Il Pakistan lancia la controffensiva: "Pronti a fermarci se l'India farà lo stesso"

Escalation militare tra India e Pakistan. Smentita la riunione del comando nucleare pakistano. L'accusa di Nuova Delhi: "Islamabad sposta truppe in aree avanzate"

Il Pakistan lancia la controffensiva: "Pronti a fermarci se l'India farà lo stesso"
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Non si è fatta attendere la reazione del Pakistan alla serie di attacchi lanciati da Nuova Delhi in risposta all’attentato terroristico del 22 aprile nel Kashmir controllato dall’India per il quale il governo del premier Narendra Modi sospetta la complicità delle autorità di Islamabad. Nel corso della notte italiana, il governo pakistano ha annunciato di aver colpito le basi aeree di Udhampur e di Pathankot e un impianto di stoccaggio missilistico in una rappresaglia "occhio per occhio" finalizzata a respingere l’”aggressione” del loro storico nemico.

Il Pakistan ha fatto sapere di aver contrattaccato dopo che l’India ha colpito nelle scorse ore tre basi aeree, inclusa Nur Khan, un’installazione strategica collocata a dieci chilometri da Islamabad. Testimoni citati dal New York Times riferiscono di aver udito almeno tre forti esplosioni e di aver avvistato in cielo una “grande palla di fuoco”. L’India, a sua volta, ha dichiarato di aver attaccato obiettivi militari nemici, tra i quali un paio di basi radar, in risposta ai blitz con droni decollati in precedenza dal Pakistan.

Nel classico contesto di “nebbia di guerra” in cui è difficile verificare la veridicità dei vari comunicati ufficiali, le forze pakistane sostengono di aver comunque intercettato l’offensiva missilistica di Nuova Delhi. L'avvio da parte dell’esercito di Islamabad dell'Operazione Bunyanun Marsoos, un nome che riprende un versetto del Corano che significa “Muro di piombo”, è stato accompagnato dalla notizia, poi smentita, della convocazione della riunione d'emergenza dell'Autorità di Comando Nazionale pakistana (Nca), l'organismo incaricato di stabilire decisioni su controllo, comando e operazioni delle armi nucleari.

Stando a quanto riportato dall’agenzia di stampa AFP, l’ente aeronautico del Pakistan ha imposto la chiusura del suo spazio aereo per le prossime 24 ore. Sul fronte opposto, l'India ha invece chiuso 32 aeroporti nel nord e nell'ovest del Paese fino al 14 maggio. Nuova Delhi ha accusato Islamabad di preparare un’escalation trasferendo truppe "in aree avanzate" e ha affermato che “le forze armate indiane restano in un elevato stato di prontezza operativa”.

Mentre gli esperti parlano di una crisi che ha raggiunto proporzioni allarmanti, si moltiplicano gli appelli alla calma da parte della comunità internazionale. Il Segretario di Stato Usa Marco Rubio ha dichiarato che è necessaria una "de-escalation immediata". Le autorità cinesi si dicono “profondamente preoccupate” e annunciano di voler giocare un “ruolo costruttivo” e i ministri degli Esteri del G7 chiedono a India e Pakistan la "massima moderazione". Si segnala poi l'arrivo ad Islamabad, dopo una tappa a Nuova Delhi, di Adel al-Jubeir, ministro di Stato per gli Affari esteri dell'Arabia Saudita, che potrebbe tentare una delicata mediazione tra le due parti.

Un inaspettato spiraglio di tregua lo lascia intravedere il ministro degli Esteri pakistano Ishaq Dar che ha indicato che il suo Paese prenderà in considerazione l’idea di fermarsi se anche l’India farà lo stesso.

Gli ha fatto eco il ministro della Difesa Khawaja Asif, il quale ha sottolineato che l’opzione nucleare, seppur presente, è una “possibilità molto lontana” e ha evocato un calo della "temperatura" nel confronto militare con la nazione rivale.

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