Letteratura

Un Salone, sette candidati e un Partito unico del Libro

A Torino si sta giocando la partita del nuovo direttore. Le diverse sinistre litigano, e la destra sta a guardare

Un Salone, sette candidati e un Partito unico del Libro

A proposito di egemonia culturale, di «contro egemonia» e del fatto che il nuovo Governo debba estendere o meno la propria influenza nei posti chiave della Cultura, cosa peraltro normalissima: si chiama spoil system e ha sempre funzionato benissimo. Infatti la sinistra quando poteva lo ha applicato magnificamente, ora però che è il turno della destra diventa un peccato capitale. Ecco, a proposito di tutto ciò un caso da manuale è la nomina del prossimo direttore del Salone del Libro di Torino, che affiancherà fino a maggio Nicola Lagioia e dopo lo sostituirà, restando in carica dal 2024 al '26. Una partita da cui la destra è esclusa. Il ministro Gennaro Sangiuliano, peraltro appena arrivato, non ha potere nella nomina e molto correttamente non interviene (anche se il suo precedessore, Franceschini, indirettamente si faceva sentire, eccome). Mentre il governatore del Piemonte, Alberto Cirio, pur essendo la Regione socio unico del Circolo dei Lettori, ossia il braccio operativo del Salone, preferisce lasciare alla sinistra locale ogni scelta. Un po' per disinteresse verso la Cultura, un po' per un malinteso timore reverenziale nei confronti della sinistra, un po' per concordia istituzionale fra Regione e Comune. Così è.

Il Salone dal 1998 al 2016 è stato diretto da Ernesto Ferrero, poi nel 2017 fu scelto, con nomina diretta, lo scrittore Nicola Lagioia. Ora invece per dare una parvenza di trasparenza si è indetta una manifestazione di interesse e nominato un Comitato direttivo che sceglierà fra le candidature arrivate (una cinquantina quelle significative). Adesso fate attenzione. Il Comitato è composto da sette persone: il coordinatore Giulio Biino, che è anche presidente della Fondazione Circolo dei lettori, in prima fila nell'organizzazione del programma del Salone; Marco Pautasso, segretario Generale del Salone del Libro; Vittoria Poggio, assessore alla Cultura della Regione, in quota Lega; Rosanna Purchia, assessore alla Cultura del Comune di Torino, molto vicina a Franceschini; e, con tre votanti, l'associazione Torino Città del Libro (cioè i proprietari del marchio, quelli che nel recente passato hanno salvato il Salone dal fallimento).

La prima riunione del direttivo è stata la scorsa settimana, ed è servita ad annusare le varie posizioni (per la nomina servono sei voti su sette). L'11 gennaio ci sarà l'appuntamento chiave, per decidere. I candidati veri sono sette, tutti ascrivibili all'area di sinistra. Se fosse un congresso per decidere il Segretario si parlerebbe di correnti; qui di sfumature, ma cambia poco. Vediamo i nomi. Considerato favorito, c'è Paolo Giordano, scrittore e premio Strega, come Lagioia; ma è un fisico, non un letterato. È torinese, e la cosa conta parecchio. Non ha mai organizzato nulla, neppure una presentazione in libreria, ma la cosa non preoccupa nessuno. Gli ultimi due pezzi che ha scritto sono anti Salvini e anti Meloni, quindi perfetto per Torino. E soprattutto è un nome pop, commerciale (motivo per cui piace molto all'associazione Torino Città del Libro, cioè i privati, che sono quelli che rischiano di più) e poi essendo firma nobile del Corriere della sera e della Lettura, trasformerebbe i giornali di via Solferino, più di quanto già non siano, nell'house organ del Salone, che ha già alle proprie dipendenze Repubblica grazie al comune orientamento a sinistra, e la Stampa, che per tradizione e per torinesità da sempre spinge la kermesse come ufficio stampa ombra, accanto a quello ufficiale della manifestazione. E poi Giordano, espressione più fedele della linea Saviano-Einaudi-Fazio, piace alle professoresse democratiche col cerchietto e le scarpe basse che affollano il Salone.

Poi c'è Elena Loewenthal (invisa alla Città del Libro): già consigliere regionale di +Europa, è la direttrice del Circolo dei Lettori, il cui presidente, Giulio Biino, è il coordinatore del Comitato che sceglierà il direttore del Salone. Tutto in famiglia, insomma. Ma non è neppure questo. Da giorni a Torino molti si chiedono, ma nessuno lo scrive, se è opportuno che la Loewenthal si sia candidata in qualità di direttrice di un ente che riceve da Città e Regione finanziamenti che sono utilizzati per la gestione della programmazione del Salone del Libro. Ma i conflitti di interesse, si sa, sono solo quelli di Berlusconi. Ah: la Loewenthal sta muovendo fiumi e prealpi per ottenere appoggi di ogni tipo. Su Repubblica ha avuto l'endorsement di Elisabetta Sgarbi (che è la sua editrice...), e due giorni fa quello di Angelo Pezzana, il fondatore nel 1988, assieme a Guido Accornero, del Salone del Libro e figura di riferimento della Comunità ebraica: «Loewenthal è la miglior scelta possibile», ha scritto.

Poi c'è Gianni Oliva: torinese, storico, intellettuale di sinistra duro e puro, già consigliere comunale nelle fila del Pci a Coazze e a Giaveno e poi assessore in Provincia e in Regione nelle fila del Pd. Ottima persona. Ma mettere Oliva alla guida del Salone è come candidare Michetti a Roma. Zero standing e appeal solo presso il funzionariato Pd regionale.

Quindi tre outsider. Bruno Ventavoli, responsabile di Tuttolibri (persona dal carattere difficile ma troppo colta per dirigere il Salone, e ovviamente non ce la farà); Oliviero Ponte di Pino (l'uomo del successo di Bookcity a Milano, ma la domanda è: visto che tempo fa si tentò, senza riuscirci, di portare il Salone di Torino a Milano, non è che così si vuole portare direttamente Milano a Torino?), e Loredana Lipperini: giro Repubblica-Murgia-Radio3, anche se forse mettere a capo del Lingotto una che difende ancora con orgoglio il terrorista, criminale e scrittore Cesare Battisti è troppo anche per Torino.

Resta Giuseppe Culicchia, scrittore, torinese, da anni dentro il Salone, di cui conosce benissimo i meccanismi, l'ala più moderata della sinistra intelligente, lontano da fanatismi che in un vicino passato, fra programmi a senso unico e espulsione di editori non graditi, hanno percorso il Salone; uno che anni fa non ebbe paura di invitare - fra i mugugni di tanti salottieri - l'allora ministro della Gioventù, Giorgia Meloni.

Ma l'equilibrio, si sa, da quelle parti non è una virtù.

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