A Milano calano i reati (è un po' di anni che calano), ma la percezione di insicurezza no. Un po' ciò che succede con le temperature in inverno: non contano quanti gradi ci sono ma quanto freddo si ha. Che non è un dettaglio, anzi forse è anche peggio. Peggio soprattutto perché se omicidi, furti e violenze fortunatamente sono meno, è inquietante che stiano crescendo i reati compiuti da giovanissimi sempre più spesso con i coltelli in tasca. Ed è il segnale che la rete di protezione sociale formata da famiglie, scuola e amicizie non funziona più. Ma è peggio soprattutto perché con la paura bisogna farci i conti. E, checché ne dicano gli esperti che con i dati elaborano studi sicuramente attendibili, la paura non fa parte di nessuna "narrazione", non è un'interpretazione, si fa fatica a misurare con grafici e modelli statistici. È un sentimento purtroppo ricorrente soprattutto al calar della sera: il timore di girare da soli in periferia, ma anche quel malessere, quella leggera ansia con cui fare i conti quando si prende un tram, una filovia, la metro. Paura di dover fare i conti con un balordo, una baby gang, di finire in qualche rissa nelle vie della movida, di trovarsi nei guai.
La paura rompe la solidarietà, fa emergere l'intolleranza, divide ancor di più tra chi ha redditi alti e chi magari non li ha proprio, fa crescere rancore e senso di rivalsa, rischia di alzare muri; magari non di mattoni, ma sicuramente di censo, etnie, religioni. Insomma la paura divide, quando va bene. Con la paura non si vive bene: ma questo i numeri non lo dicono.