
Come ha anticipato il Giornale il paese natale di Antonio Bellocco – ammazzato un anno fa dall’amico ultrà interista Andrea Beretta con almeno 11 coltellate fatali davanti a una palestra a Cernusco sul Naviglio in provincia di Milano – ha commemorato il rampollo del potente e sanguinario casato di ‘ndrangheta. Come testimoniano le immagini esclusive di Klaus Davi, presente alla commemorazione, almeno 100 ragazze e ragazzi (dei quali un terzo minorenni) di San Ferdinando nella piana di Gioa Tauro, vestiti con una t-shirt nera personalizzata con sopra impressa la foto di Antonio Bellocco, ieri sera hanno lanciato altrettanti palloncini in cielo a loro volta decorati con la foto del ragazzo, poi alcuni di loro hanno composto la scritta "Toto vive" con otto palloncini a forma di lettere.
Poco prima alla cerimonia in suffragio del ragazzo celebrata dal parroco don Domenico Rizzi erano presenti almeno 200 persone, tra cui i parenti più stretti del ragazzo. Secondo la testimonianza del massmediologo esperto di ‘ndrangheta, la presenza di forze dell'ordine all'evento era massiccia anche se non si è registrato alcun episodio di tensione per tutta la funzione.
"L'antimafia è percepita come troppo politicizzata, non sa più parlare ai giovani e la situazione le sta sfuggendo completamente di mano. Meno politica e più lotta vera alla mafia. Questo ci dicono le immagini di San Ferdinando", dice Davi al Giornale. L’assassino di Bellocco è stato condannato a 10 anni nonostante sia reo confesso anche dell’omicidio del suo predecessore alla guida della curva interista Vittorio Boiocchi, ammazzato nel 2022. Tanto che il legale della vedova, l’ex pm antimafia siciliano Antonio Ingroia, commenta al Corriere della Calabria il suo disappunto: «Ho fatto il pubblico ministero antimafia per circa 25 anni e conosco bene le tematiche e le problematiche legate all’incentivazione della collaborazione con la con la giustizia, anche dei criminali peggiori, però mi pare che in questo caso ci sia stato davvero un eccesso di indulgenza da parte della magistratura milanese». Non è la prima critica al pm Paolo Storari, che ha avuto il coraggio di riaprire i riflettori della Procura sulle curve, risolvendo anche il caso del tentato omicidio dell’ex ultrà milanista Enzo Anghinelli (su cui potrebbe indagare Brescia).

E siamo al cortocircuito finale: mettere magistrati antimafia gli uni contro gli altri significa regalare ai boss praterie di consensi, come drammaticamente dimostrano le immagini catturate da Klaus Davi. La politica, in campagna elettorale, se ne tiene ingiustamente alla larga.
E così si regala alle mafie il controllo di certi pezzi di territorio, da San Ferdinando a San Luca, dove la processione è saltata dopo 400 anni per un pasticcio burocratico, mentre la sinistra insegue fantasmi a buon mercato come le vittime di Hamas più che di Israele e il Reddito di dignità,un meccanismo che in passato, come dimostrano le inchieste e come sostiene il procuratore Nicola Gratteri, ha ingrassato più i boss dei poveracci. Povera Calabria.