Si apre oggi a Belém in Brasile la Cop30, la Conferenza delle Nazioni Unite sui Cambiamenti climatici, in cui la comunità internazionale si ritrova per discutere le politiche da adottare per ridurre le emissioni e le misure a sostegno dell'ambiente. L'edizione brasiliana rischia di essere non solo sottotono, ma anche il vertice che può certificare il disimpegno globale sugli impegni ambientali vista la rapidità con cui i temi green sono passati dall'essere centrali nelle agende politiche dei leader occidentali a diventare secondari. Sembrano un lontano ricordo i vertici di Sharm el-Sheikh in Egitto nel 2022 o di Dubai nel 2023 quando i potenti del mondo si scapicollavano alla Conferenza sul clima delle Nazioni Unite facendo a gara tra chi annunciava obiettivi climatici più ambiziosi da raggiungere.
Eppure sono passati solo pochi anni ma il contesto geopolitico mondiale è profondamente mutato sia per le nuove guerre sia per eventi come l'elezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti. A inizio anno Trump ha annunciato l'uscita degli Usa dall'Accordo sul clima di Parigi mentre funzionari della Casa Bianca hanno spiegato che "gli Usa non manderanno nessun rappresentante di alto livello alla Cop30 il presidente sta dialogando direttamente con i leader nel mondo sulle questioni energetiche, cosa che si può vedere gli storici accordi commerciali e di pace che hanno un focus significativo sulle partnership energetiche".
Ciò significa che i leader dei due Paesi che emettono il maggior numero di emissioni al mondo, Cina e Stati Uniti, rispettivamente con il 29% e l'11% delle emissioni globali, non saranno presenti in Brasile. Lo stesso discorso vale per il primo ministro indiano Narendra Modi e per il presidente russo Vladimir Putin. Anche Giorgia Meloni quest'anno non parteciperà al vertice, dove si è recato il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani spiegando: "Abbiamo dotato il nostro Fondo per il Clima di oltre 4 miliardi di euro, che stiamo indirizzando in particolare a progetti in Africa".
A fotografare questa situazione è anche il Ministro dell'Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin che ha affermato: "Il quadro geopolitico attuale, segnato da guerre e nuove contrapposizioni tra Paesi, rischia di rallentare i processi e gli accordi presi nelle precedenti Conferenze sul clima". Pichetto Fratin ha poi ammesso: "Le aspettative non sono altissime perché in questi anni sono cambiati molto gli equilibri mondiali, con la presenza di conflitti su più fronti e i blocchi che si stanno creando. Anche il ritiro degli Stati Uniti dall'accordo di Parigi incide sul clima dei negoziati. È un passaggio difficile, ma dobbiamo comunque andare avanti".
Infine, commentando l'accordo sul clima raggiunto dall'Unione europea nei giorni scorsi, il ministro ha spiegato: "L'Europa ha finalmente messo i piedi per terra, ragionando su cosa sia realmente raggiungibile. Non dobbiamo essere la best practice mondiale se questo significa pagare costi economici e sociali troppo alti. Per la prima volta si riconosce che Paesi diversi, come Italia e Lussemburgo, non possono avere le stesse regole: serve maggiore flessibilità".
Pensandoci bene questa edizione della Cop30 potrebbe essere ricordata come quella in cui l'Europa ha finalmente aperto gli occhi rendendosi conto che non possiamo essere gli unici a pagare le conseguenze gli impegni climatici.