Meloni rivendica la stabilità e il legame tra Europa e Usa. "No a nostre truppe a Kiev"

"Prima l’Occidente: credo negli Stati Uniti di Trump come in quelli di Biden". Ue, "bene il potere di veto". Gelo Lega sulle spese di difesa

Meloni rivendica la stabilità e il legame tra Europa e Usa. "No a nostre truppe a Kiev"
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Le scintille vere arrivano davvero solo nel tardo pomeriggio e sulla politica interna, dopo una lunga giornata in cui Giorgia Meloni interviene di prima mattina al Senato e poi alla Camera per le consuete comunicazioni al Parlamento in vista del Consiglio europeo in programma oggi a Bruxelles. Al netto delle questioni di casa nostra - dalla manovra, ai botta e risposta con Elly Schlein e Giuseppe Conte - sul tavolo dunque c'è soprattutto il posizionamento dell'Italia sull'Ucraina, sulla difesa comune (alla luce dell'intensificarsi degli attacchi ibridi da parte di Mosca) e sull'eventuale utilizzo degli asset russi immobilizzati. Oltre, ovviamente all'evoluzione della crisi in Medio Oriente e a dossier più strettamente economici (competitività e green deal). Con una digressione sull'ipotesi di abolire l'unanimità e introdurre il voto a maggioranza per le votazioni del Consiglio europeo. Non un dettaglio procedurale, ma profondamente sostanziale se oggi l'Ungheria di Viktor Orbán minaccia di porre il quarto veto consecutivo alle conclusioni del Consiglio Ue sull'Ucraina mentre a Bruxelles la Slovacchia di Roberto Fico sta bloccando da giorni il 19esimo pacchetto di sanzioni contro Mosca (anche se Bratislava ha lanciato segnali distensivi e se oggi verranno accolte le sue richieste su automotive e settore energetico il nodo dovrebbe sciogliersi). La questione è antica e pure Sergio Mattarella ha criticato il fatto che sempre più spesso la mancanza di unanimità "paralizza" l'Ue. Meloni, questo è noto da tempo, non la pensa così. E lo dice chiaro alla Camera per poi ribadirlo in Senato. "Non siamo d'accordo - spiega la premier - sul superamento del diritto di veto per andare verso il superamento dell'unanimità". Certo, ammette, "sarebbe utile per l'Ucraina", ma "varrebbe anche su molti altri temi" in cui "le posizioni della maggioranza potrebbero essere abbastanza distanti dalle nostre e dai nostri interessi nazionali". Una posizione che difficilmente può trovare d'accordo la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen.

Per il resto Meloni ribadisce il pieno sostegno italiano a Kiev e conferma il "no" all'eventuale invio di truppe. "Mi si è accusato e si è accusato il governo di indietreggiare sull'Ucraina, motivando questo indietreggiare - dice la premier - con il rifiuto all'invio di soldati". Una scelta che il governo conferma. "Ciascuna nazione - è la posizione di Meloni - contribuirà agli sforzi" per Kiev "nella misura in cui potrà e che riterrà necessario". E "l'Italia ha già chiarito che non prevede l'invio di propri soldati nel territorio ucraino". Questo, aggiunge, non significa affatto fare un passo indietro, perché "il nostro sostegno al popolo ucraino resta fermo e determinato nell'intento di arrivare alla pace", che "deve essere giusta e non frutto di sopraffazione" e questo "implica una soluzione equa, frutto di un percorso negoziale credibile, dove nessuna decisione sull'Ucraina può esser presa senza l'Ucraina".

Il nodo, quello su cui in aula si registra qualche tensione, è la postura del governo rispetto a Washington. Secondo Schlein, infatti, "l'Italia ha delegato la sua politica estera a Trump", mentre la senatrice M5s Alessandra Maiorino definisce la premier "cheerleader" del presidente americano. Meloni non ci sta. Rivendica il traguardo dei tre anni a Palazzo Chigi e una stabilità quasi da record (è il terzo governo più longevo nella storia della Repubblica) che equivale ad autorevolezza sui tavoli internazionali. Che, dice, ha fatto valere in diverse occasioni, a partire dal tavolo von der Leyen-Trump sui dazi. La premier dice quindi di "lavorare per l'Occidente" e per "un legame con gli Usa senza il quale noi avremmo dei problemi" perché "l'Europa spesso non ha fatto la sua parte e questo ci pone in una situazione di debolezza". Il riferimento esplicito, nel caso specifico, è alla difesa comune, ragione per cui Meloni rivendica di essere a favore di investimenti in sicurezza comune proprio "per essere sovrani e non subalterni". Questione, va detto, su cui nell'aula del Senato non passa inosservato il silenzio gelido che arriva dai banchi della Lega. La premier se ne cura il giusto e tira dritto.

"La storia - dice - non si legge con la lente dell'adesione di partito. Io credo nell'Occidente oggi che gli Stati uniti sono guidati da Trump come ci credevo quando erano guidati da Joe Biden". Insomma, l'Occidente va difeso per "i suoi valori" che "sopravviveranno ai governi".

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