Mentre Gaza è sotto l'assedio di un diluvio di bombe e una colonna di tank israeliani si dirige verso la Striscia, Joe Biden convoca per la tarda serata un meeting telefonico del cosiddetto gruppo Quint, composto da Stati Uniti, Germania, Francia, Regno Unito e Italia. Il presidente americano mette al corrente Olaf Scholz, Emmanuel Macron, Rishi Sunak e Giorgia Meloni delle sue ripetute interlocuzioni con il premier israeliano Benyamin Netanyahu, deciso a lanciare un'operazione di terra su Gaza in risposta all'attacco senza precedenti scagliato da Hamas. Un quadro che preoccupa l'intera comunità internazionale, con Washington che auspica cautela. L'aggressione a sorpresa di sabato scorso - con il lancio di cinquemila razzi, incursioni di guerriglieri nel sud di Israele e centinaia di israeliani rapiti a casa loro e presi in ostaggio - è un atto di guerra che riporta le lancette della storia al conflitto del Kippur di cinquantanni fa. Ma il destino di quello che rischia di diventare uno scontro su scala globale è anche legato alla tempistica e all'intensità della reazione di Tel Aviv. Ed è soprattutto di questo che si parla nel colloquio serale tra i cinque leader. Il modo in cui Netanyahu deciderà di reagire, infatti, è destinato a determinare l'impatto del conflitto nell'immediato futuro. Con evidenti ricadute globali, sia economiche (il costo di gas e petrolio è già salito) che geopolitiche (non solo sugli equilibri del Medio Oriente, ma anche sulla guerra tra Russia e Ucraina).
Nel corso della riunione telefonica, i cinque leader - recita una nota di Palazzo Chigi - esprimono un «fermo sostegno a Israele e una inequivocabile condanna degli spaventosi atti criminali di Hamas», che hanno causato «un terribile numero di vittime innocenti, inclusi bambini, donne ed anziani». Biden, Scholz, Macron, Sunak e Meloni discutono anche delle «iniziative politiche più urgenti da intraprendere insieme» e individuano come «priorità assoluta» dei prossimi «sforzi diplomatici» la «tutela della vita degli ostaggi», a partire «dai bambini anche di tenera età». La premier italiana, ha ribadito «il diritto di Israele a difendersi», ma ha anche «indicato la necessità di operare per evitare un ampliamento della crisi a livello regionale e per tutelare la popolazione civile coinvolta».
Prima del colloquio serale nel formato Quint, Meloni ha avuto anche una telefonata con il primo ministro della Repubblica libanese, Najib Mikati. Un confronto nel quale si sono affrontati gli ultimi sviluppi della crisi in corso, in cui Beirut è direttamente coinvolta (ieri ci sono stati alcuni raid di elicotteri israeliani per colpire Hezbollah nel sud del Libano). Nel colloquio - fa sapere Palazzo Chigi - Meloni «ha auspicato un rapido decremento del conflitto, evitando un allargamento che avrebbe conseguenze incalcolabili per tutta l'area».
Oggi, invece, sarà il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, a riferire prima alla Camera e poi al Senato con un'informativa urgente. «Il diritto di Israele di difendersi - ha detto ieri il titolare della Farnesina - è fuori discussione. Mi auguro che ci sia il minor numero di vittime, di feriti, di danni da una situazione che ormai è di guerra». Hamas, ha aggiunto Tajani, ha «una grande responsabilità soprattutto nell'aver colpito la popolazione civile inerme, aver ucciso centinaia di giovani che non c'entravano nulla che stavano a un rave, aver sparato dentro le case». In vista dell'informativa di oggi alle Camera, intanto, la politica italiana sta provando a presentarsi una volta tanto compatta.
Durante la giornata di ieri, infatti, ci sono stati diversi contatti - in particolare tra il capogruppo di Fdi al Senato, Lucio Malan, e i suo omologo del Pd, Francesco Boccia - per votare una mozione unitaria bipartisan. I distinguo, come è normale che sia, però non sono affatto pochi. Soprattutto da parte di M5s e Verdi. Ragion per cui se si troverà un accordo, il testo sarà piuttosto stringato.
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