
Un sentiero stretto e cosparso di trappole, quello della pace in Medio Oriente. Uno shanghai in cui ogni piccolo errore può far perdere la partita. Il primo e più attuale motivo di scontro potenziale riguarda la restituzione degli ostaggi morti. "Non scenderemo a compromessi su questo e non risparmieremo gli sforzi finché non tornerà l'ultimo dei nostri ostaggi caduti", ringhia Netanyahu.
Ieri c'è stata qualche ora di tensione quando si è scoperto che uno dei quattro corpi riconsegnati nella notte tra martedì e ieri da Hamas non appartiene a uno degli ostaggi deceduti rimasti per due anni nelle mani dei palestinesi. L'Istituto Nazionale di Medicina Legale di Tel Aviv ha identificato tre dei quattro corpi come Uriel Baruch (35 anni), Tamir Nimrodi (19) ed Eitan Levy (53). E ha escluso che uno dei quattro cadaveri appartenga a un ostaggio. Per fortuna gli stessi israeliani hanno parlato di un errore in buona fede da parte di Hamas, anche perché il corpo, inizialmente attribuito dagli israeliani a un gazawi trovato sotto le macerie, si sarebbe rivelato invece quello di un soldato israeliano morto in uno scontro nel campo profughi di Jabaliya, nel maggio del 2024. Hamas ha ieri annunciato il rilascio di altri cinque ostaggi imminente, forse già avvenuto mentre leggete questo articolo. In questo caso i corpi riconsegnati sarebbero 12 e quelli da riconsegnare 16. Con buona pace di Netanyahu Hamas sostiene di aver bisogno di tempo per raggiungere tutti i corpi, che si trovano sotto le macerie degli edifici e dei tunnel bombardati dall'Idf o in aree sotto il controllo israeliano. "Quello che resta dei corpi degli ostaggi non restituiti richiede grandi sforzi e attrezzature speciali per essere recuperato, e stiamo facendo grandi sforzi per risolvere la questione", hanno fatto sapere i miliziani, che sembrano chiedere aiuto agli altri Paesi.
Intanto emergono nuovi dettagli sulle condizioni in cui sono stati tenuti gli ostaggi. Rom Breslavsky secondo la madre Tami sarebbe stato "tenuto prigioniero dalla Jihad islamica in un luogo dove erano sepolti i corpi degli ostaggi uccisi", e i rapitori "gli hanno detto che lo avrebbero ricompensato con del cibo se si fosse convertito all'Islam". Ma anche un palestinese detenuto nelle carceri israeliane rilasciato qualche giorno fa, Akram al Basyouni, 45 anni, ha raccontato di aver subito torture sistematiche, umiliazioni e di aver visto alcuni compagni di prigionia picchiati fino alla morte.
Altro fronte caldo quello relativo agli aiuti umanitari di cui la devastata Striscia di Gaza ha un maledetto bisogno. Oggi dovrebbe riaprire al transito il valico di Rafah, porta d'ingresso fondamentale che collega l'Egitto alla Striscia di Gaza. L'operazione sarà supervisionata dall'European Union Border Assistance Mission (Eubam), una missione dell'Ue avviata nel 2005, sospesa nel 2007 dopo l'insediamento di Hamas nella Striscia e riattivata nel febbraio 2025, dopo il secondo cessate il fuoco.
Intanto la vita a Gaza scorre tra distruzione, speranza e un presente molto incerto, anche a causa della presenza di moltissimi ordigni inesplosi nella Striscia, un rischio che l'ong Handicap International, specializzata nella rimozione di mine, ha definito "enorme". Da parte sua Hamas ha intimato agli abitanti di Gaza di consegnare alle proprie forze di sicurezza i presunti collaborazionisti o mercenari che lavorerebbero per Israele, avvertendo che chi non lo farà sarà colpito dalla "mano severa della giustizia".
Mano già molto pesante viste le tante esecuzioni sommarie di civili palestinesi che stanno proseguendo a ritmo serrato, e che sono condannate dagli Stati Uniti ma anche dall'Anp, che parla apertamente di "crimini atroci".