Guerra in Israele

"La morte del vice di Hamas? È la prima vittoria di Israele"

Marco Mancini, re degli 007 italiani, analizza l'azione che ha portato all'uccisione di Arouri: "Sconquassato il nemico"

"La morte del vice di Hamas? È la prima vittoria di Israele"

Ascolta ora: ""La morte del vice di Hamas? È la prima vittoria di Israele""

"La morte del vice di Hamas? È la prima vittoria di Israele"

00:00 / 00:00
100 %

«Questa è stata la prima vera vittoria di Israele dopo il 7 ottobre. Ci tengo a farglielo sapere perché so che lei è ebreo di mente e di cuore. Tre missili partiti da un drone hanno fatto esplodere pochi minuti fa a Beirut una delle tre teste che guidano Hamas, Saleh al-Arouri, l'uomo più vicino all'Iran. Non faranno niente gli ayatollah, hanno paura, continueranno a mandare avanti i loro vassalli in Yemen e Palestina, ma non entreranno direttamente nel conflitto». Chi mi chiama e mi racconta quel che tra poche righe riferirò, è Marco Mancini, definito dagli esperti del ramo il principe degli 007 italiani. L'ho conosciuto leggendo il suo splendido libro Le regole del gioco (Rizzoli), che ho poi presentato, insieme all'autore, con il nostro Stefano Zurlo. Ho imparato, in successive conversazioni con lui, due cose tra le altre: che è una persona «perbene», nell'accezione forte data a questa parola da Oriana Fallaci, e che sa cosa accade, di ora in ora, dove il mondo sta decidendo se schiantarsi o darsi una regolata. E non riesco a capacitarmi sia stato collocato in pensione: è troppo bravo e troppo giovane, 63 anni, per riposare. Ecco il suo racconto che trascrivo, sperando di non ingarbugliarmi tra le h e le y, ma sicuro di raccogliere una testimonianza inedita.

«Sabato scorso Arouri si è mosso dal suo rifugio nel quartiere Al Dahiya Al Janubia, nella zona sud di Beirut in mano a Hezbollah, il partito - milizia sciita legato agli iraniani. Da lì è stato pedinato fino in Egitto dal Mossad, dove Arouri si è incontrato con i delegati dei servizi egiziani e della Cia per trattare la riconsegna degli ostaggi. Il Mossad è stato tentato di procedere alla esecuzione di questo leader terrorista in Egitto, ma questo avrebbe potuto avere contraccolpi negativi. Hanno allora seguito Arouri, hanno atteso si incontrasse con altri capi e a questo punto hanno dato le coordinate precise alla centrale operativa e a questo punto l'operazione è stata conclusa».

Mancini mi ricorda di aver segnalato due mesi fa in alcune trasmissioni televisive l'importanza di questo personaggio palestinese e persino la zona da cui operava. Un peccato che gli organi italiani non abbiano fatte proprie queste informazioni per poter giocare un ruolo tra le potenze occidentali nel determinare gli eventi in cui siamo inevitabilmente coinvolti. Arouri dirigeva le bordate di razzi e missili scagliati dal Libano contro Israele. Sono, anzi erano tre, i capi militari di Hamas. Gli unici che avevano precisa notizia di data e modalità dell'operazione del 7 ottobre. Arouri, il mammasantissima liquidato martedì, era l'unico a vivere fuori dai tunnel di Gaza, 800 chilometri di una vera e propria rete stradale di una metropoli sotterranea che si sviluppa fino a 80 metri profondità. In cima alla cupola restano Mohammed Deif, cecato a un occhio, amputato di un arto, ma con capacità organizzative e crudeltà diaboliche, e Yahya Sinwar, che tratta a Gaza con gli altri gruppi jihadisti. «Hamas non ha una gerarchia formale ma funzionale. Tagliare via una delle tre persone della trinità, e per di più uccidendola dove era protetta da Nasrallah, leader di Hezbollah, e dai guardiani della rivoluzione iraniani, è qualcosa che sconquassa il fronte nemico di Israele».

Nel sottosuolo del quartiere dove Arouri aveva l'ufficio colpito dai missili si sviluppa una città, con palazzetti di 5-6 piani, io prendo nota stentando a crederlo, ma ci è acquartierato e si esercita, con tanto di poligono di tiro, una massa di centomila guerriglieri della Guardia della rivoluzione iraniana. Ci sono tunnel percorsi con motociclette e depositi di armi, ospedali, dormitori, è un susseguirsi di caserme, frequentate solo da combattenti, e cui famiglie vivono «sopra» questo formicaio guerresco. Il Mossad lo sa e vigila. Israele no. Attacca direttamente perché questo equivarrebbe all'estensione imprevedibile del conflitto. Alla guerra totale.

Altre notizie segnala Mancini riguardanti la Striscia di Gaza: «Alcune decine di ostaggi, quelli con maggior peso militare, adesso sono state trasferite nella zona dei tunnel oltre i confini con l'Egitto, sotto Rafah. Informazioni che i satelliti non danno, ma Israele - come dimostra l'azione a Beirut - si è rimessa a fare spionaggio e controspionaggio usando il fattore umano, che in gergo si chiama humint, e che era stata abbandonata con esiti tragici. Proprio quella che per anni è stata la specialità della nostra intelligence». Chiedo a Mancini se l'Egitto è complice. Risponde: «Certo i beduini del Sinai, sotto lo sguardo benevolo dei servizi egiziani, hanno istruito i palestinesi di Hamas nell'uso dei deltaplani e a esercitarsi nello sparare standoci appesi. L'Egitto sta dunque con Hamas? Aiuta nella trattativa. Sta in mezzo. Tanti da quelle parti stanno a metà». Il sottoscritto sta - come tutti i lettori del Giornale - con Israele.

(Mentre mi domando se e perché un fuoriclasse come Mancini debba restare a casa).

Commenti