Paragon, spiato il fondatore di Dagospia. La sinistra accusa: "Meloni adesso spieghi"

I pm capitolini passeranno al setaccio i telefonini dei sette tra cronisti e attivisti intercettati illegalmente dallo spyware

Paragon, spiato il fondatore di Dagospia. La sinistra accusa: "Meloni adesso spieghi"
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E se ci fosse un Paese straniero dietro l'operazione di controintelligence su Graphite, lo spyware israeliano che Paragon Solution vende solo a governi e che in Italia era in uso ad Aise ed Aisi? C'è un filo rosso che lega la vicenda del software inoculato anche a Roberto D'Agostino alle indagini sulla cosiddetta Squadra Fiore, che dentro i servizi segreti è accusata di fare indagini private per committenti stranieri?

Più di una fonte contattata dal Giornale si trincera dietro questo semplice ragionamento. Se Paragon ha interrotto i rapporti con l'Italia e ha stracciato i contratti per "uso improprio" lo ha fatto per evitare ricadute negative sul proprio software, perché Israele sa benissimo che i giornalisti e gli attivisti spiati illegalmente in Europa sono almeno un centinaio (tra cui uno molto importante che ha chiesto l'anonimato) e guarda caso sono usciti solamente sette nomi "italiani". "Qualcuno dentro la nostra intelligence, la cui immagine è sporcata dalle vicende Striano, Equalize, Giambruno e Almasri (solo per fare qualche esempio), sta giocando sporco perché questo esecutivo sta facendo un repulisti", maligna un'altra fonte.

Ai cinque nomi già noti - il direttore di Fanpage Francesco Cancellato, il suo cronista Ciro Pellegrino e gli attivisti di Mediterranea Saving Humans Luca Casarini (spiato dagli 007 dal 2019 per ordine di Giuseppe Conte come Giuseppe Caccia) e don Mattia Ferrari, coinvolto in un'indagine per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina - la Procura di Roma che indaga (come Napoli) contro ignoti per "accesso abusivo a sistema informatico" e "cognizione, interruzione o impedimento illeciti di comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche" ha deciso accertamenti irripetibili sui loro telefoni cellulari - se ne sono aggiunti due nuovi: c'è la blogger olandese di ultradestra Eva Vladingerbroeck, legata sentimentalmente a un italiano e appunto D'Agostino.

Se per Casarini e Caccia la paternità è dell'intelligence nazionale, è caccia a chi ha sbirciato il cellulare del fondatore del lettissimo sito di inchieste e gossip politico-economico più consultato dal Palazzo. È stato Matteo Renzi a lanciare il sasso con l'hashtag #ItalianWatergate: "Gravissimo se anche Dagospia è stata spiata e il governo fa finta di nulla". "Nessuno pensi di insabbiare questa vicenda", tuona il Pd Alessandro Zan, Debora Serracchiani e Stefano Graziano chiedono che "la premier e il sottosegretario Alfredo Mantovano dicano chi, se non i Servizi, è stato", Nicola Fratoianni (Avs) evoca scenari che "mettono seriamente in discussione la tenuta della nostra democrazia".

Il caso, per il quale si stanno muovendo anche i consulenti di Ordine dei giornalisti, Fnsi, Mediterranea e Fanpage, è scoppiato lo scorso gennaio, quando Facebook e Whatsapp hanno avvisato i primi bersagli e il team canadese The Citizen lab lo ha confermato, mentre a maggio Apple ha allertato altri due cronisti. "Non è che lo spyware lo scopri così, qualcuno che sapeva ha avvertito Meta", è il ragionamento di una fonte.

Paragon con una nota ripresa su X dal reporter di Haaretz Omer Benjakob accusa "l'autorità sovrana dell'Italia" di non voler indagare, offrendoci un aiutino. Offerta già rifiutata perché secondo gli 007 "si metterebbe a rischio la sicurezza nazionale".

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