Khamenei trema. Il vero obiettivo dell'offensiva di Netanyahu? Cambio di regime

Bibi non nasconde i suoi intenti. E il nome "leone che sorge" richiama i simboli dell'Iran pre khomeinista Ma è un piano rischioso: i casi Libia e Irak insegnano. Il pericolo è il caos

Khamenei trema. Il vero obiettivo dell'offensiva di Netanyahu? Cambio di regime
00:00 00:00

Un nome un programma. L'operazione «Leone che sorge» - nome in codice dell'attacco israeliano alla Repubblica Islamica - cela nel titolo i suoi veri obbiettivi. Un leone e il sole che sorge erano, a suo tempo, i simboli dell'Iran pre khomeinista. In questa visione storico-strategica, la distruzione delle infrastrutture nucleari iraniane rappresenta, dunque, un semplice pretesto. Dietro il quale si nasconde il vero disegno di Bibi Netanyahu e del suo governo ovvero decapitare i vertici della Repubblica Islamica, togliere di mezzo una teocrazia considerata il «nemico esistenziale» di Israele e restituire l'Iran al potere di un governo temporale.

L'obiettivo non è neanche tanto segreto. «Non combattiamo contro di voi, combattiamo la brutale dittatura che vi opprime da 46 anni il giorno della vostra liberazione è vicino» ha spiegato Netanyahu in un messaggio al popolo iraniano pronunciato poco dopo l'inizio dei raid. Un tema rilanciato ieri dal capo di Stato Maggiore Eyal Zamir che comunicando la completa distruzione delle 40 batterie antiaeree dislocate intorno alla capitale iraniana annuncia: «La strada per Teheran è aperta». Quanto basta per intuire che il prossimo obiettivo, dopo l'eliminazione dei vertici di esercito, pasdaran e aviazione potrebbe essere proprio l'86enne Guida Suprema Ali Khamenei. La notte di venerdì i droni e gli aerei con la Stella di David hanno già compiuto una serie di incursioni sul quartiere di Teheran in cui vive, ma la vera caccia deve ancora iniziare. Se vista nell'ottica delle strategie israeliane, l'eliminazione di Khamenei e della sua cerchia di potere risponde a una logica precisa. I raid contro le installazioni nucleari, soprattutto quelle come Fordow nascoste in gallerie scavate sotto 80 metri di cemento e roccia, non offrono la garanzia di una completa e totale eliminazione della minaccia nucleare. Tra le rovine di quelle gallerie quantitativi di uranio arricchito, o addirittura ordigni nucleare in via di allestimento, possono sfuggire alla distruzione. Togliendo di mezzo Khamenei e i vertici della teocrazia iraniana, Israele si garantirebbe, invece, non solo l'eliminazione della minaccia nucleare, ma anche quella di un nemico «esistenziale» che pur di cancellare lo stato ebraico dalle carte geografiche non ha esitato ad armare la mano di Hamas e a pianificare le stragi del 7 ottobre.

Proprio per questo la strategia del «leone che sorge» non offre a Khamenei molte vie d'uscita. Scegliendo l'improbabile strada della capitolazione e accettando di consegnare il nucleare al «Grande Satana» americano, la Suprema Guida rischierebbe di ritrovarsi messo da parte dall'ala più dura dei Guardiani della Rivoluzione. Scegliendo la strada dello scontro a tutto campo e della rappresaglia contro le basi americane rischierebbe di ritrovarsi a fronteggiare non solo Israele, ma anche la macchina da guerra statunitense.

La strada del «cambio di regime» indicata da Netanyahu non è però esente da rischi. Come insegnano i casi di Irak e Libia la deposizione di un dittatore non è sempre garanzia di democrazia. Anzi spesso rappresenta la scorciatoia per il caos. E il precedente di un Mossad impegnato da tempo ad appoggiare e armare i gruppi armati baluci, curdi e arabi che operano sul territorio iraniano moltiplica questo rischio. La caduta della Repubblica Islamica rischia infatti d'innescare sanguinosi scontri armati tra le varie fazioni dei gruppi etnici in armi e gli apparati militari di pasdaran e basiji destinati, grazie alle centinaia di migliaia di effettivi, a sopravvivere al crollo del regime. Il tutto mentre continua a mancare un'opposizione in grado di rappresentare il popolo di origine persiana sceso in piazza negli anni per dimostrare contro il regime.

Grazie alla

macchina militare israeliana il «leone che sorge» ha, insomma, ottime possibilità di cancellare la teocrazia khomeinista. Ma nella giungla del dopo Khamenei rischia di smarrire i sentieri della stabilità e della democrazia.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica