Il futuro dell'Europa? In direzione di un "federalismo pragmatico" come unica strada percorribile: per necessità e "non in ossequio a un sogno". Parole di Mario Draghi che ha tenuto un discorso in occasione della consegna del Premio Princesa de Asturias per la Cooperazione internazionale. L'ex presidente della Banca Centrale Europea ripercorre brevemente la sua carriera segnata sempre da un "profondo senso di responsabilità verso un progetto" che era iniziato con i "negoziati per il Trattato di Maastricht".
Da quel momento costruire l'Europa è stata "una missione centrale della mia carriera" come responsabile delle politiche nazionali, Capo del Tesoro italiano presidente del Consiglio e come rappresentante europeo alla guida della Bce. "Ma oggi la prospettiva per l'Europa è tra le più difficili che io ricordi. Quasi ogni principio su cui si fonda l'Unione è sotto attacco - sottolinea Draghi -. Abbiamo costruito la nostra prosperità sull'apertura e sul multilateralismo: ora affrontiamo protezionismo e azioni unilaterali. Abbiamo creduto che la diplomazia potesse essere la base della nostra sicurezza: ora assistiamo al ritorno della potenza militare come strumento per affermare i propri interessi".
L'ex capo del governo italiano afferma che le istituzione comunitarie avevano promesso "leadership nella responsabilità climatica: ora vediamo altri ritirarsi mentre noi sosteniamo costi crescenti. Il mondo intorno a noi è cambiato radicalmente e l'Europa fatica a rispondere", ha continuato. Tutto questo gli fa solleva una domanda cruciale: "Perché non riusciamo a cambiare? Ci viene spesso detto che l'Europa si forgia nelle crisi. Ma quanto grave deve diventare una crisi affinché i nostri leader uniscano le forze e trovino la volontà politica di agire?", ha voluto rimarcare con forza Draghi.
Se dopo la grande crisi finanziaria e quella del debito sovrano, la Bce si è evoluta in un'istituzione più federale, anche grazie all'avvio del progetto dell'unione bancaria, dall'altra parte tuttavia "le nostre sfide sono diventate sempre più complesse e ora richiedono un'azione comune da parte degli Stati membri". Sfide che riguardano ambiti come la difesa, la sicurezza energetica e le tecnologie di frontiera, che "necessitano di scala continentale e investimenti condivisi. E in alcuni di questi settori, soprattutto difesa e politica estera, è necessario un grado più profondo di legittimità democratica", dichiara l'ex governatore di Bankitalia.
La governance europea non è stata modificata: l'Unione è rimasta una "confederazione europea che semplicemente non riesce a far fronte a tali esigenze. Questo lascia responsabilità a livello nazionale che non possono più essere gestite efficacemente". Mario Draghi aggiunge inoltre che, anche se volessimo trasferire più poteri all'Europa, questo modello non ci offrirebbe "la legittimità democratica per farlo: non è solo una questione di vincoli giuridici dei Trattati Ue. Il vincolo più profondo è che, di fronte a questo nuovo mondo, non abbiamo costruito un mandato condiviso, approvato dai cittadini, per ciò che, come europei, intendiamo davvero fare insieme".
Il nuovo federalismo europeo sarebbe basato su temi specifici, flessibile e capace di agire al di fuori dei meccanismi più lenti del processo decisionale dell'Ue. "Sarebbe costruito da 'coalizioni di volenterosi' attorno a interessi strategici condivisi, riconoscendo che le diverse forze dell’Europa non richiedono che ogni paese si muova allo stesso ritmo". Ecco allora immaginare nazioni con "industrie della difesa avanzate che uniscono ricerca e sviluppo e finanziano appalti congiunti, leader industriali che co-investono in settori critici come i semiconduttori, o in infrastrutture di rete che riducono i costi energetici".
E, allo stesso tempo, farebbe sì che l'Europa diventerebbe una "costruzione dal basso di uno scopo comune, non un'imposizione dall’alto. Tutti coloro che vogliono unirsi potrebbero farlo, mentre chi cerca di bloccare i progressi non potrebbe più trattenere gli altri". In sintesi: occorre una visione piena di fiducia dell’Europa e una in cui i cittadini possono credere.
"Un'Europa in cui i giovani vedono il loro futuro, un'Europa che rifiuta di essere calpestata, un'Europa che agisce non per paura del declino, ma per orgoglio di ciò che può ancora realizzare - conclude Draghi - Dobbiamo offrire questa visione se vogliamo che l'Europa si rinnovi. E sono fiducioso che possiamo farlo".