Guerra in Israele

Israele, la missione impossibile delle forze speciali che dovranno salvare gli ostaggi

Il governo d'emergenza israeliano dovrà decidere molto presto quando mandare in missione gli uomini del Sayeret Matkal, l'unità d'elite incaricata di recuperare gli oltre 200 ostaggi in mano ad Hamas

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La guerra di Israele contro Hamas entra in queste ore nella fase più difficile. Le ricostruzioni dei media indicano come il governo israeliano abbia dato l’ordine all’esercito di entrare nella Striscia di Gaza solo dopo aver realizzato che le trattative per il rilascio degli oltre 220 ostaggi in mano ai militanti islamisti avevano raggiunto una fase di stallo. Mentre soldati e carri armati avanzano nell’enclave palestinese dopo una campagna di bombardamenti shock and awe, gli uomini appartenenti al Sayeret Matkal, l’unità d’elite per le operazioni speciali, si preparano per una missione senza precedenti: riportare a casa i connazionali, molti con doppio passaporto, prigionieri di Hamas nella metro di Gaza.

Tra le 1.400 vittime dell’attacco del 7 ottobre ci sarebbero oltre 300 militari dello Stato ebraico, di cui almeno nove membri del General Staff Reconnaissance Unit, la traduzione del nome ufficiale dei corpi scelti delle forze armate. Sayeret Matkal, fondata nel 1957 ispirandosi allo Special Air Service (Sas) britannico e con lo scopo di condurre operazioni dietro le linee nemiche, dipendeva inizialmente dall’Israel Defence Forces ed è poi passata sotto il comando dei servizi di intelligence.

Se c’è un uomo che conosce bene come opera l’unità d’elite per eccellenza quello è Benjamin Netanyahu. Il premier e due suoi fratelli ne hanno fatto parte portando a termine delicate missioni di salvataggio degli ostaggi. Nel 1972 a seguito del dirottamento su Tel Aviv del volo Sabena 571 da parte di quattro terroristi del gruppo Settembre Nero, Bibi, appena ventiduenne, partecipò all’”Operazione Isotopo” sotto il comando di un altro futuro premier, Ehud Barak. La richiesta dei militanti palestinesi era la liberazione di 600 prigionieri detenuti nelle carceri israeliane. La missione si concluse con il salvataggio dei circa 100 passeggeri - solo uno di loro morirà in seguito per le ferite riportate – e la neutralizzazione dei fedayn.

Ancora più celebri sono l’operazione che portò nel 1973 all’uccisione dei perpetratori della strage degli atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco e quella che si svolse nel 1976 ad Entebbe, in Uganda, dopo che elementi del Fronte popolare per la liberazione della Palestina trattennero decine di ostaggi del volo Air France 139. Nella rocambolesca missione di salvataggio, persero la vita quattro ostaggi e un membro delle unità speciali: Yonathan Netanyahu, il fratello dell’attuale premier. “Quando Yoni morì il nostro mondo andò in frantumi”, queste le parole con le quali Bibi lo ha ricordato in occasione del quarantesimo anniversario dei fatti di Entebbe.

Netanyahu ha una grande familiarità con ciò che questa unità può fare o non può fare. È stato primo ministro per 15 anni, ha approvato molte di queste operazioni e conosce senza dubbio le regole del gioco” dichiara alla rivista Newsweek Doron Avital, un ex comandante del Sayeret Matkal, il quale però sostiene che la sfida odierna impallidisce di fronte a qualsiasi precedente.

Benny Gantz, il leader dell’opposizione e membro del governo di emergenza, Gadi Eisenkot, ex capo dello Stato mggiore, Yoav Gallant, ministro della Difesa, Tzachi Hanegbi, consigliere per la Sicurezza nazionale, Ron Dermer, ministro per gli Affari strategici, e Avi Gil, il Segretario militare. Questi sono gli uomini che insieme al premier dovranno decidere se inviare gli agenti speciali nella Striscia. Yaakov Amidror, ex consigliere per la Sicurezza nazionale, sottolinea come sia positivo che Netanyahu abbia una certa esperienza nel campo del recupero degli ostaggi ma “il livello politico sarà coinvolto solo in termini generali. Alla fine è una missione per i militari”.

È difficile immaginare il lieto fine per l’operazione di salvataggio che il gabinetto di guerra dovrà autorizzare. Per gli analisti qualsiasi azione avrà luogo a Gaza comporterà un numero inevitabile di perdite e secondo quanto riportato da Hamas in realtà decine di ostaggi sarebbero già morti a causa dei bombardamenti delle forze di Tsahal.

Un ex comandante della delta force israeliana prova a definire un esito soddisfacente per l’attuale crisi affermando che “se porteremo fuori la metà dei prigionieri potremo dire di aver avuto successo”.

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