Segnali in Parlamento: maggioranza allargata sulla riforma garantista

Carriere separate e stop agli abusi: centrodestra e Terzo polo ci riprovano

Segnali in Parlamento: maggioranza allargata sulla riforma garantista

Se non ora, quando? La riforma della giustizia è «una delle ragioni per le quali è nato questo governo», dice al Corriere della Sera Silvio Berlusconi mentre al Csm il candidato del centrodestra Fabio Pinelli viene eletto vicepresidente con 17 voti al terzo scrutinio grazie anche ai voti del renziano Ernesto Carbone. «Sulla giustizia non ci sono divisioni nella maggioranza», ribadisce Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d'Italia. Strada in discesa, dunque? Assolutamente no, ma mai come questa volta le condizioni per seppellire finalmente l'ascia di guerra con la magistratura ci sono tutte, compreso il crocevia a Palazzo de' Marescialli. «La riforma che ha in mente il Guardasigilli Carlo Nordio non sarà certo contro la magistratura», ribadisce il leader di Forza Italia, ma «nell'interesse dei cittadini», come sottolinea il vicepremier azzurro Antonio Tajani.

Separazione delle carriere, giusto processo e stretta sui trojan i punti fermi: chi ritiene che ques'ultimo punto trovi contraria tutta la magistratura sbaglia. «È ragionevole imporre dei limiti spazio-temporali alle captazioni da trojan per impedirne un uso abusivo, la necessità investigativa non può essere l'unico valore in gioco», ha detto qualche giorno fa al Giornale il leader di Md Stefano Musolino, pm antimafia che sta portando la corrente di sinistra della magistratura verso un percorso «più garantista» e aperto al dialogo, anche a costo di esasperare lo scontro con le toghe ancor più rosse di Area con cui si è alleata (invano) al Csm.

Il fatto che lo stop alle «porcate» di cui parla Nordio arrivi da un inquirente abituato a indagare sui boss la dice lunga. «Ma non è un caso - osserva un parlamentare di centrodestra - che l'arresto di Matteo Messina Denaro abbia rafforzato il fronte di chi dice avete visto che servono? Giù le mani dalle intercettazioni», come se la lotta alla mafia e il giusto equilibrio tra Stato di diritto e privacy «fossero in contrapposizione», ribadisce Berlusconi». Fatto e M5s si fanno scudo dietro le parole del Garante della privacy, secondo cui non ci sarebbe stata alcuna violazione sull'utilizzo delle intercettazioni: «O Nordio ha mentito, oppure dimostra la sua inadeguatezza parlando senza sapere». Ma tacciono sull'appello nel 2019 dello stesso Garante sull'invasività dei trojan, rimasto lettera morta.

Ma mentre la riforma su intercettazioni e abusi stenta a decollare (se ne sta occupando Pierantonio Zanettin di Forza Italia in commissione Giustizia al Senato) a incardinarsi alla commissione Affari Costituzionali da ieri ci sono due disegni di legge sulla separazione delle carriere tra magistrati inquirenti e giudicanti, concorsi separati e carriere distinte. Quello che sognava Giovanni Falcone all'indomani della riforma del Codice di procedura penale firmata da Giuliano Vassalli, in vigore dal 24 ottobre del 1989, ma finora osteggiata dalle correnti che temono di perdere il loro potere. La prima bozza arriva da Enrico Costa e Roberto Giachetti del Terzo Polo e riprende la proposta di legge di iniziativa popolare delle Camere Penali. In discussione non c'è la volontà di piegare la magistratura al potere esecutivo ma la distinzione attiene solo al sistema di accesso alle funzioni, giudicante o requirente. L'obiettivo è dare piena applicazione alla revisione dell'articolo 111 della Costituzione.

«Il giusto processo è davvero giusto se chi giudica è equidistante fra chi accusa e chi si difende», sottolinea Pietro Pittalis di Forza Italia, che assieme ai deputati azzurri Tommaso Antonino Calderone, Alessandro Cattaneo e Annarita Patriarca ha depositato un'altra proposta di legge costituzionale per la separazione delle carriere «che trova la sua ragion d'essere nell'impianto accusatorio proprio del codice Vassalli, alla cui logica garantista finalmente il nostro processo penale potrà adeguarsi». Come direbbe Falcone.

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