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Un generale salta in aria. Non solo la pista ucraina

Un attentato con 300 grammi di tritolo: ucciso Sarvarov a due passi dagli uffici degli 007. L'ira di Putin. Sospetti su Kiev ma anche sulle vendette interne

Un generale salta in aria. Non solo la pista ucraina
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La morte di Fanil Sarvarov non è soltanto la fine di un generale. È un segnale. La guerra non resta lontana, non obbedisce alle mappe. Entra nelle città, percorre strade tranquille e colpisce sotto casa, magari a due passi dagli uffici degli 007. L'attentato all'ex capo del dipartimento di addestramento operativo dello Stato Maggiore rappresenta uno dei colpi più gravi e simbolici inferti all'apparato militare di Mosca dall'inizio del conflitto in Ucraina. Un'azione mirata, chirurgica, consumata a pochi passi dalla sua abitazione, in una tranquilla via residenziale della capitale, che riporta la guerra asimmetrica nel cuore della Russia e sotto le finestre del potere. Secondo la ricostruzione ufficiale degli investigatori, un ordigno collocato sotto al freno dell'auto, una Kia Sorrento, è esploso mentre Sarvarov era a bordo. Le ferite si sono rivelate mortali. L'esplosione è avvenuta in via Yaseneva, a circa 150 metri dalla sua abitazione: il generale avrebbe percorso alcune centinaia di metri prima della deflagrazione, dettaglio che rafforza l'ipotesi di un congegno attivato a distanza o temporizzato.

Nato nel 1969 nella regione di Perm, Sarvarov era espressione della generazione di ufficiali forgiata nella Russia post-sovietica e nei conflitti dell'ex impero. Formatosi nelle accademie delle forze corazzate e dello Stato Maggiore, aveva costruito la carriera sul campo, dall'Ossezia alla Cecenia, dalla Siria fino all'Operazione speciale in Ucraina. Nel 2024 era stato promosso generale luogotenente da Putin, consacrandosi come figura di riferimento dell'establishment militare, ma finendo anche nel mirino di Kiev: il suo nome infatti figurava nel database ucraino Mirotvorets.

La pista principale seguita dagli inquirenti conduce a Kiev, con l'ipotesi di un coinvolgimento dei servizi speciali ucraini, già accusati in passato di eliminazioni mirate. Ma l'attentato apre anche scenari più articolati: regolamenti di conti interni, rivalità tra apparati di sicurezza o vendette legate agli equilibri di potere in tempo di guerra. In un sistema fortemente centralizzato e sotto pressione, l'uccisione di un alto ufficiale può rivelare fratture profonde e ancora invisibili. L'attentato a Sarvarov si colloca in una catena di omicidi mirati che negli ultimi anni ha colpito figure chiave del mondo politico e militare: dall'autobomba che nel 2022 uccise Daria Dugina, all'esplosione che nel 2023 costò la vita al blogger militare Maxim Fomin a San Pietroburgo, fino all'assassinio del generale Igor Kirillov nel dicembre 2024, rivendicato dai servizi ucraini, e al più recente attentato che ad aprile ha eliminato Yaroslav Moskalik, vice capo delle operazioni dello Stato Maggiore.

La rabbia del Cremlino sarebbe stata alimentata anche da un dettaglio tutt'altro che secondario: l'attentato è avvenuto a meno di 200 metri da una sede dei servizi segreti. Informato, Putin avrebbe duramente redarguito i vertici della sicurezza per l'incapacità di garantire la protezione dell'élite militare. Una reazione fuori dagli schemi, che lascia intravedere tensioni e nervosismi ai piani alti del potere, forse beffati da Kiev.

In questo quadro si inseriscono le parole del vice ministro degli Esteri Ryabkov, secondo cui la tempistica dell'omicidio "suggerisce qualcosa". Un'allusione neppure troppo velata a un possibile legame con i delicati passaggi politici e diplomatici in corso sul dossier ucraino.

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