Azabu10, omakase in due atti

La cena nell’originale ristorante milanese di Andrea Arcieri è giocata sullo stile giapponese che prevede tutti i commensali seduti a un bancone a mangiare nello stesso momento le stesse cose preparate dallo chef “in diretta”. Le novità sono il grande rigore di Arcieri, la maturazione del pesce per diversi giorni e la divisione della cena in due parti su due differenti banconi con in mezzo un intervallo

Azabu 10, Andrea e Steven a lavoro
Azabu 10, Andrea e Steven a lavoro

Difficile da definire un locale come Azabu10. A semplificare si potrebbe dire trattarsi di un omakase, perché gli ingredienti ci sono tutti: un bancone (anzi due, dopo chiarirò), una decina di persone convocate allo stesso orario che mangiano le stesse cose di ispirazione giapponese, preparate davanti ai loro occhi dallo chef e dai suoi collaboratori e servite di volta in volta secondo un preciso ordine. Di suoi Andrea Arcieri, chef e patron di questo locale sperduto in zona Bicocca, lontanissimo da qualsiasi forma di figaggine, ci mette:

1) l’essere italiano, anzi milanese, “anzi sono cresciuto proprio in questo palazzo”, ciò che gli dà un entusiasmo da studioso dei rituali della cucina giapponese, e uno sguardo (va detto piuttosto critico) sul modo in cui lavorano altri ristoranti simili a Milano e in Italia (per dire, gli ho citato i più blasonati e costosi e lui mi ha risposto: “Buoni ma commerciali”, toccandola piano);

2) il fatto che oltre che della cucina giapponese e del servizio omakase Arcieri è anche un appassionato del dry age applicato al pesce, ovvero la maturazione del pesce in apposite celle frigorifere per cercare nuove espressività e nuove strutture del cibo che arriva dal mare, disciplina questa giovane ma con qualche entusiasta profeta, come Jacopo Ticchi a Rimini, ma che ancora deve mostrare tutto il suo potenziale. Così dietro ad Andrea che prepara ogni singolo boccone, ecco grandi frigoriferi in cui fanno nostra di sé pesci grandi o medio-grandi (la maturazione non si presta a pesci piccoli), come ricciole, rombi, tonnetti, dentici, orate che vi trascorrono periodi differenti in funzione del peso, della grassezza, della stagione;

3) il fatto che Arcieri sembra molto concentrato sul suo percorso, che non riconosca mentori di nessun genere, che non si faccia influenzare da maestri buoni e cattivi. Un atteggiamento certamente con qualche venatura di arroganza, ma che ne fa un personaggio peculiare in un mondo come quello gastronomico in cui molti menu sono scritti sulla carta carbone. Insomma, da Azabu10 tutto quello che si vive, piaccia o meno, è completamente originale. Poco non è.

Andrea Arcieri

Da Azabu10 funziona così: c’è un menu omakase IDGF (acronimo di una frase inglese che, tradotta evitando di usare il turpiloquio, significa, più o meno: non me ne frega niente) che è composto da una lunga successione di piccole portate, dalle 22 alle 25. La durata è di circa due ore, è richiesta di arrivare puntuali all’orario di inizio (anche se proprio io ho fatto un piccolo ritardo, ma non me l’hanno fatto pesare) e i turni sono due: 19,30 e 21,30. Per questo è inopportuno anche arrivare in anticipo.

La cena è divisa in due parti: quella principale al bancone delle celle frigorifere, poi una piccola pausa per una sigaretta o una visita in bagno, e il più breve secondo tempo in un bancone opposto, con la conclusione salata, le portate dolci e gli eventuali tempi supplementari con distillati e sake. La prima parte è una raffica di emozioni, impossibile elencarle tutte: mi piace solo ricordare una Composizione di frutti di mare con ostrica affumicata nella mandorla, cozza, vongola e friggitello. Poi alcuni sashimi, una seppia tagliata 25 volte, sbollentata e farcita con mandarino cinese, una Tataki di ombrina boccadoro con salsa di asparago lattofermentato, un interessantissimo Rombo con pelle croccante come una cotenna di maiale, del quale viene servita anche la parte laterale del pesce, di solito scartata, e invece grassa e deliziosa, poi una ricciola con pil-pil. Quindi un Chorizo di trota servito su uno spiedino e impanato nei cereali, un piatto decisamente “funky” (parola di Arcieri). Quindi un altro piatto forte del locale, un Ceviche ricchissimo di ingredienti differenti, scarti dei pesci misti, agrumi, frutta, verdure, semi, miso, leche e tigre, gelato di cipolla aromatizzato. La chiusura della prima parte è affidata al sushi, a una serie di nigiri preparati in diretta da Andrea con pesci maturati e riso, e da mangiare usando l’indice e il medio della mano come fossero bacchette e portando il nigiri verso la bocca con il lato del pesce sulle papille gustative: sfilano pezzogna, cernia, branzino, pagro, orata, calamaro, lampuga, alalunga, la parte magra del tonno, la parte più grassa. E forse mi dimentico qualcosa.

Azabu 10, la sala del ristorante
Azabu 10, la sala del ristorante

Pausa. Secondo atto. Si cambia bancone, e stavolta a condurre le danze è Gioele. Ed ecco il Soba, pasta fredda condita con limone fermentato, erba cipollina, polvere di granchio con peperoncino jalapeno, uova di trota marinate, salsa al granchio. Poi un’Anguilla cotta alla brace, magnifica, anche grazie alla polvere di cacao domenicano fondente e al pepe sancho. Poi due dolci, il primo davvero inconsueto, un flan di gambero con mazzancolla e caramello koji di orzo. Poi una più tranquillizzante meringa all’italiana aromatizzata al lime scottata a cannello con tartare di pesca con pesca cotta gelificata, curd al sake. Infine un Kakigori, una sorta di granita giapponese, anche se io parlerei più di grattachecca, ghiaccio tritato condito con un mix di frutta fresca di stagione, sciroppo al sambuco fermentato, salsa alla ciliegia fermentata.

Il viaggio è finito. Resta da descrivere l’ambiente, scarno e vagamente postindustriale, ruota tutto attorno ai due banconi, di legno scuro, con due ordini di sgabelli dal design differente. Oltre a Gioele a fiancheggiare Andrea ci sono Steven che aiuta al bancone lo chef, Irene, Federico e Zeno in cucina, Antonino e Gabriele in sala. Tutti indossano una austera giacca alla giapponese colore verdeSi beve vino o sake, in alcuni piatti il pairing è previsto e compreso. Il menu costa 158 euro bevande escluse.

Il lunedì c’è l’Hospo Monday Nigiri Feast, un menu tutto incentrato su sushi e sashimi (stesse regole sempre 158 euro). A pranzo il venerdì un menu omakase di durata ridotta a 79 euro.

Azabu10 si trova a Milano in via San Glicerio, 6 (tel. 3312558271). È aperto dal lunedì al sabato a cena, il venerdì anche a pranzo. Chiuso la domenica.

Azabu 10, il Chorizo di scampi

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