
L'Iran sul nucleare barcolla ma non molla. Malgrado gli attacchi israeliani della notte tra giovedì e venerdì che hanno preso di mira i santuari atomici di Teheran, il frastornato regime degli ayatollah su un punto sembra non voler cedere. Lo registra anche il New York Times, secondo cui la maggior parte del programma nucleare iraniano resterà intatto. Secondo l'ex capo dell'intelligence militare israeliana Yossi Kuperwasser, oggi presidente del Jerusalem Institute for Strategy and Security, i raid aerei israeliani potrebbero rallentare il programma nucleare iraniano, ma è comunque «molto difficile cancellare la conoscenza già acquisita». Solo un cambio di regime a Teheran potrebbe garantire uno stop definitivo al progetto nucleare di Teheran. Oppure un'offensiva prolungata e con strumenti ancora più potenti. Come le Gbu-57 Mob, le bombe anti-bunker in grado di penetrare per decine di metri nel sottosuolo, che potrebbero essere utilizzate dall'Idf nella fase due della sua offensiva.
Insomma, quello della notte tra giovedì e venerdì è stato una sorta di antipasto. Che ha preso di mira in primo luogo l'impianto di Natanz, nel centro del Paese, dove l'Iran ha arricchito l'uranio fino al 60 per cento di purezza, avvicinandosi a quel 90 per cento necessario per produrre le armi devastanti. Immagini satellitari mostrano gravi danneggiamenti in superficie all'impianto ma lascerebbero pensare che i capannoni con le centrifughe per l'arricchimento sotterranei siano fondamentalmente rimasti intatti. L'Idf ha fatto sapere di aver colpito anche l'impianto per l'arricchimento di Isfahan, l'antica capitale persiana, ma se Israele parla di sito distrutto, in un messaggio su X ieri l'Aiea, l'agenzia internazionale per l'energia atomica, conferma che «gli impianti nucleari di Isfahan sono stati presi di mira più volte il 13 giugno» ma ha anche smentito un «aumento dei livelli di radiazioni esterne». Danni minori per l'impianto di Fordow, il secondo sito di arricchimento iraniano, costruito segretamente - e scoperto dalle potenze occidentali solo nel 2009 - scavando nel fianco di una montagna a una trentina di chilometri da Qom, ciò che lo rende un obbiettivo difficilmente danneggiabile. «Avevamo già spostato - ha detto il portavoce dell'agenzia iraniana per l'energia atomica Behrouz Kamalvandi - una parte significativa delle attrezzature e dei materiali, e non ci sono stati danni estesi e non ci sono preoccupazioni di contaminazione».
Secondo un rapporto riservato dell'Aiea, l'Iran avrebbe già accumulato una quantità di uranio sufficiente, se arricchita al 90 per cento, per produrre sei ordigni nucleari, ciò che fa dell'Iran la più potente non-potenza atomica. Israele è però convinto che questi dati siano di gran lunga sottovalutati e che Teheran disponga già del materiale fissile necessario per produrre 15 ordigni. E questo spiega il sollievo del primo ministro Benjamin Netanyahu, che parla di «duro colpo» sferrato ai piani nucleari iraniani, rallentati per almeno diversi anni.
Un rallentamento frutto non solo dei danni agli impianti, ma anche dell'uccisione di numerosi scienziati che lavoravano ai piani nucleari iraniani. Ieri l'Idf ha diffuso i nove nomi: gli ingegneri nucleari Fereydoon Abbasi e Ahmad Reza Zolfaghari Daryani, l'ingegnere chimico Akbar Motalebi Zadeh, l'ingegnere dei materiali Saeed Barji e i fisici Mohammad Mehdi Tehranchi, Amir Hassan Fakhahi, Abd al-Hamid Minoushehr, Ali Bakhshay Khatirimi e Mansour Asgari. «Tutti gli scienziati eliminati costituivano una fonte significativa di conoscenze per il progetto atomico iraniano e avevano accumulano decenni di esperienza nello sviluppo di armi atomiche», esulta l'Idf.
La prima conseguenza dello sgambetto al piano nucleare iraniano è la cancellazione del nuovo round di colloqui tra Usa e Iran sul nucleare, previsti inizialmente per oggi in Oman.
«Nelle attuali circostanze, finché l'aggressione del regime sionista contro la nazione iraniana non sarà cessata, la partecipazione al dialogo con la parte che è sponsor e partner chiave dell'aggressore è priva di significato», ha tagliato corto il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Esmaeil Baqaei, citato dall'agenzia russa Ria Novosti.