Anche la scienza è nulla senza empatia

Torna "La fisica della malinconia", il capolavoro del bulgaro Georgi Gospodinov

Anche la scienza è nulla senza empatia

Che cos'è l'empatia? Avevo sempre pensato fosse la capacità di sentire quello che sentono gli altri, ma Giorgio Vallortigara mi ha spiegato che è scorretto: scientificamente è immaginare ciò che sentono gli altri. Spesso, come in una riflessione di Marcel Duchamp, inimmaginabile: «SENSO: si può vedere il guardare, ma si può sentire l'ascoltare, il sentire?». Scrivo questo perché è in fondo il tema fondamentale di Fisica della malinconia, uscito nel 2011 e scritto dal bulgaro Georgi Gospodinov, che se non fosse nato nel 1968 e ancora vivente sarebbe già in Adelphi, e però per fortuna c'è Voland (che lo ha appena riportato in libreria), ovvero Daniela Di Sora, la quale i grandi non aspetta siano morti per pubblicarli.

E quindi eccoci persi nella fisica della malinconia, un labirinto di esseri, di animali, di persone, brandelli di autobiografia incastonati in una cattedrale visionaria dell'empatia, un cubo di Rubik del pensiero e della fantasia più dolce e spietata, una risposta tanto reale quanto surreale (nel senso di Breton, non nel senso che ormai la parola surreale ha assunto nella quotidianità) alla non empatia di Vallortigara. Ci si ritrova a pensare a come tutti si sia assassini per disattenzione: «intere colonie di formiche che in tutti questi anni ho calpestato senza vedere. Ho i piedi grandi numero 45, il che aumenta la forza dell'impatto. E la mia colpa». Molto umorismo nero, ma anche di ogni altro colore, e anche paradossale benché significativo. Come l'elenco dell'effimero delle cose che non si possono collezionare: «formaggi vanno a male; mele raggrinziscono, marciscono; nuvole mutevoli per la loro intima struttura; amanti invecchiano, raggrinziscono (vedi le mele); bambini - crescono...». Ogni evento è malinconico perché tutto è effimero, tutto passa, tutto finirà con il finire per sempre, nonostante tutte le volte che diciamo la parola sempre, per sempre. Tutto, a rifletterci, quando è bello è effimero e l'effimero è malinconico, per questo ci ostiniamo a non vedere le cose, a creare realtà alternative, a fuggire dalla nostra finitezza. Tuttavia Gospodinov ne tira fuori un capolavoro, personaggi incredibili, dalla trafficante di neonati al compratore di storie alla favola del cannibale vegetariano (che non morì di fame, piuttosto d'amore e di scherno, chiamato dagli altri membri della tribù «mangiafrutta» o «pascolaerba»): non c'è persona o oggetto o azione in cui non si possa identificare l'autore per tirarne fuori una storia, un aneddoto, da dare in pasto al lettore.

Nella fisica della malinconia niente è escluso, neppure le particelle elementari: dalla meccanica quantistica alla biologia è tra i pochi scrittori a studiare la scienza (la maggior parte non sa neppure quanti anni abbiamo come specie) per trasformarla in letteratura. Storie vere, storie false ma verosimili, storie inverosimili ma probabili, e anche storie dei tempi del comunismo, con il suo controllo del sesso (come durante il fascismo, d'altra parte), e «notazioni antropocentriche» come quella secondo cui durante la Seconda guerra mondiale, tra il 1940 e il 1944, nei bombardamenti ai danni dei musei europei sono stati distrutti diciassette scheletri di dinosauri, come uccidere due volte un animale morto da decine di milioni di anni. Tuttavia, sentite qui: «Qualcuno ha mai contato i corpi degli animali uccisi durante la guerra? Milioni di passeri, cornacchie, pettirossi, topi di campagna, volpi straziate, pernici incenerite, ratti, rifugi antiaerei delle talpe distrutti, tartarughe a corazza leggera schiacciate dai carri armati pesantemente corazzati, loro enormi simulacri...». Arrivando anche qui, il nostro Gosponidov, a una riflessione empatica sul dolore, siccome, appunto, «non abbiamo mai tenuto conto di quanto infliggiamo agli animali in tempo di guerra e di bombardamenti. Dove si nascondono, cosa accade nei cervelli «selvaggi» dei nostri «fratelli nel dolore» («fellow brethren in pain»), come li chiama Darwin nei suoi scritti? Un labirinto di parole e di sensi (i sensi con cui percepiamo la realtà, e anche i sensi che può avere qualsiasi esperienza), e un labirinto di labirinti dei minotauri che ognuno porta dentro di sé persi in un labirinto senza senso. Con relativo elenco di cose che somigliano a un labirinto, dal cervello umano (con tanto di foto) alla serpentina dell'intestino tenue e delle interiora in generale alle sfoglie al formaggio alla lingua delle api (qui ne sa qualcosa Vallortigara).

Eppure, invecchiando, l'empatia sparisce, diventa più difficile. «Una volta» scrive il narratore a un certo punto «potevo immedesimarmi in qualsiasi cosa, essere ogni cosa.

Ora, nell'inettitudine dei miei anni maturi, ho voluto raggruppare tutto vicino a me, come piccola ricompensa di ciò che ho perduto. L'invecchiamento di un empatico è un processo strano e doloroso. I corridoi verso gli altri e le loro storie, un tempo aperti, oggi risultano murati. Un soggiorno coatto nella casa del proprio corpo».

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