un investimento con fini Esg a tali standard servirà solo per avere una certificazione di questo tipo senza alcun impatto su rendimenti e ritorni o sulla possibilità di investire a piacimento i propri denari da parte degli operatori.

Formalmente, le obbligazioni orientate agli standard Esg non riceveranno scrutinio a monte e sarà solo l'etichetta Eugb ad essere sottoposta allo standard di cui si è detto. Pura volontarietà, per ora. Questo segna di fatto un compromesso al ribasso rispetto a quanto richiesto inizialmentre dalla Banca centrale europea, per la quale un cronoprogramma verso la precisa obbligatorietà dello standard Eugb doveva essere deciso. Ma è comprensibile: con 500 miliardi di euro di emissioni all'anno di bond legati all'Esg nel mondo, auto-censurare automaticamente una quota delle emissioni finanziarie danneggerebbe l'Europa, capofila mondiale per dimensioni del mercato della finanza sostenibile. Al contempo, lo sforzo di apertura e engagement verso il mercato è grande e mira a strutturare una corsa alla trasparenza.

Lo standard apre a linee guida per i futuri Green Bond europei e, in ogni caso, rappresenta un punto di arrivo importante perché conferma l'Europa come largamente al comando su scala globale nella definizione delle regole del gioco sulla finanza verde. Le imprese emittenti che avranno il marchio Eugb, per quanto possano chiederlo su base volontaria, dovranno segnalare attentamente come intenderanno utilizzare sia i guadagni delle obbligazioni sia eventuali dividendi degli investimenti in una chiave di sviluppo sociale. Ormai ritenuto come direttamente collegato alla sostenibilità degli investimenti e dell'asset. Sul tema dei Green Bond, insomma, l'Europa fa un altro passo avanti.

Ma non abbandona la regola del giudizio e del pragmatismo. L'obiettivo è che sia il mercato poi a premiare la trasparenza. Facendo sì che a essere premiate siano le obbligazioni davvero verdi lasciando ai margini chi tenta arditamente di cavalcare greenwashing e problemi simili.

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