"Un diritto astenersi". La memoria corta della sinistra sul referendum

La sinistra contesta l'invito al non voto ma dimentica la campagna Ds del 2003

"Un diritto astenersi". La memoria corta della sinistra sul referendum
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La consultazione referendaria si avvicina, ma il raggiungimento del quorum sembra sempre più lontano. I referendum sul lavoro e per l'abolizione del Jobs Act voluti da Maurizio Landini infiammano il dibattito dentro il centrosinistra che non è unito neppure nel sostegno al quesito sulla cittadinanza promosso da +Europa. Il centrodestra, invece, è compatto nel rivendicare il diritto all'astensione.

Il vicepremier Antonio Tajani, dopo le polemiche suscitate dal suo invito a non votare per i referendum del prossimo 8 e 9 giugno, ha pubblicato su X un post in cui ha riportato le parole pronunciate da Giorgio Napolitano in occasione di un'intervista a Repubblica del 14 aprile 2016: «Se la Costituzione prevede che la non partecipazione della maggioranza degli aventi diritto è causa di nullità, non andare a votare è un modo di esprimersi sull'inconsistenza dell'iniziativa referendaria». E il 2016 è proprio l'anno in cui l'allora primo ministro e segretario del Pd Matteo Renzi schiera il suo partito a favore dell'astensione in vista del referendum sulle trivelle. Una decisione contestata dalla minoranza interna, ma irrevocabile per i renziani. «Questo referendum è inutile. Non riguarda le energie rinnovabili, non blocca le trivelle (che in Italia sono già bloccate entro le 12 miglia, normativa più restrittiva di tutta Europa), non tocca il nostro patrimonio culturale e ambientale. Serve solo a dare un segnale politico, come hanno spiegato i promotori. E costerà 300 milioni agli italiani», si leggeva nella nota diffusa dai due vicesegretari dell'epoca: Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani. Spostando le lancette della politica all'anno 2003, invece, si scopre che i Ds fecero apertamente campagna elettorale per l'astensione in occasione del referendum promosso da Fausto Bertinotti che, se approvato, avrebbe esteso l'articolo 18 anche alle aziende con meno di 15 dipendenti. «Non votare un referendum inutile e sbagliato è un diritto di tutti i lavoratori e non», si leggeva in un volantino elettorale in cui campeggiava in bella vista il simbolo dei Ds. Ma non solo. «Aspetterò fino a lunedì mattina e se alle 11,30 la percentuale dei votanti è vicina al quorum, me ne torno a casa. Sarebbe autolesionista contribuire al successo di questo referendum», disse il senatore della Margherita ed ex ministro per il Lavoro Tiziano Treu.

Oggi, invece, i promotori del referendum sulla cittadinanza sono così preoccupati di non raggiungere il quorum da giocarsi la «carta della disperazione»: il loro spot elettorale si apre con il discorso d'esordio di Silvio Berlusconi che dice: «L'Italia è il Paese che amo...». Sì, i fautori della «accoglienza facile» hanno proprio scelto come sponsor politico proprio colui che ha fatto approvare la legge Bossi-Fini che la sinistra contesta sistematicamente.

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