Politica internazionale

"Stiamo già facendo tanto". La Ue ancora cieca sull'emergenza sbarchi

Dopo la tragedia in Calabria, si chiedono veloci interventi in Europa per prevenire altre sciagure. Ma diversi nodi al momento impediscono di tramutare le buone intenzioni in fatti concreti

"Stiamo già facendo tanto". La Ue ancora cieca sull'emergenza sbarchi

La strage di migranti nel crotonese ha ancora una volta messo in chiaro la pericolosità dei viaggi della speranza. E quindi, al tempo stesso, la necessità di intervenire con urgenza per evitare altre tragedie. Non a caso, poche ore dopo il naufragio, il presidente del consiglio Giorgia Meloni ha annunciato di aver scritto alla Commissione europea per sollecitare l'applicazione delle misure chieste nell'ultimo Consiglio europeo.

Ed è proprio sui tempi di intervento che adesso si orienterà il dibattito politico. Se Roma ha chiesto maggiore determinazione, a Bruxelles dall'altro lato si è risposto evidenziando come le istituzioni comunitarie stanno già lavorando. Sullo sfondo però, potrebbero emergere diverse incognite. A partire dall'impossibilità di parlare con la Turchia, impegnata nell'emergenza terremoto. Un problema non indifferente, visto che il barcone affondato in Calabria è partito proprio da una spiaggia della penisola anatolica.

Il dibattito sull'immigrazione in Europa

Il tema immigrazione è stato uno dei più dibattuti in questo primo scorcio di 2023. In Italia fanno impressione i numeri del 2022, dove per la prima volta dal 2017 si è sforata quota centomila nel numero dei migranti arrivati irregolarmente nel nostro Paese. Il trend al momento non è stato invertito. A pesare è l'aumento di partenze dalla Tunisia, il cui governo ha annunciato un giro di vite contro gli irregolari presenti nel proprio territorio ma non è riuscito al momento a frenare il flusso generato dai propri cittadini che si imbarcano alla volta di Lampedusa.

Non sta andando meglio nel resto del Vecchio Continente. I governi del centro e del nord Europa sono preoccupati per l'impennata di arrivi dalla rotta balcanica. Per questo la pressione politica su Bruxelles si è fatta molto forte nelle ultime settimane. Sette governi, alla vigilia del consiglio europeo del 9 e 10 febbraio, hanno scritto alla commissione chiedendo più rimpatri e maggiore incisività. E in sede di consiglio è stato approvato un documento con cui si sollecita l'esecutivo comunitario a intervenire su tre fronti: rimpatri, controlli alle frontiere e lotta ai trafficanti.

Tre punti che potrebbero portare a un ridimensionamento dei flussi migratori e delle partenze dei barconi. Per questo Giorgia Meloni, subito dopo la strage di Crotone, ha chiesto a Bruxelles di fare presto. "L’unico modo per affrontare seriamente con umanità questa materia è fermare le partenze - ha dichiarato da Bruno Vespa il presidente del consiglio - e su questo sì serve un’Europa che oltre a dichiarare la sua disponibilità agisca e in fretta ed è la ragione per la quale oggi stesso ho inviato una lettera al Consiglio europeo e alla commissione europea per chiedere che venga immediatamente reso concreto quello che abbiamo discusso all’ultimo consiglio europeo".

Da Bruxelles è stato risposto che le istituzioni comunitarie stanno già facendo il possibile. "Sì, è il momento di fare qualcosa. Ma noi lo stiamo facendo e non da oggi", si legge in una dichiarazione di un portavoce della Commissione, così come riportato su La Stampa. L'Ue, in particolare, ha rivendicato di aver già reso l'Italia come prima destinataria del fondo Asilo e Immigrazione. E ha ricordato che il compito di ricerca e salvataggio spetta agli Stati membri e non a Frontex (l'agenzia europea per il controllo delle frontiere).

In poche parole, Palazzo Berlaymont ha voluto replicare alle parole di Giorgia Meloni e respingere eventuali critiche sui ritardi. Critiche che potrebbero non arrivare solo da Roma, ma anche da altre capitali. Il Consiglio europeo del resto è stato molto chiaro: quanto accaduto nel 2022, impone tempi certi e veloci per agire. E il naufragio di Crotone potrebbe rappresentare una sveglia affinché si passi dalle parole ai fatti.

L'incognita turca

Il problema è dato soprattutto dai tradizionali tempi di intervento dell'Europa. Trovare una linea politica comunque è molto complesso e così è stato anche in occasione del Consiglio europeo. Ancor più difficile è vedere poi concretamente tradotti i buoni propositi in fatti. A questo occorre aggiungere anche un'altra variabile non prevista nei mesi scorsi: quella del terremoto in Turchia.

Al fianco delle linee di intervento richieste dal consiglio, ci sono i vari piani di azione per i Balcani e per il Mediterraneo centrale messi a punto dalla commissione. Un altro piano dovrebbe riguardare anche il Mediterraneo orientale. Lì dove corre la rotta turca dell'immigrazione. Una rotta sempre più trafficata e che ha nelle coste calabresi il proprio punto di approdo principale.

L'imbarcazione naufragata a Crotone era partita proprio dalla Turchia. Questo renderebbe urgente affrontare un piano di azione con Ankara per limitare le partenze, ma al momento ogni dialogo con Erdogan è condizionato dal sisma del 6 febbraio. La Turchia cioè, impegnata nella più grande emergenza degli ultimi anni, difficilmente può vedere adesso come prioritario il controllo delle proprie coste. E quindi il piano è destinato a essere rinviato sine die.

Inoltre, a maggio il Paese andrà al voto in quelle che potrebbero rappresentare le più delicate elezioni degli ultimi anni.

Nodi politici quindi che rischiano di far impantare piani e linee di intervento immaginate per arginare il fenomeno migratorio e ridurre i rischi di nuove sciagure.

Commenti