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Ecco perché consideriamo settembre il mese della ripartenza

Settembre viene considerato il mese in cui tutto inizia. Dai progetti personali a quelli lavorativi. Il dottor Stefano Scatena ci spiega il perché

Ecco perché consideriamo settembre il mese della ripartenza

Quando si parla di settembre si pensa spesso alla fine delle vacanze estive e alla proiezione verso un nuovo ciclo, o meglio una ripartenza. Nulla di più vero se pensiamo che si tratta di un mese in cui di solito si programma una nuova attività, una nuova organizzazione aziendale ma anche e, soprattutto, dei nuovi propositi sul piano personale: quasi come a voler scrivere un nuovo capitolo della propria vita e renderlo migliore di quello precedente. Ma perché c’è questa proiezione ad una nuova fase? Lo spiega lo psicologo e psicoterapeuta Stefano Scatena.

Perché settembre rappresenta nelle nostre menti il mese della ripartenza?

“L’inizio dell’anno non è stato sempre il primo gennaio. Nell’antichità ad esempio, secondo lo stile fiorentino e pisano ma anche a Vienna e in Inghilterra, l’anno iniziava secondo la credenza del concepimento di Gesù: nove mesi prima della sua nascita, quindi il 25 marzo, vicino all’equinozio di primavera. Il cambiamento dello stile di vita in occidente dal dopoguerra in poi ci ha portato a percepire mentalmente il vero e proprio inizio di un nuovo ciclo annuale a settembre. Ha contribuito l’inizio della scuola con l’inizio dell’autunno, la massificazione delle vacanze estive, lo spostamento dei lavori in casa per gli operai in ferie a settembre”.

Possiamo dire che questo mese rappresenta un nuovo anno più di gennaio?

“Assolutamente sì. La maggior parte delle persone ha i famosi ‘buoni propositi per l’anno nuovo’ non più a fine dicembre, ma negli ultimi giorni di agosto: un progetto professionale, un cambiamento di abitazione, la modifica del guardaroba. Abbiamo ricerche che ci mostrano come il picco della fine delle relazioni affettive sia in estate; a settembre si cerca di costruire una nuova storia d’amore. A livello simbolico il capodanno è ancora a gennaio per la maggior parte delle nostre menti, ma l’ansia da prestazione o l’ansia da cambiamento si presenta generalmente proprio a settembre. Dipende anche dalle usanze e dalle tradizioni italiane. Nella città di Viterbo dove sono nato e vivo ad esempio, il nuovo anno inizia per tutti il 5 settembre, dopo la festa del trasporto della Macchina di Santa Rosa. Qualsiasi progetto, qualsiasi iniziativa, viene rimandata a ‘dopo Santa Rosa’”.

Come trasformare la carica derivante dal riposo estivo in energia da sfruttare in nuovi progetti?

“Durante le ferie dovremmo fare quello che davvero ci piace di più. Ma sono poche le persone che si guardano dentro, a contatto con i loro bisogni più profondi e riescono a capirlo. C’è chi, come me, ha bisogno di viaggiare ed esplorare il mondo, chi vuole solo dormire e guardare la tv, chi vorrebbe passare il tempo con la propria famiglia e i propri amici. Purtroppo molti di noi sono indotti dai social e dalla pressione culturale a competere anche durante le vacanze, per chi mostra le foto più belle o è chi è andato nel posto più esclusivo. E chi non si è potuto permettere un posto esotico, si sente frustrato. Una vera e propria patologia da vacanze, chiamata ‘FOMO’, Fear Of Missing Out, paura di essere tagliati fuori. Per la nostra mente questo è lavoro vero e proprio, e ci si ritrova a settembre più stanchi di prima”.

Spesso associamo questo mese ad alcune immagini come un film da vedere la sera con una con una copertina e una tiepida tisana tra le mani. Quanto sono rassicuranti questi pensieri?

“Sono la chiave per essere felici anche nella stagione simbolicamente più triste dell’anno, l’autunno. Io insegno ai miei pazienti a costruirsi delle splendide immagini realistiche che devono essere portate a compimento. In questo modo attendiamo, dopo uno/due anni, l’autunno con carica e gioia. Faccio un esempio personale: da ragazzo temevo l’autunno, la mia mente mi suggeriva immagini di solitudine e di buio. Oggi ho imparato, realizzandolo, un autunno pieno di soddisfazioni, di cene con gli amici e di serate in famiglia divertendomi con serie TV e videogiochi. La sola immagine mentale di tornare a letto al calduccio per iniziare una giornata con operosità mi riempie di allegria e di sicurezza. Il trucco è questo: costruire delle abitudini piacevoli per far sì che l’anno successivo, all’arrivo dell’autunno, lo possiamo percepire come un periodo gioioso, di raccoglimento”.

Cosa rappresenta per la nostra mente l’idea della programmazione di nuovi progetti sia personali che lavorativi?

“Sono l’essenza della vita. Un’esistenza senza progetti, senza progresso, senza sfide, ci conduce alla depressione e al vuoto. Vale per ogni epoca, e per ogni età dell’essere umano. Un esempio perfetto di quello che intendo è la vita del mio maestro Piero Angela. Fino alla fine della sua vita ha avuto progetti. Sapeva di essere nell’ultima fase della sua esistenza, eppure ha pubblicato un disco jazz, condotto e realizzato l’ultima stagione di Superquark, preparando i nuovi giovani divulgatori scientifici. Se abbiamo in testa un obiettivo, che sia sociale, sportivo, economico, non invecchiamo mai. Solo il nostro corpo tende al degrado, ma la funzione del nostro cervello continua a evolversi incessantemente”.

E se qualcosa dovesse andare storto come si fa a non farsi perdere d’animo?

“Dobbiamo convincerci della realtà: la vita è un insieme di cadute e di momenti difficili da superare. Se tendiamo a vivere emozioni e vissuti angoscianti dobbiamo rivolgerci ad uno psicoterapeuta per capire perché ci siamo “inceppati”. Non esiste la sconfitta, esiste solo l’esperienza. Ogni errore, dopo un’attenta valutazione, ci può restituire un io più forte, più determinato, più felice. Dobbiamo guardare il futuro con ottimismo, perché esso è nelle nostre mani, in ogni nostra azione, anche quella che sembra più insignificante. Se proprio vogliamo essere infelici, è sufficiente vivere i giorni tutti uguali. Il cambiamento e i problemi da superare fanno parte della vita umana, vanno accettati e affrontati. E non siamo soli: dal senzatetto al più ricco degli imprenditori.

Ognuno ha la sua sfida e può essere sereno nel migliorare la propria condizione e quella degli altri”.

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