
Con la nomina di Johann Wadephul alla guida del ministero degli Esteri, la Germania volta pagina in politica estera. Una linea più decisa ma al tempo stesso meno spettacolare, un cambio di passo silenzioso, lontano dai riflettori, ma che promette di incidere profondamente nella postura internazionale del Paese. A 62 anni, l'ex vicecapogruppo dell'Unione al Bundestag eredita un dicastero cruciale in una fase storica segnata da tensioni globali e fragilità strategiche. E lo fa senza effetti speciali, essendo un politico abituato al lavoro di squadra e alla mediazione silenziosa. Quando, quasi diciassette anni fa, Wadephul lasciò a sorpresa la presidenza del gruppo parlamentare Cdu nel Landtag dello Schleswig-Holstein per trasferirsi a Berlino come semplice deputato, nessuno lo immaginava un domani all'Auswärtiges Amt, la Farnesina tedesca. Allora, l'avvocato esperto di diritto medico e tenente colonnello della riserva aveva indicato due priorità: lavoro e difesa. La politica estera era assente dalla sua agenda. Eppure, è proprio lungo questo percorso che la sua carriera ha trovato uno sbocco inatteso ma coerente. Dalle prime esperienze nella commissione per gli affari europei e nel Consiglio d'Europa, fino al ruolo di relatore per il Medio Oriente e poi vicecapogruppo responsabile per esteri e difesa, Wadephul ha costruito il suo profilo con metodo. Non ha mai cercato la ribalta, né si è distinto per interventi roboanti. La sua è stata una presenza costante, fatta di dossier approfonditi, affidabilità interna e spirito di collaborazione. Qualità oggi sempre più rare, eppure fondamentali in un mondo che richiede chiarezza d'intenti. La sua nomina appare tanto più significativa se confrontata con il profilo dell'uscente Annalena Baerbock. Laddove Baerbock ha portato uno stile assertivo e una forte esposizione mediatica, Wadephul propone sobrietà, rigore, e una diplomazia meno centrata sulla persona e più sulla struttura. Al centro della sua visione c'è l'idea di una politica estera «sistemica e anticipatoria». Un'impostazione che si traduce nell'impegno a rafforzare gli aiuti militari all'Ucraina, compresa potenzialmente la fornitura di missili Taurus, ma anche nella netta esclusione dell'invio di truppe tedesche. Più in generale, Wadephul intende superare la frammentazione ministeriale attraverso l'istituzione di un Consiglio di sicurezza nazionale, capace di collegare difesa, sviluppo, migrazioni e politica estera in un'unica visione strategica. La regione del Sahel, oggi epicentro di instabilità, entrerà a pieno titolo nell'agenda della diplomazia tedesca, come snodo di sicurezza e cooperazione allo sviluppo.
Sul fronte europeo, il neo ministro si muove nel solco dell'integrazione rafforzata: più unità, più coerenza, e un approccio più risoluto verso i Paesi che mettono in discussione i valori fondanti dell'Unione, come l'Ungheria. Senza mai rinunciare al dialogo. Le relazioni transatlantiche resteranno un pilastro, ma con un realismo che rifiuta la subalternità e punta a un partenariato tra pari. Anche la Cina verrà affrontata con lenti nuove: cooperazione sì, ma all'insegna del de-risking, per ridurre le dipendenze strategiche senza chiudere le porte. È una diplomazia che punta meno sull'immagine e più sulla sostanza, consapevole che le decisioni cruciali continueranno a essere prese dalla Cancelleria. Ma il nuovo ministro sembra determinato a riportare centralità al suo dicastero, anche attraverso un lavoro istituzionale paziente e coordinato.
In un'epoca in cui anche la politica estera si è spettacolarizzata, Wadephul offre alla Germania un'alternativa sobria. Sarà il tempo a dire se la calma nordica del nuovo capo della diplomazia saprà reggere l'urto di un mondo in tumulto. Intanto, ha già cominciato a tracciare una rotta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.