L'exploit neonazista e rossobruno è un successo anche per Putin

Gli estremisti sono pro-Russia e contro il sostegno a Kiev. Il governo potrebbe rivedere le sue posizioni

L'exploit neonazista e rossobruno è un successo anche per Putin
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«Alles für Deutschland», tutto per la Germania: era uno dei più usati slogan nazisti, in Germania la legge ne vieta l'uso. Ma a Bjorn Höcke, uno dei leader dell'Afd, piace concludere così i suoi comizi; per questo in maggio è stato condannato a 13mila euro di multa. Da ieri lo stesso Höcke è uno dei politici più popolari di Germania, il più votato in Turingia, dove il suo partito ha raggiunto con distacco la prima posizione. Tutti i sondaggi lo prevedevano ma vederlo scritto nero su bianco sui risultati del voto fa un altro effetto.

Allo stesso modo le previsioni anticipavano il nome di uno degli altri vincitori: Vladimir Putin. Il collegamento può sembrare arbitrario, ma non è così. Le elezioni regionali a Dresda (capoluogo della Sassonia), dove il colonnello del Kgb oggi al Cremlino prestò servizio, e a Erfurt (capoluogo della Turingia), preoccupano Bruxelles e le altre capitali europee, gettano nel panico Berlino e fanno contenta Mosca. Tra i trionfatori del voto c'è anche il Bündnis Sahra Wagenkhnecht, (BSW), ex esponente di spicco della Linke, che si piazza saldamente in entrambi i Länder al terzo posto dopo la Cdu, la democrazia cristiana tedesca.

I rossobruni del BSW sono, come la Afd, nettamente e apertamente filo-russi, contestando l'appoggio sin qui prestato dal governo tedesco all'Ucraina: anche per questo raccolgono consensi nella ex Germania Est, dove la nostalgia per gli ex occupanti sovietici è andata, per certi versi a sorpresa, crescendo nel tempo.

La «cesura», come molti giornali tedeschi l'hanno chiamata, appare profonda. In discussione appaiono addirittura i presupposti su cui poggia la costruzione della Repubblica federale. Uno tra tutti: l'emarginazione senza riserve della destra neo-nazista. Ora questa destra arriva a superare il 30% in due importanti regioni del Paese.

Poi c'è il dato strettamente e banalmente numerico. In Sassonia la coalizione al potere a Berlino (Socialdemocratici, Verdi e Liberali) raccoglie complessivamente il 13,8%, i liberali non riescono nemmeno a superare la soglia del 5% necessaria per entrare nel Parlamento regionale. In Turingia va ancora peggio: insieme i tre partiti superano a malapena il 10% e solo la Spd entrerà nel consiglio regionale.

Per la cosiddetta «coalizione semaforo» una sberla di proporzioni storiche, che fa traballare un governo già messo a dura prova dai continui litigi sul bilancio e dalle confliggenti visioni politiche. Il timore è che la scarsa vivacità mostrata sin qui dall'esecutivo finisca per trasformarsi in paralisi. E a pagarne il prezzo sarebbe anche l'Unione Europea, che da qualche tempo ha visto praticamente sparire dalla scena continentale quello che un tempo era considerato il Paese guida. Sul piano pratico la prima conseguenza potrebbe essere l'affievolirsi dell'appoggio all'Ucraina. Con tutta probabilità Spd, Verdi e Liberali dedicheranno il tempo a cercare di risalire la china in vista delle elezioni politiche del settembre 2025.

I sondaggi dicono che vincerà a mani basse la Cdu, ma ormai per i tre partiti al governo non c'è in ballo la vittoria ma la semplice sopravvivenza. Intanto il 22 si vota in Brandeburgo: difficile che i risultati siano molti diversi da quelli di oggi.

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