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Ingerenze straniere, agenzie di rating e spread: un brutto film già visto

Le ingerenze delle cancellerie europee, il pressing della Bce e i report delle agenzie di rating. È un brutto ritorno al passato

Ingerenze straniere, agenzie di rating e spread: un brutto film già visto

Ieri sera non era ancora concluso lo spoglio del voto che, dal quartier generale della Banca centrale europea, già arrivava l'altolà al nuovo governo. "Rispettate le regole Ue", questo il succo del monito del governatore Christine Lagarde. Un avvertimento che, richiamando il durissimo monito della presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen, ha riacceso la miccia allo spread che, nel giro di poche ore, arrivava a toccare i massimi da due anni a questa parte. E, mentre il differenziale tra Btp e Bund continua a correre ancora oggi, le agenzie di rating scaldano i motori, pronte a gettarsi contro il sistema Italia. È un brutto film quello che ci scorre davanti agli occhi. Un film che abbiamo già visto 11 anni fa. Allora si erano mossi tutti quanti per far cadere il governo Berlusconi e porre le basi per una decade di esecutivi non scelti dagli elettori. Oggi gli stessi attori sembrano muoversi in anticipo per intralciare il nascente esecutivo di centrodestra.

Per ora si tratta di solo segnali, ma è bene prenderli seriamente. Tutte le cancellerie europee hanno gli occhi puntati sull'Italia. È normale. I dossier aperti, su cui il futuro governo potrà e dovrà dire la sua, sono numerosi e tutti molto importanti. Epperò sono troppi gli esecutivi stranieri che non si limitano a guardare ma esternano. Come il primo ministro francese Elisabeth Borne che ieri ha detto che vigilerà sull'Italia e sul rispetto dei diritti umani. Un'ingerenza violentissima dallo stesso tono delle parole pronunciate giorni fa dalla Von der Leyen (e poi parzialmente ritrattate) all'università di Princeton ("Se le cose vanno in una situazione difficile, abbiamo gli strumenti per correggerle") e ieri dalla Lagarde ("Va rispettato il quadro di bilancio, vanno rispettate le regole europee"). Il punto, spiega oggi El Pais nell'editoriale intitolato La minaccia italiana, è che la svolta a destra alle elezioni "minaccia di scuotere gli equilibri di potere nell'Ue". "Bruxelles in pubblico si mantiene cauta - scrive il quotidiano spagnolo - ma fonti comunitarie temono che la Meloni causi frizioni in un momento critico a causa della guerra e della crisi energetica".

Si tratta di ingerenze preventive. Il governo non ha ancora giurato, non si conosce la rosa dei ministri. Il capo dello Stato non ha nemmeno avviato il giro di consultazioni. Eppure le manovre sono già in corso. A dire la verità la stampa estera aveva iniziato ad aprire il fuoco già qualche settimana fa. In Germania persino il numero uno della Spd, Lars Klinhgbeil, era sceso in campo per dar man forte a Letta. Era tutto un allarme fascismo. Oggi è tutto un allarme conti pubblici. In attesa di capire come si muoverà il nuovo governo su questo dossier, il differenziale tra i nostri titoli di Stato e quelli tedeschi è tornato a correre: in mattinata i rendimenti dei decennali sono saliti di sei punti segnando la performance peggiore in Europa. E non è certo andata meglio coi Btp in scadenza a due anni e cinque anni.

In questo attacco incrociato anche le agenzie di rating hanno già mosso i primi passi. "Il nuovo governo assume il potere in un momento difficile per l'economia", si legge nel bulletin in cui Standard & Poor's non solo detta il timing del messa a punto della legge di bilancio per il 2023 ma mette pure il veto sulla revisione degli obiettivi del Pnrr. Stesso avvertimento, quest'ultimo sul Pnrr, lanciato dal commissario europeo all'Economia, Paolo Gentiloni. Venerdì sarà poi la volta di Moody's che potrebbe arrivare a tagliare a "spazzatura" il rating del nostro debito sovrano. Se a queste pressioni aggiungiamo lo spread in rialzo dopo le parole della Lagarde, il cerchio è chiuso.

Esattamente come 11 anni fa.

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