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Depressione, come impatta la carenza di vitamina D

Stanchezza, sbalzi d'umore, disturbi del sonno. E se fosse colpa della carenza di vitamina D?

Depressione, come impatta la carenza di vitamina D

Quando si parla di vitamina D si crede, erroneamente, che il suo ruolo sia solo quello di preservare la salute delle ossa. In realtà, negli ultimi anni, varie ricerche scientifiche hanno evidenziato una stretta relazione tra la sua carenza e la depressione, una patologia psichiatrica sempre più diffusa a livello mondiale. In questo articolo approfondiremo questo rapporto e capiremo cosa fare per prevenire la carenza vitaminica.

Depressione: numeri e tipologie

Dati alla mano, la depressione colpisce globalmente circa 280 milioni di individui, con un immenso carico cognitivo, sociale ed economico. L'Organizzazione Mondiale della Sanità prevede che entro il 2030 essa diventerà la prima fonte di preoccupazione di salute pubblica. Esistono diverse tipologie:

  • Disturbo depressivo maggiore: si tratta della forma più grave. I sintomi sono invalidanti e interferiscono con la vita quotidiana
  • Disturbo bipolare: è caratterizzato dall'alternanza di stati depressivi e stati maniacali
  • Disturbo depressivo post partum: quasi sempre esordisce tra la sesta e la dodicesima settimana dopo la nascita
  • Disturbo distimico: la sintomatologia è simile a quella della depressione maggiore, ma meno intensa.

Carenza di vitamina D: un problema di salute pubblica da non sottovalutare

I numeri riguardanti la carenza di vitamina D sono allarmanti. Secondo le stime ufficiali, a livello mondiale ne sono interessate circa un miliardo di persone. In Europa, come ha rivelato il progetto ODIN, il 13% della popolazione soffre di una carenza grave che peggiora durante i mesi invernali. In Italia la situazione è critica. Infatti la problematica è comune al 70-80% degli anziani.

Categorie a rischio

Sebbene la carenza di vitamina D possa colpire chiunque, è bene sapere che esistono categorie a rischio per le quali la probabilità di soffrirne è nettamente superiore. Tra queste, al primo posto, figurano gli anziani. Infatti, con il passare dell'età, la capacità di sintesi vitaminica da parte della pelle diminuisce e a 70 anni si riduce della metà.

Nei soggetti con pelle scura, l'elevato contenuto epidermico di melanina, fa diminuire l'assorbimento della vitamina D. Quest'ultimo è ridotto anche nelle donne in gravidanza, nelle madri che allattano, nei bambini e negli adolescenti. Durante la crescita il fabbisogno è elevato e non sempre viene soddisfatto.

Sono a rischio anche tutti quegli individui che per varie ragioni si espongono poco al sole: chi lavora a turni o in ambienti chiusi, chi indossa abiti coprenti per motivi culturali o religiosi. Attenzione, infine, ai fumatori, agli obesi e a coloro che sono affetti da celiachia, malattie epatiche e renali.

La relazione tra la vitamina D e il cervello

Conosciuta come "vitamina del sole", la vitamina D viene appunto sintetizzata attraverso la pelle quando questa è esposta alla luce dei raggi ultravioletti. Seppur in minima parte, l'organismo la assorbe anche con l'alimentazione.

Essa non solo gioca un compito fondamentale nella regolazione dei livelli di calcio e di fosforo, supportando così la salute ossea, ma contribuisce altresì al buon funzionamento del sistema immunitario, alla regolazione della crescita cellulare e al mantenimento del benessere muscolare.

Però, oltre ad essere una vitamina liposolubile, la vitamina D è anche un ormone e come tale contribuisce alla sintesi e al metabolismo dei neurotrasmettitori cerebrali, come serotonina e dopamina. Da tempo si è poi compreso che essa esercita effetti importanti anche a livello del sistema nervoso centrale, grazie alla presenza dei suoi recettori dislocati in varie aree cerebrali.

Tali recettori sono concentrati soprattutto in regioni coinvolte nella regolazione dell'umore e delle funzioni cognitive (ad esempio l'ippocampo). Ecco, dunque, spiegato il ruolo della vitamina D nei meccanismi di base di disturbi quali depressione, psicosi e deterioramento cognitivo.

Depressione e carenza di vitamina D: lo studio che dimostra la relazione

La relazione tra la depressione è la carenza di vitamina D è stata ampiamente dimostrata da uno studio, il Third National Health and Nutrition Examination Survey. Dall'analisi è emerso che gli individui con livelli di vitamina D inferiori o uguali a 50 nmol/L hanno un rischio di sviluppare episodi depressivi di 1,85 volte più alto rispetto a coloro che hanno livelli sufficienti (maggiori di 75 nmol/L).

Fabbisogno di vitamina D e domande frequenti

Il fabbisogno giornaliero di vitamina D varia in base all'età e alle condizioni di salute. I lattanti (0-12 mesi) necessitano di 10 microgrammi (400 UI). I bambini e i ragazzi (1-18 anni), gli adulti (18-74 anni), le donne in gravidanza e allattamento di 15 microgrammi (600 UI). Gli over 75, infine, hanno bisogno di 20 microgrammi (800 UI) al dì.

In quali alimenti si trova la vitamina D?

Il 90% della vitamina D viene prodotta in seguito all'esposizione al sole. Solo una piccola parte, il 10%, è introdotta con la dieta. Essa è particolarmente presente in alcuni alimenti. Per la precisione:

  • Olio di fegato di merluzzo
  • Salmone
  • Sardine
  • Funghi
  • Tuorlo d'uovo
  • Fegato di bovino, suino, ovino, pollo.

Quali sono i sintomi psicologici della carenza di vitamina D?

La seguente sintomatologia è espressione dell'associazione tra depressione e carenza di vitamina D. Chi ne soffre può accusare in maniera più o meno intensa:

  • Affaticamento e stanchezza cronica
  • Cambiamenti d'umore
  • Difficoltà di concentrazione
  • Problemi di memoria
  • Aumento della sensibilità al dolore
  • Perdita di interesse per attività ritenute piacevoli
  • Perdita o aumento dell'appetito
  • Sensazione di nebbia mentale
  • Disturbi del sonno
  • Pensieri suicidi
  • Ritiro sociale
  • Ansia.

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