Anche l'Onu dice sì alla Palestina (ma senza Hamas). Gli Usa contrari

Macron: "Passo irreversibile per la pace". Israele: "Vergogna, favorisce il terrore"

Anche l'Onu dice sì alla Palestina (ma senza Hamas). Gli Usa contrari
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La soluzione dei due Stati, Israele e Palestina, l'esclusione di Hamas da un futuro eventuale Stato palestinese, l'attacco a Doha in cui Israele ha tentato di eliminare i vertici di Hamas riuniti per discutere del cessate il fuoco a Gaza. È su questi tre grandi temi che la diplomazia si muove al termine di una settimana che sembra aver cambiato gli umori di alcune cancellerie cruciali per il futuro del Medioriente.

L'assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato con 142 voti a favore (tra cui quello dell'Italia), 10 contrari (tra cui Israele, Usa e Ungheria) e 12 astenuti la "Dichiarazione di New York", un testo presentato da Francia e Arabia saudita, che soffia a favore dello Stato palestinese ma soprattutto - ed ecco il principale dato politico - esclude il coinvolgimento di Hamas dal futuro di Gaza, dopo aver condannato il gruppo per la strage del 7 ottobre e chiesto di liberare gli ostaggi e cedere le armi. "Hamas deve porre fine al suo governo a Gaza e consegnare le sue armi all'Anp, con l'impegno e il sostegno della comunità internazionale, in linea con l'obiettivo di uno Stato palestinese sovrano e indipendente", recita il testo. La dichiarazione sarà la base del vertice del 22 settembre, il summit collaterale nell'ambito della 80ª sessione dell'Assemblea Generale Onu (Unga 80), in occasione del quale Emmanuel Macron ha promesso di riconoscere lo Stato palestinese.

"Un passo irreversibile verso la pace" lo definisce il capo dell'Eliseo. "Una dichiarazione vergognosa, che incoraggia Hamas", risponde Israele. La mossa è destinata a creare nuovi attriti con Tel Aviv, totalmente contraria allo Stato palestinese. Anche per questo, gli Usa scendono in campo "per rimarcare l'impegno statunitense a contrastare le iniziative anti-israeliane, tra cui il riconoscimento unilaterale di uno Stato palestinese che ricompenserebbe il terrorismo di Hamas". Il segretario di Stato Marco Rubio da oggi sarà in visita in Israele. Gli Usa condividono l'obiettivo israeliano - e ora anche l'auspicio Onu - di "garantire che Hamas non governi mai più Gaza" e, in linea con la stretta alleanza con Israele, rilanciano l'impegno "contro le azioni legali presso la Corte penale internazionale e la Corte internazionale di giustizia". Il leader della diplomazia americana incontrerà anche le famiglie degli ostaggi, "ribadendo che il ritorno dei loro cari resta una priorità assoluta". Ma i parenti dei 48 rapiti ancora a Gaza, che mercoledì sono stati accolti da Donald Trump alla Casa Bianca, rimarcano come, "mentre i leader del mondo ovunque ci aprono le loro porte, il primo ministro israeliano continua a tenere la sua saldamente chiusa" per loro.

I malumori nei confronti del governo israeliano non sono solamente dei parenti degli ostaggi, affranti per il rischio che il ritorno dei propri cari sia compromesso, mentre Trump dichiara alla Fox che altri due ostaggi potrebbero essere morti a Gaza negli ultimi giorni. L'attacco a Doha, in Qatar, che aveva l'obiettivo (fallito) di eliminare i vertici di Hamas riuniti per decidere sul cessate il fuoco, continua a creare attrito in Medioriente e non solo. Londra, Parigi e Berlino condannano l'azione. E mentre Hamas conferma che il capo negoziatore Khalil al-Hayya è sopravvissuto all'attacco, il giornale web Axios riferisce di un previsto incontro ieri fra Trump e il premier del Qatar, Mohammed Al Thani, a New York. Il presidente americano sarebbe "frustrato" per l'attacco a Doha, che teme abbia fatto deragliare i negoziati, ha riferito una gola profonda a Politico. "Ogni volta che si fanno progressi, sembra che Netanyahu bombardi qualcuno", sarebbe stato il commento della persona vicina al team di sicurezza nazionale Usa.

A causa del raid, gli Emirati arabi uniti hanno convocato il vice ambasciatore israeliano, spiegando che l'aggressione a uno Stato del Golfo è da considerare un attacco a tutti i Paesi dell'area. Un commento da non sottovalutare da uno dei Paesi aderenti agli Accordi di Abramo.

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