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Bruxelles sceglie l'austerity Italia obbligata alla prudenza

L'Eurogruppo di oggi premerà per politiche di bilancio restrittive anti-inflazione. Giorgetti è pronto al test

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Più austerity per tutti. È questo il messaggio che sarà diffuso al termine dell'Eurogruppo di oggi a Bruxelles. Il forte e disomogeneo aumento dell'inflazione nell'area dovrebbe attenuarsi solo gradualmente nei prossimi anni per cui sono necessari «un forte coordinamento delle politiche di bilancio» e «un mix coerente di politiche fiscali» per «agevolare il compito della politica monetaria».

La linea è stata predisposta dalla Commissione Ue nella bozza di comunicato che dovrebbe essere diffuso al termine del vertice. In questa fase, sostiene Bruxelles, «il prolungato sostegno fiscale non mirato alle famiglie e alle imprese rafforza le pressioni inflazionistiche e ciò aumenta la probabilità che le banche centrali intensifichino l'inasprimento della politica monetaria». Ecco perché «l'orientamento di bilancio restrittivo della zona euro nel 2023 e nel 2024 sostiene il compito della Bce», considerato che esso è in parte compensato dalla spesa pubblica nazionale finanziata dal Recovery Fund.

La riunione di oggi e dell'Ecofin domani non dovrebbe portare a sostanziali passi avanti sulla riforma del Patto di stabilità, ma è chiaro che la linea dei «falchi» sembra ormai prevalente. E non è un caso che Mario Draghi (la cui autorevolezza presso le istituzioni europee resta massima) nella sua lecture di martedì all'Nber in Massachussets abbia evidenziato la necessità di «regole che facilitino il massiccio fabbisogno di investimenti di cui abbiamo bisogno» e di «garantire la credibilità a medio termine delle politiche fiscali nazionali in un contesto di livelli di debito post-pandemia molto elevati». Insomma, serve più debito comune e meno diffidenza reciproca per non finire stritolati tra Usa, Cina e Russia.

Ma se quelli di Draghi sono auspici, quelli di Giorgia Meloni e di Giancarlo Giorgetti sono problemi concreti. La Commissione Ue ha raccomandato ai governi di ridurre le misure di sostegno energetico entro la fine di quest'anno e «qualora i nuovi aumenti dei prezzi dell'energia richiedano l'attuazione di misure di sostegno, queste dovrebbero essere mirate a proteggere le famiglie e le imprese vulnerabili». Non è un caso che il governo si muova su questa falsariga. Per ora, la manovra 2024 poggia sui cardini della stabilizzazione del taglio del cuneo, della detassazione di tredicesime e premi produttività oltre alla riproposizione di qualche bonus energetico e dell'indicizzazione delle pensioni. Già in questo modo viene ipotecato uno spazio di bilancio di oltre 20 miliardi cui si devono aggiungere 7 miliardi per le spese indifferibili , mentre molta moderazione servirà sui rinnovi contrattuali della pa.

È chiaro che già messa in questo modo la legge di Bilancio, più che dare una spinta alla crescita, dovrebbe contenere il rallentamento del Pil. Ecco perché molta importanza rivestono le trattative congiunte su Patto e Pnrr.

Insomma, se quei fondi non potranno essere impiegati tutti quanti entro il 2026 per sostenere gli investimenti, una parziale trasformazione in incentivi alle imprese sarebbe ugualmente una mossa azzeccata.

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