Putin: "Ucraina? Disposto a parlarne con Trump". Il tycoon: "Ci sentiremo"

Botta e risposta a distanza tra il neoeletto Donald Trump e Vladimir Putin sulle ipotesi di riapertura del dialogo tra Russia e Paesi occidentali. In cima alle priorità, ovviamente, la guerra in Ucraina

Putin: "Ucraina? Disposto a parlarne con Trump". Il tycoon: "Ci sentiremo"
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Non sono trascorse nemmeno 48 ore dall'elezione di Donald Trump che qualcuno è già pronto a parlare di disgelo. Tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare, recita un vecchio adagio, ma qualcosa almeno nelle parole sembra muoversi. Questo è ciò che sembra trapelare dagli scambi a distanza tra il neoletto presidente Usa e Vladimir Putin.

Le congratulazioni di Putin per Trump

Le mancate congratulazioni-o anche qualcosa di vagamente simile-da parte del presidente russo all'indirizzo di Trump, sembravano aver segnato un altro punto a favore della nuova guerra fredda/calda tra Occidente e Mosca. E invece, il capo del Cremlino ha spiazzato la controparte in quel del club di Valdai, prestigioso forum "alternativo", presso il quale ha lanciato esche importanti. Non solo sono giunte le congratulazioni, ma perfino una sviolinata legata al coraggio avuto in occasione dell'attentato a Butler. Nonostante Putin non abbia perso l'occasione per puntare il dito contro la Nato e il vecchio ordine mondiale, a spiazzare è stata un'ulteriore affermazione sui leader occidentali: il presidente russo si è detto pronto a riprire il dialogo: "I leader degli Stati occidentali ad un certo punto mi hanno chiamato quasi ogni settimana, ma poi all'improvviso hanno smesso, ma qualcuno di loro vorrà riprendere i contatti, l'ho sempre detto e lo voglio ripetere: non abbiamo nulla in contrario".

La "mano tesa" di Trump

Non si è lasciato sfuggire l'assist The Donald, che silente da tante ore in un meritato riposo post-scalata elettorale, ha candidamente affermato "Penso che ci parleremo", durante la sua prima intervista, rilasciata all'Nbc. Del resto, in passato, lo aveva definito "good guy", ma soprattutto aveva promesso che, una volta eletto presidente, sarebbe riuscito a porre fine al conflitto "entro 24 ore". Dallo scoppio della guerra in Ucraina, ma soprattutto alla notizia della sua ricandidatura, Trump era intervenuto più volte sull'argomento. Se da un lato aveva lasciato intendere che avrebbe spinto Kiev a trattare, dall'altro aveva ben sottolineato di essere pronto a minacciare Mosca se necessario. Un colpo al cerchio e uno alla botte, pur di chiudere in fretta una partita costata agli Usa numerosi "assegni in bianco", come diceva qualcuno. Emblematica fu l'intervista a Fox News in cui aveva spiegato il suo piano in cui chiederebbe a Zelensky di siglare un accordo con la Russia, minacciando di fornire più aiuti militari all’Ucraina se la Russia si rifiutasse: "Direi a Zelensky: Basta, devi fare un accordo! Direi a Putin: Se non fai un accordo, daremo all'Ucraina più di quanto abbiano mai avuto, se necessario".

Il complesso rapporto Putin-Trump

Quello di Trump con Putin è sempre stato un rapporto enigmatico, misterioso, condito da un'ammirazione latente del primo per il secondo. Otto anni dopo che l'FBI ha iniziato a indagare sui legami di Trump con la Russia a metà del 2016, i funzionari della sicurezza nazionale sono ancora perplessi di fronte alle riverenze dell'ex presidente degli Stati Uniti nei confronti di Putin, nonché al mistero persistente dei decenni di relazioni di Trump con investitori e finanzieri russi ed ex sovietici, alcuni dei quali hanno contribuito a salvare le sue aziende dalla bancarotta. Ma di questo garbuglio di investigazioni e supposizioni, oltre che alcune evidenze, resta molto fumo e poco fuoco, sebbene la stessa famiglia del magnate abbia riconosciuto la sua dipendenza dal denaro russo, senza mai rivelare da "quale Russia" provenisse.

In questa e strana complessa relazione, c'è un dettaglio fondamentale che tanto dettaglio non è: la decisione di Mosca di sollevare Anatoly Antonov dal suo incarico di ambasciatore russo negli Stati Uniti un mese prima delle elezioni, e il conseguente temporeggiamento nella nomina del suo sostituto. Una scelta che potrebbe essere interpretata come un gesto simbolico che mostra che il Cremlino sta aspettando mutamenti decisivi nelle relazioni con Washington.

Non di certo un reset, ma almeno una riaccensione dei motori: del resto, i due hanno un obietti-quasi-comune. Mettere un punto sull'Ucraina: Trump, per tirarsene fuori; Putin per ottenere più che può.

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