
I punti chiave
Nel capitolo previdenziale della prossima legge di Bilancio, il governo sceglie la via della continuità. Nessuna rivoluzione, ma la conferma di tre strumenti che negli ultimi anni hanno rappresentato le principali vie d’uscita anticipata dal mondo del lavoro: Quota 103, l’Ape Sociale e Opzione Donna. Tre misure diverse per struttura e finalità, accomunate dall’obiettivo di offrire maggiore flessibilità a chi, per età o condizioni personali, non può o non vuole attendere la pensione di vecchiaia. Soluzioni temporanee, nate come risposte a esigenze specifiche, che continuano a svolgere il ruolo di cuscinetto in un sistema pensionistico ancora in cerca di una riforma organica e duratura.
Quota 103
Introdotta negli ultimi anni come compromesso tra esigenze di sostenibilità e richieste di maggiore libertà nel lasciare il lavoro, Quota 103 resta la formula più conosciuta per l’uscita anticipata. Per accedervi servono almeno 62 anni di età e 41 anni di contributi. Chi matura i requisiti dopo il 1° gennaio 2024 deve però attendere una finestra mobile: sette mesi per i lavoratori del settore privato e nove per quelli pubblici. In sostanza, anche chi raggiunge la “quota” non potrà smettere di lavorare subito, ma dovrà aspettare lo scorrere del periodo di differimento previsto.
Ape Sociale
Più che una vera pensione, l’Ape Sociale è un sostegno temporaneo finanziato dallo Stato e gestito dall’Inps. Si rivolge a lavoratori in condizioni di disagio – disoccupati di lungo corso, caregiver, invalidi civili o addetti ad attività gravose – permettendo loro di lasciare il lavoro a 63 anni e 5 mesi (requisito 2024) con almeno 30 anni di contributi. Per chi ha svolto mansioni usuranti, la soglia si alza a 36 anni. L’indennità accompagna fino al raggiungimento dell’età per la pensione di vecchiaia e, per le donne, è prevista una riduzione contributiva fino a due anni in base al numero dei figli.
Opzione Donna
Anche il meccanismo di Opzione Donna, riservato alle lavoratrici, dovrebbe essere confermato. Resta una misura selettiva, con requisiti rigidi: almeno 35 anni di contributi effettivi e 61 anni d’età al momento della domanda.
Tuttavia, le madri possono beneficiare di uno sconto di un anno per figlio, fino a un massimo di due, potendo così accedere a 60 o 59 anni. Un vantaggio che, negli ultimi anni, ha permesso a molte donne di uscire dal mondo del lavoro prima dei tempi ordinari, pur accettando un assegno ridotto per effetto del calcolo interamente contributivo.