Nicola Gratteri non lascia, ma anzi - se possibile - raddoppia gli spunti di polemica, insistendo fortemente sulla bontà della sua opera di convincimento a favore del No al referendum sulla giustizia. Sono passati oramai più di dieci giorni da quella scena in tv (diventata in breve tempo virale) in cui il procuratore di Napoli, intervistato da Giovanni Floris a "DiMartedì" su La7 lo scorso 5 novembre, ha citato la falsa intervista di Giovanni Falcone a Repubblica il 25 gennaio 1992.
Le scuse, nel frattempo, non sono mai arrivate. Nemmeno oggi, sentito dall'agenzia Ansa, quando si è limitato a dire: "Il senso delle mie parole è stato frainteso. Generalmente non mi piace tirare in ballo chi non c'è più, soprattutto se si tratta di uomini di grande spessore culturale e giuridico come Falcone e Borsellino. L'ho fatto e, quindi, mi sembra doveroso chiarire ulteriormente per un'ultima volta", con la speranza che "si ponga fine a ignobili strumentalizzazioni".
Gratteri cita poi un'altra dichiarazione che avrebbe rilasciato Falcone all'Istituto Gonzaga dei Gesuiti di Palermo: "Io credo che prima o poi si riconoscerà che non è possibile una meccanicistica separatezza perché ciò determina grossi problemi di funzionamento e di raccordo". Ancora: "Il senso delle affermazioni attribuite a Giovanni Falcone e da me riprese, se anche non rilasciate a un quotidiano, unico dato errato, ma in altra occasione, sintetizzano e rappresentano il suo reale pensiero". Il tutto condito da un giudizio non lusinghiero nei confronti dell'attuale ministro della Giustizia prendendo spunto dalle parole di Alfredo Morvillo: "La riforma che ci vogliono propinare non serve assolutamente a nulla, se non a creare il presupposto dell'asservimento del pm all'esecutivo.
E non credo che Falcone sarebbe stato felice di diventare un funzionario di Carlo Nordio". Polemica chiusa, quindi? Proprio per niente. E da qui ad aprile non mancheranno ulteriori sorprese in vista del referendum confermativo.