Francia in rivolta e nuove alleanze. La grande crisi di Macron

Paralizzato dalle proteste e dall'incapacità di modificare il proprio modo di governare, il presidente francese sconta anche la difficoltà di confermare la propria leadership sul piano internazionale

Francia in rivolta e nuove alleanze. La grande crisi di Macron

Per il presidente francese Emmanuel Macron, quello che sta vivendo non è certo un periodo semplice né è il primo da quando è arrivato dall'Eliseo. A parte il breve idillio iniziale, in larga parte anche dovuto a una forte carica mediatica, si è presto rivelato un fuoco di paglia, scandito da continue proteste, difficoltà a farsi capire dall'opinione pubblica, sconfitte elettorali sia a livello locale che nazionale. La rielezione del 2022, a un certo punto considerata così ardua da far credere che Macron non si sarebbe neppure ricandidato, non ha poi segnato la svolta agognata dal suo entourage. E la riforma delle pensioni, fortemente voluta dal presidente ma odiata da una larga parte della popolazione, ne è stata una dimostrazione talmente chiara da dovere addirittura cancellare di corsa la visita di Re Carlo d'Inghilterra a Parigi. Troppi i rischi per la sicurezza, troppa la difficoltà interna, ma di base anche un evidente problema di immagine: l'incontro con un monarca, nella capitale francese assediata dalle proteste di sindacati, partiti radicali e dalle violenze dei casseurs, avrebbe rischiato di trasformarsi in una nuove pericolosa miccia sociale.

Le rivolte travolgono Macron

La Francia si interroga su questo leader che ha iniziato con il massimo dei favori dell'establishment ma anche di una buona fetta di popolazione, e che adesso, dopo anni, si trova continuamente sotto la scure delle rivolte. Il capo dell'Eliseo appare incapace di svoltare, fiaccato tanto a sinistra quanto a destra, spesso tramortito da un crollo di leadership che si ripercuote sia a livello interno che esterno.

A La Stampa, il politologo francese Gérard Grunberg ha sottolineato come Macron non abbia ancora capito "che oggi non può governare come faceva De Gaulle". Ma in tutto questo, pesa anche il crollo del sistema politico francese, specialmente dei partiti. "Oggi non c'è un partito di governo, non c'è un partito di opposizione, viviamo in una specie di anomia in cui nessuno sa canalizzare il movimento. A sinistra come a destra i populisti sono i più forti, e soprattutto a sinistra incoraggiano l'azione diretta delle piazze, disconoscendo la legittimità del governo e addirittura della Costituzione" spiega il politologo.

Il nuovo populismo e il crollo dei partiti

Un cortocircuito in cui le opposizioni fomentano la piazza mentre il presidente non appare un capo politico all'interno di un sistema parlamentare, ma viene individuato quasi come un monarca, sul modello più rivoluzionario che democratico. Come dimostrano, del resto, le proteste sulla riforma delle pensioni, ultimo atto di una lunga fase di rivolte che ha avuto il suo primo exploit con i gilet gialli. L'esplosione del nuovo populismo francese pone quindi dei dubbi non solo sulla leadership del capo dell'Eliseo, ma sulla tenuta del sistema politico francese.

Le difficoltà internazionali di Macron

La paralisi interna si ripercuote anche sul piano internazionale, al punto che Macron, da sempre foriero di una visione gollista della politica estera, si ritrova a dover gestire una Francia bloccata e un'Europa che sta lentamente scivolando via dalle mani dell'Eliseo. Il capo dello Stato francese ha sempre perorato un'Ue a trazione francese, quantomeno sulla difesa e sull'autonomia strategica, e invece fa i conti con un rinnovato spirito atlantico. L'asse franco-tedesco blindato con Angela Merkel ad Aquisgrana, con il cancelliere Olaf Scholz fatica a decollare, accentuando le divergenze tra Berlino e Parigi. La sua transizione ecologica non trova il sostegno di molti Paesi europei.

A caccia di nuove strategie

Sul fronte nordafricano e del Sahel, i fallimenti della gestione transalpina sono palesati al punto che lo stesso Macron ha dovuto ammettere la bontà del piano del governo italiano sostenendo pubblicamente la linea di Giorgia Meloni sulla Tunisia. La certificazione del rinnovato interesse a trattare con Roma invece di isolarla è arrivata da Gilles Kepel, inviato speciale di Macron per il Medio Oriente e il Mediterraneo, che a Qn ha confermato che "Italia, Francia e anche Spagna possono e devono agire il più rapidamente possibile" perché "la stabilizzazione del Nordafrica e del Mediterraneo è un'esigenza indispensabile per tutti i Paesi dell'area". Con la postilla del rovesciamento degli equilibri nelle aree dove erano presenti i soldati francesi e ora sventolano i vessilli russi dei mercenari Wagner.

Infine, i suoi continui tentativi di dialogo con Vladimir Putin sono risultati fallimentari mentre gli Usa hanno indirizzato la politica strategica di tutta l'Alleanza Atlantica nel sostegno all'Ucraina. E ora prova a tentare l'ultima carta volando da Xi Jinping insieme a Ursula von der Leyen, certificando in ogni caso il fatto che non è a Parigi che si decide il destino del conflitto.

Un momento di grande instabilità interna ed esterna dell'azione francese che pone però degli interrogativi anche in chiave europea, dal momento che è sempre più evidente la debolezza di alcuni sistemi e delle potenze tradizionali del blocco continentale.

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