
«Un nuovo inizio delle relazioni economico-politiche tra Regno Unito e Unione europea». «Una resa ai tecnocrati di Bruxelles». Le reazioni alla nuova intesa firmata ieri a Londra tra il primo ministro inglese Starmer e la presidentessa della Commissione Ue Ursula von der Leyen non potrebbero essere più divergenti, in quello che politicamente e semanticamente sembra essere un salto indietro nel tempo agli anni delle diatribe sulla Brexit.
L'incontro di ieri è stato il primo summit tra Londra e Bruxelles dopo l'uscita del Regno Unito dall'Unione, con molteplici argomenti sul tavolo. In primis, la difesa, dove le parti hanno convenuto una più stretta collaborazione nei programmi di acquisto, che dovrebbe permettere non solo di conseguire ingenti risparmi, ma anche una maggiore integrazione tra gli eserciti europei e quello inglese. «In un momento di instabilità globale ha dichiarato von der Leyen quando il nostro continente affronta la più grave minaccia da generazioni, noi europei rimaniamo uniti». Il che non significa ancora che l'industria bellica inglese avrà accesso al programma europeo di investimenti nella difesa (Safe). Per questo sarà necessario «un secondo passo», che definisca le condizioni di partecipazione e in che parte Londra debba cofinanziare i 150 miliardi di euro del programma. Oltre alla difesa, le parti hanno raggiunto un accordo per far rientrare Londra nel mercato elettrico europeo: il Regno Unito seguirà le regole del mercato comune, con la Corte Europea di Giustizia arbitro ultimo di eventuali controversie. Similmente, nei prossimi mesi si ridiscuteranno le norme sanitarie e fitosanitarie che regolano l'interscambio di piante e animali tra i due blocchi, con una riduzione della burocrazia da un lato, e il ruolo della Corte europea di Giustizia come giudice ultimo dall'altro. Sulla pesca, Londra e Bruxelles hanno esteso fino al 2038 l'accordo attuale che garantisce l'accesso alle acque inglesi ai pescherecci europei, e che sarebbe giunto a conclusione l'anno venturo. Infine, se i cittadini inglesi potranno usare negli aeroporti europei le corsie riservate a chi ha un passaporto elettronico dell'Unione, le parti non hanno ancora trovato un accordo, nemmeno di massima, per facilitare l'ingresso di studenti europei nel Regno Unito.
Un reset, un nuovo inizio: questa era l'intenzione di Starmer, primo ministro laburista che si è sempre rifiutato di riaprire il capitolo Brexit. Ben conscio della persistente ostilità di parte del Paese all'Unione europea e della continua ascesa di Reform Uk, il partito di Nigel Farage, che fa della lotta all'immigrazione una delle sue bandiere, Starmer ha tuttavia fortemente cercato un riavvicinamento economico a Bruxelles in chiave pro-crescita. Dopo l'accordo di libero scambio con l'India di inizio maggio e quello commerciale con gli Stati Uniti di Trump, che ha portato all'eliminazione della maggior parte dei dazi americani sui prodotti inglesi, Londra spinge ancora su misure che rinvigoriscano una crescita molto debole. E, sul piano interno, è disposta a subire le aspre critiche di queste ore: resa, ha tuonato Farage, mentre i conservatori hanno gridato alla svendita del settore ittico inglese.
Ma la linea rossa politica di Starmer sarà l'immigrazione: se riuscirà a ridurre il numero degli ingressi legali ed illegali e dimostrare di aver messo in sicurezza i confini, il reset con l'Europa potrebbe essere visto favorevolmente dalla maggioranza del Paese. In caso contrario, tutto sarà travolto da Farage.
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